Presadiretta si è occupata della rivoluzione elettrica nel settore delle auto: al centro di questa rivoluzione ci sono le batterie elettriche, la cui produzione consuma risorse in modo non sostenibile. Come facciamo a rendere sostenibile questa transizione ecologica per un mondo più pulito?
LA rivoluzione elettrica delle auto in Europa ha i tempi dettati dalle normative dell'Unione: dal 2035 non potranno più vendersi macchine a benzina o diesel e tutte le case automobilistiche si stanno adattando come testimoniano i tanti modelli elettrici presentati a Milano al Mimo.
Dove marche come la Renault ha presentato il suo SUV, il loro obiettivo è essere la marca più green d'Europa.
Per contenere l'aumento della temperatura del pianeta si è deciso di ridurre le emissioni di co2: poiché in Europa i trasporti sono responsabili del 30% della co2 emessa (di cui il 72% riguarda il trasporto stradale) i regolamenti europei sono diventati stringenti con multe per le case automobilistiche che non rispettano il limite di 95 grammi/km di emissioni medie sull'intera flotta prodotta. Tutti le case europee dovranno abbassare le emissioni per evitare l'innalzamento della temperatura del pianeta oltre 1,4 gradi e i conseguenti cambiamenti climatici.
Anche le auto sportive, come quelle prodotte dalla Lamborghini dovranno essere ibridizzate, “sarà l'investimento più grande che abbiamo mai avuto” ammette il CEO del marchio.
Anche Porsche investirà 15 miliardi di euro entro il 2023 per elettrificare tutta la propria gamma, perché l'elettrico è l'unica soluzione disponibile in tempi brevi per essere in linea con le soglie di emissioni.
Al crescere delle auto elettriche crescerà anche la domanda delle batterie elettriche: attorno alla catena del valore di queste batterie si giocheranno le sorti di questa rivoluzione industriale.
Ma ad oggi auto elettriche non significa “carbon neutrality”: lo spiega il professor Orecchini dell'università G. Marconi di Roma, perché dipende da come si producono le batterie, da dove produco l'intera automobile, dipende da come io ricarico le sue batterie e infine da come dismetterò a fine vita, sia le batterie che il resto della vettura.
E c'è anche il problema di come si estraggono le materie che servono per costruire una batteria: si parla dell'estrazione di litio dalle miniere, dall'energia e dai combustibili per l'estrazione.
Un altro minerale è il cobalto: ci sono rapporti internazionali che dicono che la sua estrazione non è stata fatta né in modo ecocompatibile né col rispetto dei diritti delle persone: il 70% del cobalto estratto per le batterie di auto o degli smartphone, si estrae nel sud della Repubblica Democratica del Congo in condizioni poco rispettose dei diritti delle persone che lavorano in quelle miniere.
La catena del valore delle auto elettriche è stata analizzata da Joseph Wilde, ricercatore e analista di questo settore da anni: lo scorso dicembre è uscito uno studio del centro studi presso cui lavora, “The battery paradox” il paradosso delle batterie. Da un lato le batterie costituiscono la chiave del nostro futuro sostenibile, perché immagazzinano l'energia che ti serve senza produrre co2, dall'altro lato la loro produzione può avere effetti devastanti per l'ambiente e per la popolazione del mondo.
Le fasi più inquinanti in questa catena del valore sono quelle legate all'estrazione delle materie prime: per l'estrazione delle terre rare in Cina si usano per esempio molti prodotti chimici, con un grande impatto ambientale.
Anche la fase della lavorazione delle materie prime critiche è molto impattante: nelle fabbriche sono usate sostanze chimiche che possono avere effetti pericolosi sulle persone e anche sull'ambiente se trattate senza le dovute precauzioni.
E' possibile dire che se consideriamo tutto il ciclo di produzione di una macchina elettrica dalla produzione alla messa in strada, questa inquini più di una macchina diesel?
Se costruiamo una macchina elettrica in modo scorretto questo può essere vero – è la risposta del ricercatore - se produciamo le batterie e gli altri componenti in modo non sostenibile, anche un'auto elettrica è inquinante. Però un veicolo elettrico può e deve essere meno inquinante di uno diesel, ora che siamo all'inizio di questa rivoluzione energetica dobbiamo stare attenti a non replicare gli errori del passato.
