06 ottobre 2008

Blu notte: un enigma da decifrare

Graziella Campagna, Beppe Alfano e Matteo Bottari: tre storie di persone diverse per raccontare della mafia che c'è ma non si vede e soprattutto, non si deve nè vedere, nè parlarne. La mafia a Messina, provincia "Babba", ossia città stupida, tranquilla, dove non succede niente perchè non deve succedere niente.
E invece, a rileggere le storie di queste tre persone (una lavoratrice in tintoria, un giornalista e un medico), scopri una realtà inquietante.

Il legame tra mafia e istituzioni: non solo l'omertà della povera gente costretta al silenzio, ma il commubio tra potere politico e boss mafiosi; carabinieri e agenti di polizia che facevano finta di non sapere die boss latitanti che villegguavano dalle parti di Messina (come Nitto Santapaola). Magistrati e giudici il cui unico compito era insabbiare le inchieste che riguardavo la mafia (come nel caso di Graziella Campagna, dove il pm impiegò 18 mesi a adepositare le motivazioni della sentenza di primo grado).
Un intero sistema connivente, contiguo, con la mafia.Il tuo sindaco, il comandante dei carabinieri della stazione del tuo paese, il tuo compagno di lavoro, persone che incontri per strada e con cui hai a che fare.

Quali le colpe? Sapevano troppo, oppure volevano sapere troppo.
Graziella Campagna (la cui storia è stata portata in televisione dalla fiction, che l'ex ministro Mastella ha cercato di bloccare), aveva scoperto per caso l'identità di un latitante, Alberto Gerlandi JR, che girava indisturbato per il paese, in un "clima di convivialità nel paese". Fu uccisa con cinque colpi di fucile a pallettoni, di cui due in faccia.

Beppe Alfano era un giornalista che voleva fare il suo lavoro. Solo quello: si occupava di cronaca giudiziaria per "Il giornale di Sicilia". Per primo aveva seguito la faida a Messina, che portò al potere la fazione di Nitto Santapaola.
Volle indagare sui legami tra massoneria e mafia, sulle truffe alla regione, all'Unione Europea, sul traffico d'armi e di droga.
Troppe cose: "Beppe Alfano è un uomo morto" sentenziò il boss Iannello.

Nonostante la nomea di città "babba" a Messina ci sono stati in quegli anni 97 omicidi. Alfano scoprì che il boss Nitto Santapaola, latitante dal 1983 dopo la strage di via Carini, abitava poco distante da casa sua.Lo sapevano in realtà tutti. Tutti quelli che non volevano guardare dall'altra parte. Beppe Alfnao queste cose le sapeva e voleva scriverle sul suo giornale. Fu ucciso nella sua auto poco distante da casa. Anche in questo caso, come per Graziella, omissioni, depistaggi, false piste ...

Matteo Bottari era un medico della clinica endoscopica di Messina. Fu ucciso perchè combatteva il verminaio degli appalti all’Università. Dell'omicidio se ne occupò la Commissione nazionale antimafia, che sbarca a Messina l'11 febbraio e in tre giornate di audizioni traccia un quadro inquietante: "la città viene descritta come governata da un "grumo d'interessi" politico-affaristico-mafiosi che avrebbe il suo fulcro all'Università, che gestisce un budget di appalti di 250 miliardi.
I commissari puntano l'indice sul Palazzo di giustizia e sul sottosegretario agli Interni Angelo Giorgianni, ex magistrato a capo del pool mani pulite messinese. Si scopre così che la Procura - retta da Antonio Zumbo, cognato del fratello del Rettore - avrebbe avviato centinaia di inchieste per sollevare un polverone e non toccare gli interessi e gli equilibri esistenti."

Tre persone diverse, di cui una almeno, non aveva nemmeno messo in conto di morire per mafia.
Ma non è la storia di un paese, di una città Messina, che possiamo ritenere tanto lontana.
E' la storia di un sistema che dobbiamo combattere. Perchè oggi, con la mafia che si è estesa su tutto il territorio, non è solo al sud che si deve convivere (o non convivere) con la mafia.
E non pensiamo nemmeno che sia una storia lontana nel passato: Adolfo Parmaliana, l'ultima persona che si è scontrata con l'intreccio mafia politica, è morto suicida, lasciato solo dalle istituzioni, pochi giorni fa.

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