31 ottobre 2010

Terrore rosso. Dall'autonomia al partito armato di Pietro Calogero, Carlo Fumian, Michele Sartori

Nei lunghi anni Settanta il terrorismo italiano rappresentò per il sistema democratico una minaccia senza uguali in Europa. Questo libro, che ricostruisce pagine essenziali ma poco note della lotta armata in Italia, è un intreccio unitario di cronaca, testimonianza e storia che, a partire da Padova e dal Veneto, svela le strategie insurrezionali del partito armato in tutte le sue articolazioni, movimenti di massa e avanguardie combattenti, Autonomia Organizzata e Brigate Rosse”.
[Dalla terza di copertina]

La storia dell'Autonomia in Veneto, dal congresso di Firenze e la scelta della lotta armata, del 1971. Fino alla fine del partito armato. Da Padova (con i primi omicidi da parte delle Br nel 1974, i missini Mazzola e Girolucci uccisi in una sezione del MSI), a Padova con all'arresto dei brugatisti che avevano rapito il generale Dozier, nel 1981. Da Padova a Padova, in una parabola discendente iniziata col blitz passato alla storia del “7 aprile”, che portò all'arresto dei vertici di Potere Operaio con l'accusa di “aver diretto e organizzato una associazione sovversiva denominata Potere Operaio”, ordini di cattura firmati dal procuraratore Pietro Calogero. Un nucleo ristretto fu accusato anche di concorso in banda armata per “avere organizzato e diretto una associazione denominata 'Brigate Rosse' ”: Antonio Negri, Franco Piperno e Oreste Scalzone.

La prima parte del libro, “La cronaca” a cura di Michele Sartori, parte dal 1971 e le parole gridate alla conferenza di Roma di Potere Operaio, il gruppo-partito : “L'unica proposta di partito è quella del partito armato”. Partito dell'insurrezione per cui “muovere verso lo sbocco di potere significa significa dirigere l'ontera articolazione del movimento delle masse verso la lotta armata”.


Ne farà di strada, il partito-movimento di Antonio Negri a partire dai primi anni 70: Sartori racconta del passaggio ad Autonomia Operaia Organizzata, la nascita dei Collettivi Politici in Veneto, ala militare del Fronte comunista combattente.
I contatti con i vertici delle Br: la carta di identità fornita a Morucci dopo la fuga dal carcere di Treviso proveniente da uno stock rubato dai Nap e passato tramite P.O. L'omicidio del brigadiere Niedda da parte del Br Despali e dal militante delle brigate Ferretto ( una delle strutture illegali di P.O.) Carlo Picchiura. La questione delle armi, la strategia comune dei gruppi, i contatti tra Curcio e Antonio Negri. Il ruolo dei giornali dell'Autonomia: “Controinformazione”, “Potere Operaio”, “Il Rosso” (del cui gruppo facevano parte Mario Ferrandi, Marco Barbone e Corrado Alunni ).

Un crescendo di violenza, episodi di criminalità, rapine, e anche il passaggio ali omicidi. La violenze dentro le scuole, le università, un clima di pressione contro professori, giornalisti, magistrati e forze dell'ordine. Crescendo che culmina con le notte dei fuochi a Padova del febbraio-marzo 1977.

“Sul solido fondamento di sentenze passate in giudicato, Michele Sartori racconta l'impressionante evoluzione della strategia terroristica che dal Veneto si proietta su gran parte del territorio nazionale” [Dalla terza di copertina].

Indice dei capitoli.

  • Genesi del partito armato: Potere Operaio, Brigate Rosse, «Rosso» (1971-1974)
  • Il laboratorio veneto di Br, Nap, Autonomia (1974-1975)
  • I Collettivi Veneti. «Rosso». I Cocori (1974-1977)
  • I Proletari Armati per il Comunismo (1978-1979)
  • Prima e dopo il 7 aprile (1979-1980)
  • Ritorno, omicidi, scissione e fine delle Br (1979-1982)
  • L’ultima vittima. L’evasione di Susanna Ronconi (1982)
  • Le conclusioni dei processi.