Non replicare gli errori del passato.
Quali sono le materie prima per le batterie, dove si trovano e come vengono estratte?
Sono 30 le materie prime con cui si costruiscono pannelli solari, batterie elettriche e fibre elettriche: l'Europa le chiama materie critiche, la loro mancanza o scarsità blocca le aziende che si occupano di fotovoltaico o della produzione di auto.
Come alla Fimer, dove le linee di produzione si sono bloccate recentemente perché dall'Asia non arrivavano pezzi come i semiconduttori, condensatori o batterie usati nei loro componenti.
LA forte domanda di batterie nel settore auto sta causando ritardi nelle consegne alle aziende del fotovoltaico anche perché mancano importanti produttori di batterie in Europa e così siamo dipendenti da altri paesi per la rivoluzione elettrica, in particolare per il litio e il cobalto.
Il 70% del cobalto estratto per le batterie di auto o degli smartphone, si estrae nel sud della Repubblica Democratica del Congo in condizioni poco rispettose dei diritti delle persone che lavorano nelle miniere: secondo il rapporto del 2017 di Amnesty international il 20% del cobalto in Congo è estratto a mano senza i più elementari dispositivi di protezione come guanti e mascherine.
Secondo stime dell'Unicef circa 40mila bambini sono impiegati nell'estrazione di questi minerari, avventurandosi lungo pericolosi tunnel profondi anche 100 metri che spesso collassano. Lavorano per pochi dollari al giorno, in condizioni massacranti: le aziende dell'High tech sapevano di queste condizioni di lavoro, la popolazione più esposta ai fumi e alle acque reflue delle miniere corre il rischio di sviluppare gravi malattie polmonari e difetti congeniti alla nascita. Ma nonostante questo la produzione di cobalto non si ferma e la sua domanda non si fermerà nei prossimi anni.
Dal Congo al Cile, alle miniere del Salar di Atacama: circa il 78% del litio importato in Europa proviene dall'acqua dei laghi salati sotterranei portata in superficie e fatta evaporare all'interno di saline.
Per produrre una tonnellata di litio (necessaria per realizzare le batterie di 100 automobili) sono necessari 2 milioni di litri di acqua, pari al quantitativo medio giornaliero consumato da un paese europeo di 12mila abitanti.
Le attività minerarie hanno consumato in Cile il 65% di acqua nella regione con un impatto non sostenibile sugli agricoltori e sulle comunità indigene, portando ad una loro emigrazione forzata.
La Cina si è attrezzata da diversi anni per l'estrazione delle terre rare per le auto elettriche, i 17 minerali preziosi, come litio, cobalto o il Nerbio, che poi troviamo negli smartphone o nelle auto elettriche. Lo ha fatto creando interi distretti industriali dove si estraggono minerali e si procede alla successiva raffinazione, per cui serve tanta acqua: in questi distretti l'aria è inquinata e il paesaggio è costellato da accumuli di rifiuti, gli operai che lavorano in queste raffinerie soffrono di malattie ai polmoni causate da metalli pesanti – ha raccontato il giornalista Tobias Smith uno dei pochi ad aver visitato queste zone.
I minerali estratti dalla Cina finiscono nelle utilitarie elettriche della Tazzari, prodotte a Imola: racconta il presidente del marchio che non si possono permettere di chiedere il rispetto di norme ambientali alle industrie cinesi filiere, perché in Cina le aree di produzione sono off limits.
In Italia anche le moto sono elettriche, come quelle prodotte dalla Energica: sono prodotti ad alta tecnologia il cui cuore sono le batterie, le cui celle arrivano dall'Asia, Cina o Corea, con nichel manganese e cobalto.
Il rapporto coi fornitori asiatici è sbilanciato, non possiamo chiedere loro maggiori certificazioni, perché sanno che tutti i produttori di auto e moto elettriche hanno bisogno delle loro celle.
Servirebbe un accordo europeo per smuovere le acque in Cina, oppure servirebbe che si muovessero i grandi marchi come Mercedes.
LA casa tedesca vuole produrre solo elettrico nel futuro: svolgono una due diligence sui fornitori, ma non possono escludere che ci siano violazioni.
Ma ora vogliono costruire loro le batterie, in grandi gigafactory sparse nel mondo per recuperare quel gap con la Cina, perché per anni si è scelto di comprare all'estero questa tecnologia per una miopia industriale e per una questione di costi.
