Ci sono persone che considerano la giustizia una parola da usare negli insulti. Quelli che parlano di "giustizialismo" e danno dei "giustizialisti" a coloro che vogliono giustizia.
Le stesse persone che accusano i magistrati di essere toghe rosse, di essere le fonti di fuga di notizie riservate, di comportarsi da casta (in parte anche vero, ma le riforme in corso sulle correnti del CSM spingono proprio in tal senso).
Poi ci sono persone che spendono il proprio lavoro, la propria vita "per la giustizia".
Come l'ex magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Raffaele Cantone, oggi giudice di Cassazione.
Che presentava il suo libro a "Che tempo che fa", in un intervista in cui si è parlato delle indagini sul clan dei Casalesi (culminate nel processo Spartacus); sul libro di Roberto Saviano, sugli attacchi e sulle delegittimazioni al suo lavoro.
Tramite accuse e calunnie, come quella per cui Saviano si è arricchito con il libro.Che esistono altri giornalisti che fanno il loro lavoro in silenzio senza tanti clamori.
Basterebbe rispondere che Saviano vive sotto scorta, che se esistessero tanti altri giornalisti non si spiega come mai la bassa copertura al processo Spartacus; del fatto che in opchi parlano della penetrazione della criminalità organizzata nelle imprese e nell'economia del nord.
Nel corso dell'intervista si è parlato del senso di isolamento di chi si trova a combattere i clan:
"Delegittimare Saviano, significa delegittimare il suo lavoro".
Ovvero, legittimare il clan dei Casalesi.
Del come, spesso le calunnie siano delle armi più utilizzate ("La calunnia è più pericolosa di un proiettile") e di come lo stato dovrebbe comntrastare la criminalità organizzata: "Vorrei che lo stato non usasse la strategia del pendolo". Cioè mettere in agenda il contrasto all'economia criminale solo durante le emergenze.
Inutile parlare di leggi straordinarie, quando si è in emergenza, quando non si riescono nemmeno ad applicare le leggi ordinarie.
"Solo per la giustizia" ed. Mondadori, uscirà domani.
Le stesse persone che accusano i magistrati di essere toghe rosse, di essere le fonti di fuga di notizie riservate, di comportarsi da casta (in parte anche vero, ma le riforme in corso sulle correnti del CSM spingono proprio in tal senso).
Poi ci sono persone che spendono il proprio lavoro, la propria vita "per la giustizia".
Come l'ex magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Raffaele Cantone, oggi giudice di Cassazione.
Che presentava il suo libro a "Che tempo che fa", in un intervista in cui si è parlato delle indagini sul clan dei Casalesi (culminate nel processo Spartacus); sul libro di Roberto Saviano, sugli attacchi e sulle delegittimazioni al suo lavoro.
Tramite accuse e calunnie, come quella per cui Saviano si è arricchito con il libro.Che esistono altri giornalisti che fanno il loro lavoro in silenzio senza tanti clamori.
Basterebbe rispondere che Saviano vive sotto scorta, che se esistessero tanti altri giornalisti non si spiega come mai la bassa copertura al processo Spartacus; del fatto che in opchi parlano della penetrazione della criminalità organizzata nelle imprese e nell'economia del nord.
Nel corso dell'intervista si è parlato del senso di isolamento di chi si trova a combattere i clan:
"Delegittimare Saviano, significa delegittimare il suo lavoro".
Ovvero, legittimare il clan dei Casalesi.
Del come, spesso le calunnie siano delle armi più utilizzate ("La calunnia è più pericolosa di un proiettile") e di come lo stato dovrebbe comntrastare la criminalità organizzata: "Vorrei che lo stato non usasse la strategia del pendolo". Cioè mettere in agenda il contrasto all'economia criminale solo durante le emergenze.
Inutile parlare di leggi straordinarie, quando si è in emergenza, quando non si riescono nemmeno ad applicare le leggi ordinarie.
"Solo per la giustizia" ed. Mondadori, uscirà domani.
3 commenti:
Ribadisco qui quanto già detto-in maniera velata-sul blog.
L'intervista di ieri mi ha emozionata, sia per il linguaggio che per l'argomento trattato.
Più d'ogni cosa ho trovato toccante il concetto di sacrificio "solo per giustizia".
Vivere senza nemmeno poter fare una passeggiata.
Dobbiamo re-imparare a commuoverci, ritornare a sentire l'impegno sociale come cosa di tutti e per tutti.
Per prima cosa iniziano a screditarti. Poi ti isolano e, se ancora non sono riusciti a fermarti, ti uccidono .. quante volte e per quanti magistrati l'abbiamo sentita questa storia?
E tragicamente fanno tenerezza solo quelli che si trasformano in fiction (come il Generale Dalla Chiesa. Non se l'era filato nessuno per anni, poi all'esordio della fiction sulla sua vita tutti a parlarne, per poi rigettarlo nel dimenticatoio)
Ora tutti parlano di Mafia, su tutte le TV (anche MTV), perchè oggi fa "fine" parlare della mafia.
Perchè c'è stato Gomorra.
Appena la moda-mafia passerà le cose torneranno dove erano, nel silenzio dell'abbandono.
In una legge che sostiene a tratti i suoi paladini.
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