Qualche dato del “terrore rosso” in Veneto:

Bel triennio 1977-1979 il Veneto registra 1197 atti di violenza di cui 708 a Padova: 817 attentati, 174 aggressioni e 206 tra espropri, rapine e saccheggi.
Le sigle autonome che firmano gli attentati sono 65: solo il 19% degli attentati di matrice autonoma colpisce obbiettivi privati quali industrie, banche, negozi, agenzie immobiliari, ecc. Per il resto i bersagli privilegiati sono i partiti (21%), scuole e università (20%), PS,CC, giudici, testimoni, stampa (11%), obiettivi sociali come trasporti pubblici, Iacp, ecc (11%).
Il terrorismo in Veneto si lascia alle spalle una scia di 15 morti: Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci. L'appuntato Antonio Niedda, la guardia giurata Franco Battagliarin.
Il macellaio Lino Sabbadin, ucciso da PAC.
Gli autonomi Maria Antonietta Berna, Angelo Dal Santo e Alberto Graziani, ; Lorenzo Bertoli, suicida in carcere.
Il dirigente del petrolchimico Sergio Gori. Il commissario PS Alfredo Albanese; il brigadiere Enea Codotto e il carabiniere Luigi Maronese.
Il direttore del Petrolchimico Giuseppe Taliercio.
L'ultima vittima, Angelo Furlan, ucciso da un'autobomba durante l'evasione della Ronconi.


La testimonianza di Pietro Calogero Contro l’eversione.

La seconda parte del libro accoglie l'intervista al magistrato Pietro Calogero, autore dell'inchiesta su Potere Operaio e Autonomia, raccolta da Silvia Giralucci (per la preparazione del documentario Con i loro occhi).
In questa intervista, la sua opinione sul terrorismo di destra (per l'inchiesta sulla strage di Piazza Fontana) e sul terrorismo di sinistra: la genesi, l'ipotesi della etorodirezione, i tentativi di golpe, la fine.

L'eversione in Italia.
In Italia combattere l'eversione è sempre stato difficile, perchè l'eversione non è mai stata isolata. È sempre stata all'interno di una strategia dove strutture deviate delle istituzioni l'hanno utilizzata come strumento di lotta politica, per perseguire interessi propri caratterizzanti da una logica istituzionale, diversi da quelli degli eversori: interessi di mutamento degli equilibri politici, non di sovvertimento. Così è avvenuto con lo stragismo e la strategia della tensione della fine degli anni Sessanta, e così anche con la lotta armata di sinistra.”

Il ruolo del Sid e i suoi rapporti col terrorismo nero.

Numerosi dati processuali autorizzano la conclusione che il nostro Sid ebbe un ruolo attivo sia nella fase realizzativa della trama del sovvertimento sfociata negli attentati del 1969 [Calogero raccolse la testimonianza del maestro Lorenzon, che portò poi alla pista di Ordine Nuovo con gli arresti di Ventura e Freda], sia nella fase di copertura dei soggetti indagati per i singoli eventi terroristici.
Non intendo, così dicendo, avallare la tesi che quegli eventi furono il prodotto di complotti posti in atto da poteri dello Stato in associazione con bande eversive. Al contrario, sono persuaso che il terrorismo nero della fine delgi anni sessanta (come anche il terrorismo rosso degli anni settanta di cui dirò in seguito) fu un fenomeno autoctono, nel senso che, attraverso la pianificazione della lotta armata e del sovvertimento violento delle istituzioni, esso espresse motivazioni, istanze e finalità interne e specifiche a ciascuna banda.
In questa strategia, geneticamente e organizzativamente indipendente, uomini e apparati del Servizio si sono attivamente inseriti strumentalizzandone i principali segmenti attuativi per il raggiungimento di obiettivi politici non del tutto coincidenti con quelli delle bande terroristiche. Così mentre le bande gravitanti attorno a Ordine Nuovo puntavano al rivesciamento della forma di governo e alla sua sostituzione con un regime autoritario di stampo fascista, i poteri statali, che ne conoscevano e a volte ne sostenevano la strategia mediante forme stabili di collegamento con propri organi e fiduciari, perseguivano il ben diverso e limitato obbiettivo di riequilibrare l'asse della politica italiana, pericolosamente sibilanciato a sinistra, allontanandno dall'area di governo il pericolo comunista e rafforzando la leadership dei tradizionali partiti di centro (in primo luogo la Democrazia Cristiana).”