Ma questo terreno perso forse non è recuperabile: secondo David Merrin, consulente di Reskill, sarà difficile perché le terre rare sono prossime alla Cina, l'Europa e gli Stati Uniti faranno fatica a metterci le mani sopra.
Mentre noi facevamo le guerre per il petrolio, la Cina ha siglato accordi coi paesi dove si estraggono minerali preziosi per la filiera dell'elettrico: il Congo, il Cile, l'Australia, perfino l'Afghanistan. Oltre alle risorse minerarie del loro paese, dove sono presenti tutte le filiere produttive per l'estrazione e la raffinazione.
La corsa al litio.
In Spagna, nella regione al confine col Portogallo dell'Estremadura, sono stati scoperti dei giacimenti di Litio, tra i più importanti in Europa: questa è una zona tra le più povere del paese che ora vorrebbe conquistare maggiore ricchezza per l'estrazione del litio, in miniere a volte troppo vicine alle città.
Il litio estratto tra Spagna e Portogallo non potrebbe competere con quelli cinesi, si parla del 5% come possibile stima, ma ci renderebbe meno dipendenti dalla Cina, ma il problema è che l'estrazione di litio sta suscitando problemi con la popolazione di questa regione, specie per la miniera prossima alla città di Caceres, perché le miniere a cielo aperto creano problemi, perché i terreni interessati sono molto estesi e vicini alla città vecchia.
Ci sono due esigenze ambientali contrapposte: quelle della transizione elettrica e quelle del comitato “no alla miniera”, che non vogliono perdere il turismo e avere a che fare con le polveri della miniera. Così l'amministrazione di Caceres ha detto no al progetto e contro il suo no l'Unione Europea può fare poco.
Anche a Canaveral ci sono giacimenti di litio, anche questi contrastati dalla popolazione locale, per i problemi che porterebbe la grande discarica della miniera, situata in una zona dedicata all'agricoltura.
La miniera utilizzerebbe gran parte dell'acqua oggi dedicata all'allevamento e all'agricoltura raccontano i sostenitori dell'associazione contraria alla miniera di Canaveral, che sottolineano come la futura gestione sarà delegata ad una società privata che ha escluso la possibilità di fare scavi sotterranei (che avrebbero minori impatti) perché economicamente più costosa.
L'impresa che ha la concessione a Canaveral è la Lithium Iberia: ha investito troppo in questo progetto per fermarsi, tanto che ha acquistato altre miniere nella regione.
Il gruppo ha un ramo tecnologico e sta realizzando impianti per la produzione di batterie in modo di arrivare ad una filiera completa: la loro intenzione è di realizzare impianti puliti, green, certificati, ma non intendono rinunciare alle miniere a cielo aperto.
E che succede se la tecnologia dovesse evolvere e andare oltre al litio?
Alla Lithium Iberia pensano di aver davanti un investimento che sarà valido per almeno i prossimi anni: anche l'Europa sta puntando sul litio, con l'obiettivo di diventare indipendente dalla Cina.
IL vicepresidente della Commissione Europa ha rassicurato il giornalista di Presadiretta: si vuole realizzare una filiera sostenibile nell'elettrico, non si punterà sui costi, ma sul rispetto delle regole ambientali e del rispetto delle persone, e andando anche a imporre regole stringenti ai paesi importatori.
I geologi dell'Ispra la pensano in modo diverso: l'autosufficienza europea è un traguardo non raggiungibile a tempi brevi – racconta Luca De Micheli - non potremo essere indipendenti perché i tempi per mettere in produzione una miniera sono di almeno dieci anni, anche se le aprissimo tutte servirebbero almeno venti anni per avere i minerari in quantità sufficiente.
Ma è meglio estrarre in Europa con le sicurezze della nostra legislazione o rassegnarci a farci arrivare i materiali da altri paesi, come il Congo dove si usano i bambini?
Meglio l'Europa, sia dal punto di vista ecologico che dal punto di vista etico.
Esistono anche altri modi per estrarre litio: in Germania nella regione del Baden Wutterberg il litio lo tirano fuori dalle acque del Reno usando una tecnologia sostenibile per l'ambiente estraggono calore e anche idrossido di litio, con cui produrre 20mila batterie l'anno.
