09 ottobre 2008

Henry di Giovanni Mastrangelo

Tutto ruota attorno ad Henry, come viene chiamata l'eroina da uno spacciatore keniano.
Due morti per caso che porteranno ad altro sangue.
Siamo a Roma, nel 2003 (il libro è uscito nel 2006): una città che sembra quasi un territorio di caccia in cui si muovono, prede e cacciatori, i protagonisti della storia. Storia che viene raccontata secondo un taglio cinematografico, sostandone il punto di vista dall'uno all'altro.
Nina una ragazza arrivata dalla provincia di Ancona per cercar fortuna a Roma. Il suo fidanzato, Gianni, un drogato e il suo amico, Rocco, ancora più drogato e cinico per la dipendenza.
Il commissario Silvestri, che dopo il matrimonio e la nascita del figlio riesce a vedere il mondo, i suoi colleghi, il suo lavoro, la vita da un nuovo punto di vista.
Il collega, Bellucci, un uomo di destra, ordine, pulizia e disciplina, che non riesce più a capirlo.
Una banda di spacciatori italiani, i cognati devito, latitanti ma con gli agganci giusti (l'amico del senatore, l'amico in Questura), che controllano il traffico di droga a Roma.
Una banda di spacciatori africani che porta la brown (“Henry”) dal Pakistan passando dal Kenya: Kueku, Karanja e Raila.
Il capo Karanja uno pscicopatico fan dei film violenti americani. Raila, scappato dal Rwuanda dopo aver partecipato ai crimini di guerra. Infine Kueku, discendente da una stirpe di guerrieri, scappato dal suo villaggio in Ghana per conoscere il mondo, l'Italia.

Ma che oggi, come un novello Ulisse, vorrebbe tornare alla sua Itaca.
Quattro notti e tre giorni, per questo noir che scorre veloce, nella terra di Henry, in bilico tra la felicità (illusoria come quella della droga) e dolore.

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