19 ottobre 2010

Traditori di Giancarlo De Cataldo

Italia paese di poeti, navigatori e santi .. dovremmo aggiungere anche di traditori e spie. Nel romanzo che racconta della genesi dell'Unità d'Italia, dai moto calabri del 1844 alla breccia di Porta Pia del 1870.

Tra gli artefici dell'Italia libera (dalla dominazione straniera) e unita (senza regni e machesati) non ci sono solo i grandi condottieri alla Garibaldi, cui il libro concede in effeti i meriti militari e la capacità di saper raccogliere l'entusiasmo delle persone.
Un grosso ruolo l'hanno avuto i cospiratori da una parte e dall'altra: da Mazzini, che passa dall'essere nemico del regno di Savoia al prezioso alleato della lotta contro gli austriaci, a Cavour, capace di intessere una fitta rete informativa di spie nell'Europa per sobbillare rivoltosi (e screditare i repubblicani), per stringere alleanze (con la Francia, fino alla seconda guerra di Indipendenza, con l'Inghilterra in funzione antifrancese).

Attorno a questi due grandi personaggi, i protagonisti del racconto : rivoluzionari ridotti al ruolo di spie per salvarsi la pelle, come Lorenzo. Rivoluzionari, ma solo a parole come il romano Mario Tozzi.
Nobili aristocratiche che si battevano per l'emancipazione delle donne nella società come lady Violet.
Rivoluzionari "duri e puri" come il sardo Terra di Nessuno, che riuscirà a strappare anche l'ammirazione degli uomini della società (da cui poi nacque la Cosa Nostra moderna). Ma solo un'ammirazione, perchè solo gli uomini della società sanno come si sta al mondo.
In mezzo a questa guerra, osservatori interessati: la Società, o maffia, capace di schierarsi sempre dalla parte del vincente. Con i liberali quando soffiano i venti della rivoluzione, com i baroni, quando ritorna il vento della restaurazione.
E persino in quella che viene chiamata "onorata società", capace di usare sia l'arma della politica che quella molto più brutale ed efficace della "forza politica". La Camorra, che viene affiliata dai Borbone per la tenuta delle strade di Napoli, prima dell'arrivo di Garibaldi.
I briganti calabresi, cui i Borboni misero una divisa per fare opera di banditismo contro i piemontesi.

Dal libro emerge chiaro il nostro "peccato originale", come nazione. Come Italia libera e unita.
Ad essere premiati, alla fine della storia non saranno quanti, animati da ideali nobili, erano saliti sulle barricate per fare la rivoluzione.
Nemmeno le terre del sud, cui la baronia borbonica verrà sostituita dalla ottusa burocrazia sabauda, col beneplacito degli uomini che usarono la onorata società per rovesciare il Regno delle due Sicilie.
Non furono i veri patioti, giovani pieni di ideali che volevano veramente rovesciare quel mondo che stava loro così stretto, i vincitori.
Gli intrighi, la spartizione del potere, delle nuove opportunità per fare soldi e le questioni irrisolte (la questione meridionale, il banditismo) iniziarono allora e ce le portiamo dietro.
E uno dei meriti di questo libro, è raccontarci il lato oscuro del nostro Risorgimento, molto lontano dalla falsa retorica che nei secoli ci ha nascosto la nostra vera storia.

Si era fatta l'Italia, ma non gli italiani.

"Da due anni mi appoggio alternativamente alla destra e alla sinistra: al fondo le due estreme sono simili. Governare appare un'arte difficile ai profani, ma quando sei inserito nei meccanismi, tutto è molto più semplice. Destra e sinistra si alternano al timone. Esprimono dirigentiselezionati in base a un duro cursus honorum. Il potere nel partito corrisponde al potere nello Stato. La scalata è resa ardia dagli appetiti di una pletora di aspiranti.
Ma non vince solo chi ha più appetito. vince chi ha il respiro più lungo, perchè respiro significa tempo. Il tempo significa fondi. In definitiva, è tutta questione di danè. Rastrellare denaro e metterla a disposizione dei concorrenti è la missione che mi sono assunto da quel lontano giorno - sono passati ormai quasi dieci anni - in cui la morte si portò via il conte di Cavour, l'unica aquila in questo cielo di superflui lucherini. E' una missione per molti versi affascinante.
Poichè non sono animato da spirito umanitario, e considero la poiltica lordura, lo scopo finale dell'intrapresa non può che esaurirsi nel tornaconto personale. [..]
L'accumulazione è roba da poco, al cospetto dell'inebriante sensazione di potenza che mi deriva dall'essere arbitro di tanti destini. L'artefice, il demiurgo se preferite, di vertiginose ascese e di catastrifici inabbisamenti. Lavoro sulla mediocrità umana, il che mi garantisce ampia disponibilità di materia prima e mi garantisce la massima libertà di scelta.
[..]
Controllo deputati a Venezia, Torino, Firenze, Napoli; manovro le mie creature in Sardegna e in Sicilia, in Romagna e nelle Marche. Ho creato persino una rete destinata a durare nel tempo. Se qualcuno (è persino accaduto) osa sollevare la testa, ansioso di affrancarsi, lo riconduco alla ragione. Se insiste, lo polverizzo. E' sufficiente mettere in giro certe voci .. divulgare certe informazioni .. puntare il dito contro il vizio privato o la pubblica malversazione, fornendo, se del caso, le prove all'avversario di turno .. e il pericolo svanisce all'orizzonte. L'attività di raccolta di informazioni, che devo a Cavour, è il vero motore di uno stato moderno. Chi la controlla, controlla lo Stato"
Paolo Vittorelli de la Morgiere, ex Capo dei servizi segreti piemontesi, memorie 1870

Il link per ordinare il libro su ibs.

I traditori - pagina 558, 559

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