E in Italia c'è il litio e il cobalto? Non lo sappiamo perché la nostra carta mineraria è ferma agli anni settanta e non stiamo facendo niente nemmeno adesso che l'Europa sta dando grande impulso a questo settore.
Abbiamo abbandonato il settore minerario, abbiamo leggi vecchie che regolamentano l'estrazione, leggi che non tengono conto degli aspetti ambientali.
Non esiste una autorità nazionale perché la competenza sul settore minerario è delle regioni: eppure il titanio è presente in un giacimento in Liguria, ci consentirebbe di rientrare nel club dei produttori di materie prime.
Ma la comunità locale di Sassello non vuol sentire parlare di miniere di Titanio ora che stanno scoprendo i benefici del turismo.
La regione ha concesso nuove estrazioni in una zona poco fuori del parco del Beigua, ma non per fini produttivi: ma questo non rassicura le amministrazioni locali e il sindaco di Sassello, perché qui la scelta ecologica è stata già fatta. E di titanio non ne vogliono parlare.
Se non possiamo estrarre litio, possiamo recuperarlo.
Al CNR di Firenze, alla Icomm stanno facendo ricerca per estrarre materiale dalle batterie dismesse per recuperare litio, arrivando fino al 90% di recupero.
Serve anche questo per rendere questa tecnologia elettrica sostenibile, per evitare che il litio diventi minerale scarso, che le batterie si disperdano nel territorio (quelle al litio sono più facilmente infiammabili).
A fine vita, una batteria di un veicolo può avere una seconda vita per altri fini, per esempio per le case: ad Amsterdam allo stadio i pannelli sui tetti caricano le batterie sotto lo stadio che per la maggior parte sono recuperate.
La visione politica in Olanda è quella di arrivare all'economia della ciambella (inventata da un'economista inglese): rispetto per l'ambiente, quartieri e case completamente sostenibili ma assicurandosi anche che nessuno rimanga indietro.
L'energia in eccesso viene ceduta alla rete per darla ad altri, le auto elettriche sono usate in comune: significa cambiare visione e cambiare anche modo di spostarsi nella città.
Ci sono altre ricerche su come produrre litio senza passare per l'estrazione: all'Enea lavorano ad un progetto per realizzare nuove batterie che usano meno litio, oppure che usano altri minerali (per servizi più stazionari, non per le auto).
Al Politecnico di Torino al dipartimento di ricerca dei materiali stanno lavorando alle batterie allo stato solido e per questo stanno cercando aziende interessate al progetto.
Problemi che non hanno allo Helmholtz institute, finanziato dalla regione del Baden-Württemberg: qui sperimentano nuovi materiali che sostituiscano quelli più critici, con composti meno infiammabili, con materiali come il sodio per l'accumulo di energia.
Per evitare di usare il cobalto sostituito da una miscela di nichel manganese e litio.
In Germania la distanza tra la ricerca e i centri di produzione è breve: vicino allo Helmholtz c'è il centro ZWS, presso cui si presentano i grandi marchi automobilistici per fare ricerca.
Questa rivoluzione elettrica passa per il cambiare le nostre abitudini per lo spostamento nelle città, nel finanziare la ricerca, nello spingere le aziende a seguire nuovi modelli produttivi, nell'abbandonare gli investimenti nei settori inquinanti, come quelli legati agli idrocarburi.
MA la galassia industriale del petrolio e del gas è enorme, ha un fatturato da migliaia di miliardi di dollari, fa profitti pari al pil delle aziende: a questo settore dobbiamo chiedere la diminuzione dell'estrazione e dello spostamento del petrolio in favore delle energie rinnovabili.
Ma queste compagnie petrolifere hanno intenzione di farlo?
Nel passato molte compagnie hanno negato gli impatti dell'anidride carbonica e dei gas serra sul clima: le compagnie ne erano consapevoli, non sapevano quando, ma sapevano che esisteva una correlazione tra l'aumento della temperatura sul pianeta e le emissioni.
Compagnie come Exxon, che finanziava enti benefici, centri di ricerca che hanno fatto negazionismo climatico. E poi Gazprom, Royal Dutch Shell, la Eni: mentre loro inquinano il pianeta, la responsabilità del riscaldamento globale è a capo dei paesi.
Nessun commento:
Posta un commento