Ma è proprio vero che il peggio della crisi è passato e che ci stiamo muovendo verso la ripresa?
Iacona e le telecamere di Presadiretta sono andate alla Camera del lavoro di Reggio Emilia (quello che una volta era un florido distretto industriale) a chiedere come stanno le cose.
Su 240000 persone, la forza lavoro, ben 63000 (circa il 25%) sono in sofferenza per il posto.
30000 sono in cassa integrazione, 23000 sono gli iscritti alle liste di disoccupazione (+11000 rispetto al 2007). 3000 artigiani e 4000 partite iva (nel settore dell'edilizia per lo più) che han chiuso l'attività. 3000 contratti a termine persi.
Questi sono i numeri in una zona del nord, figuriamoci quello che succede al sud dove le realtà industriali sono molto meno.
Cosa comporta questa sofferenza per il posto di lavoro? Anche qui, per scoprirlo, basta andare a chiedere alle persone (piuttosto che mettere il microfono sotto il mento delle persone, e non del politico di turno).
Chi aveva stipulato il mutuo per comprarsi una sua casa, come Giovanni Migliori, dopo aver perso il lavoro nel 2008, sarà costretto ad andarsene via.
Come si fa a pagare 630 euro al mese, con un contratto interinale (questo è quello che si trova dopo due anni) ad 1 mese come operatore ecologico?
Aniello Sannino è stato pendolare del lavoro per 13 anni. Nel 2005 ha trovato un posto fisso e si è ha fatto raggiungere dalla famiglia. Finito in cassa integrazione a 0 ore, con 1000 euro di stipendio dovrebbe pagarne 800 di mutuo.
Servirebbe un lavoro per rispettare gli impegni presi con la banca e con la famiglia.
A Dinezzano, nel distretto della ceramica vivono Carmela ed Eliseo: con due stipendi fissi “pesanti” hanno potuto stipulare un mutuo per la casa da 1500 euro/mese. Dopo la crisi la moglie ha perso il posto e ora lavoro (parzialmente in nero) dentro un ristorante. Ora stanno vendendo la casa, perchè con quelle 4 ore al ristorante la banca le ha riso in faccia.
Quello che notava Iacona è che queste storie (ovvero il lavoro nero come unica prospettiva di lavoro) si sentivano solo al sud: per quello che la gente è emigrata al nord …
E questo sono solo alcuni degli esempi, di famiglie costrette a rinunciare ai propri desideri, che si sono ritrovate a perdere anni di lavoro e a dover affrontare una situazione di semipovertà.
Cosa succede alle fabbriche del distretto?
La Omega (ceramica) ha lasciato a spasso 105 operai che oggi per vivere sono costretti ad intaccare i risparmi degli anni precedenti, risparmi accantonati per i figli: ora, molto di loro han trovato solo un posto da interinale.
Della Iris a Sassuolo Iacona si era occupato già nel 2008: come in altre situazioni, gli operai erano rimasti senza stipendio (con problemi anche di luce tagliata). Nel 2009 la ditta è chiusa ed ha fatto la stessa fine di altre.
Viste oggi, due anni dopo, queste ditte fanno una certa impressione: capannoni vuoti, strade senza camion, macchinari fermi ….
Alla Sachman gli operai lavorano a turno, sono rimasti in credito con l'azienda per le paghe degli ultimi mesi.
Alla Tecnogas lavorano al 30% delle capacità: l'azienda, dopo che i proprietari volevano traferire la produzione, è stata occupata.
Oggi, per far ripartire le imprese, servirebbero nuovi capi che rilancino la produzione. E invece, per rilevare la Tecnogas, si è fatto avanti un fondo fiduciario del Dubai: che fine han fatto gli imprenditori italiani?
Una rappresentante della CGIL spiegava come esistono anche personaggi che un giorno chiudono la loro ditta e dopo pochi giorni ne riaprono un'altra con una seconda ragione sociale, intestata alla moglie, con dentro solo alcuni operai.
Le uniche imprese che ancora lavorano sono quelle di imprenditori come Tirabassi o Mirko Villa: si occupano di metalmeccanica di precisione e riescono ad andare avanti grazie alle piccole commesse cui occorre rispondere in breve tempo.
Come ne usciremo dalla crisi, se ne usciremo? L'impressione che ne viene fuori, guardando la realtà del distretto di Reggio Emilia, è che ci dovremo accontentare di una produzione con meno commesse. Ci sarà una torta più piccola da spartirsi.
Meno aziende, spostando la produzione all'estero, meno lavoratori.
Il processo di deindustrializzazione e la delocalizzazione porterà ad un paese con meno capacità produttive e meno ricchezza per il paese.
Finita la crisi avremo un paese più povero e meno competitivo rispetto agli altri competitor: “senzafabbriche” significa proprio questo.
Non è solo una questione di mantenere i posti di lavoro: per sperare in una vera ripresa vanno mantenuti i posti di lavoro e anche le imprese produttive per i beni che creano ricchezza al paese. Senzafabbriche, c'è il rischio che non ci sia nemmeno un paese (almeno come lo ricordiamo).
Come dire, non saranno solo le Ferrari e i vestiti di alta moda che salveranno l'Italia.
C'è il rischio concreto che le nostre aziende non torneranno mai più ai livelli produttivi del 2007-2008: gli ammortizzatori sociali che paghiamo tutti noi con le tasse servono allora a nascondere le decine di migliaia di esuberi nei posti.
Sarà un caso che l'Italia è senza ministro dello Sviluppo Economico da troppi mesi?
Come uscirne: servirebbe un grosso investimento all'interno della ricerca nelle imprese. Come avviene in altri paesi europei (e anche in Cina).
Servirebbe una seria politica economica che porti a conoscere come si è trasformato il mondo in questi anni.
I tagli ai comuni: a peggiorare le cose ci sono i tagli di Tremonti alla spesa pubblica e il patto di stabilità dei comuni.
A Gualtieri per protesta hanno esposto una X rossa sulle case.
È una protesta contro i tagli ai comuni.
Il comune ha dato fondo ai bilanci per aiutare la Tecnogas:
Il taglio di 500000 euro (su un bilancio di 3,5 milioni) si è fatto sentire: si dovranno tagliare i servizi alle persone, per il doposcuola, l'assistenza alle persone. E non resteranno soldi per aiutare le imprese.
Il sindaco di Reggio, Graziano del Rio ne ha parlato a Tremonti: “non posso assumere, non si può investire, se sto già facendo una strada o un lavoro, non posso pagare l'azienda”.
Tremonti risponde che “voi fate sempre dei drammi, potete fare dei tagli senza tagliere i servizi”.
Ma non è così: le aziende che non potranno essere pagate dai comuni cosa faranno? Se non si pagano le imprese come si pretende che riprendano i consumi.
Infatti qui gli investimenti locali sono calati del 70%.
In Italia i disoccupati sono aumentati dell'8,5% (l'anno passato erano il 7,5%).
E nelle regioni industriali del nord, il segno è ancora meno ...
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