Carlo Fumian Alle armi
L'ultima parte di Terrore Rosso, è un breve saggio sul terrorismo negli altri paesi e in Italia.
Come nasce, per quali motivi, e per quali fini: “a partire da una ricostruzione storica più generale del fenomeno terroristico e delle sue implicazioni, ricostruisce gli esordi del 'partito armato' in Italia e i nessi profondi - al di là di divisioni tattiche figlie del settarismo tipico delle formazioni estremiste - che legavano i gruppi armati a un comune disegno strategico insurrezionale.”

Nel breve saggio si parla della storia del terrorismo nel mondo occidentale, per arrivare poi in Italia. Il “silenzio operoso dei servizi” nel contrasto all'eversione “mai alcuna segnalazione utile alla magistratura nel corso di un lungo, sanguinoso, incredibile decennio” a fronte di un terrorismo che si andava estendendo e organizzando con basi di massa.
Dal terrorismo nero al terrorismo rosso, col 1974 come anno che fa da spartiacque. La crescita del Partito Comunista Italiano, visto come inaccettabile “tappo della rivoluzione” da alcuni per il suo essere legalitario garante di un riformismo normalizzatore. Per altri, un inaccettabile spostamento dell'asse dell'asse della fedeltà atlantica dell'Italia. Insomma una crescita che andava in qualche modo ostacolata, cosa che le derive golpiste e stragiste, con l'appoggio ai terroristi di destra, non erano riuscite a fare.

Infine, la genesi del partito armato e il ruolo egemone di Potere Operaio:
Il neoleninismo di Potere Operaio conduce presto il gruppo dirigente a elaborare il concetto fondamentale dell'autonomia operaia, della spontaneità creativa delle masse operaie irriducibili al capitale e al riformismo. Ma spontaneità non significa spontaneismo : il neoleninismo non dimentica il ruolo centrale del partito, seppure in una nuova, rovesciata accezione: come scriverà Tronti, con una formula che verrà adottata da Lotta Continua e Potere Operaio, 'la strategia alle masse, la tattica al partito'.
Il concetto chiave dell'autonomia operaia si ritrova nel documento fondativo del Collettivo Politico Metropolitano, e ad esso si riferiranno incessantemente i documenti delle Brigate Rosse: 'l'Autonomia Operaia è l'area da cui hanno preso origine le Brigate Rosse' , proclamerà nel 1976 un documento di Soccorso Rosso.

Del resto, Potere Operaio (come successivamente Autonomia Operaia Organizzata) era l'unico dei tre gruppi ache potesse contare su migliaia di militanti, su un cervello politico culturalmente non improvvisato e progettualmente esperto, e infine su una rete di periodici attraverso cui diffondere capillarmente il messaggio della mobilitazione armata, nelle forme sia dell'illegalità di massa e del terrorismo diffuso, sia nel sostegno alla clandestinità e strutturato. È in questo contesto che matura la svolta insurrezionale, a ridosso, paradossalmente, dei successi conseguiti dai sindacati a partire dall'autunno caldo del 1969, che sembrano non lasciare spazio all'iniziativa autonoma degli operai, la cui conflittualità non pareva disposta a scorparsi dall'egida di organizzazioni riformiste, strumenti del Capitale conficcati nel cuore della Classe. Le lotte sindacali avevano sconfitto, noteranno sia il Collettivo Politico Metropolitano che Potere Operaio, non il 'movimento autonomo' del proletario, bensì il suo spontaneismo. Una sola dev'essere la risposta: organizzazione. Qui tra il 1970 e il 1971, si getta la base del 'partito armato' .”

Il link per ordinare il libro su ibs.
La scheda del libro sul sito di Laterza.
L'intervista di Pietro Calogero sul Corriere.

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