22 febbraio 2016

Presa diretta – la fabbrica del vino

Raffaella Pusceddu per Presa diretta ha girato l'Italia per raccontarci di come viene “fabbricato” il vino, quali sostanze vengono introdotte e quali rischi stiamo correndo per la nostra salute e anche per l'ambiente.
Il viaggio è partito da Siena, patria del Brunello di Montalcino: solo qui si può produrre questo vino pregiato, ma siccome il mercato chiede più bottiglie, alcune aziende hanno chiesto al consorzio di aggiungere anche uva merlot, per aumentarne la produzione.
L'assemblea del consorzio ha detto no: l'uva deve essere sangiovese e deve essere imbottigliato qui,affinché si possa chiamare Brunello.

C'è un grande controllo sui vitigni che arrivano alle cantine: la finanza mette dei posti di blocco, per bloccare ingressi irregolari. Sette anni fa era già scoppiato lo scandalo del “brunello taroccato”, con dentro nomi importanti. Nel 2014 c'era stata un'altra truffa: la GDF aveva arrestato un enologo che fabbricava falso brunello.
Tutto questo fa capire l'attenzione che c'è attorno al nostro “oro rosso” del Brunello, un mercato che fattura centinaia di milioni per di 13.193.000 bottiglie.

La fabbrica del vino.
Il settore della viticoltura fattura ogni anno 9,5 miliardi: per capire in che modo viene controllato questo settore, la giornalista è partita dai machi DOP.
Come si da la patente Docg? Raffaella Pusceddu è andata a vedere come lavora il signor Colleoni nella zona del Chianti: nonostante rispetti tutte le norme stabilite dal consorzio, non ha passato l'esame di degustazione. Al secondo passaggio in commissione il vino ha preso la Docg.

La giornalista ha incontrato un altro produttore di Chianti che non usa additivi e che pure non hanno passato il vaglio della commissione di degustazione: alla fine il vino dell'azienda Piacina non si chiamerà Chianti, perché la famiglia si è stancata di presentarsi alla commissione.
Alla giornalista spiega la realtà: “L'economia spinge per fare grandi numeri e Chianti da valore aggiunto , ma questo si sta sprecando. Forse conviene produrre la metà e vendere al doppio..”.

Ma a cosa serve il vaglio della commissione per la degustazione?
Daniela Scrovogna è un sommelier: ha gustato i due vini, di Piacina e Colleoni e li ha giudicati positivamente.
La DOCG regola non la qualità, ma la composizione dei prodotti: c'è il rischio che queste vadano a favore dei grandi produttori.
Per avere la denominazione, il Chianti deve avere un certo colore e un certo sapore. Ma così non si valorizza il prodotto, dal punto di vista della qualità.

Il presidente del Consorzio Chianti, Busi, ha raccontato come nel 2013 il vino è stato venduto dopo pochi mesi dalla produzione per esigenze di mercato. E la qualità del vino?
Il mercato detta legge, ammette Busi. Ma la qualità è assicurata.
Ma in questi anni i costi del Chianti sono crollati: si riesce a fare Chianti a 2 euro? È legale, è vero, ma a discapito dei produttori piccoli.

2 euro sono solo i costi di base: bottiglia, la capsula .. Alcuni si sono ribellati a questa situazione: nell'Oltrepò pavese 35 produttori hanno abbandonato il consorzio.
La politica del consorzio era favorevole alla grande produzione, ma insostenibile per i piccoli: in questi anni si è distrutta una serie di vini, come la Bonarda.

A dettare legge era l'azienda vinicola Terre d'Oltrepò: nel 2014 è finita sotto inchiesta, per aver spacciato falso vino dop per anni. Sotto inchiesta ci sono sia i vertici dell'azienda, alcuni produttori: tutto avveniva alla luce del sole, senza che il consorzio se ne accorgesse?
Dopo lo scandalo il Pinot Grigio si fa fatica a vendere, si è distrutta la fiducia nei vini dell'Oltrepò.

Conegliano Valdobbiadene, la patria del Prosecco: l'esportazione di questa qualità di vino è cresciuta in pochi anni di più del 100%, e servirebbe sempre più viti per soddisfare le richieste del mercato.
Sulle colline trovi “fabbriche di prosecco” , così le chiama un giornalista del posto a Raffaella Pusceddu: in pochi anni hanno sbancato le colline per creare i vigneti, si parla di 1000 ettari in più, di nuovi vigneti, tutto a norma di legge.

Significa 80 100 trattamenti l'anno, tra aprile ed agosto: una nube che da fastidio a chi vive a fianco dei vigneti che si deve chiudere in casa, per evitare la nube dei trattamenti sparati da un cannone, come i pesticidi.
Nessuno dei contadini mette cartelli per avvisare i residenti per tempo” racconta un signore che vive vicino ai vitigni, “siamo costretti a stare in trincea”.
Per anni i pesticidi venivano irrorati perfino da un elicottero..

D'estate, quando ci sono i trattamenti, la gente del posto non può vivere fuori casa: “stiamo distruggendo il territorio per vendere il vino in Cina”, si lamenta un altro dei residenti.
Viti vicino alle case dove giocano i bambini e perfino alle scuole: nei terreni si trovano tracce di pesticidi, peggio che nelle zone industriali, perché almeno le aziende hanno dei vincoli.
I signori che fanno i trattamenti sono bardati: ma chi abita a fianco dei vitigni che sicurezze ha, che questi prodotti non siano dannosi?

Quali sono gli effetti dell'esposizione ai pesticidi?
Quali sono i pesticidi che si possono usare secondo il consorzio: insetticidi, funghicidi, erbicidi, alcuni dei quali sono considerati come pericolosi.
È pericoloso vivere vicino in queste zone? Il professor Mantovani dell'Efsa spiega che si, è pericoloso e per questo Efsa ha studiato nuove linee guida per queste sostanze.
Ancora non ci sono studi approfonditi, spiega, perché questi pesticidi sono nuovi.

Il presidente del consorzio si è difeso dicendo che le sostanze usate sono ammesse dal ministero: stanno monitorando la situazione per controllare cosa rimane dei pesticidi nel vino.
Gli stessi produttori sono consapevoli che i trattamenti devono essere fatti al minimo e solo quando serve: ma l'ultimo dossier di Legambiente lancia un allarme, sui residui che rimangono nel vino che beviamo.
A volte al di sotto della soglia consentita: la giornalista ha fatto analizzare diverse bottiglie di Prosecco prese dai supermercati, e solo una non aveva residui.
Residui sotto il limite massimo, ma sommati la superano: è un problema che va monitorato, racconta Mantovani.

Oltre ai pesticidi cosa c'è del vino? I solfiti, ma sono evidenziati nell'etichetta solo se sopra una certa soglia: ci sono poi altre 60 sostanze che si possono mettere, come l'albumina, coloranti, stabilizzanti, anti agglomeranti, la gomma di cellulosa, arginato di calcio,aromi additivi …

Tutti rassicurano, ma nelle cantine la giornalista ha trovato sacchi con lieviti, gommarabica .. Tutto naturale, anche qui.

L'enologo Montes è un appassionato di vino: nel vino ci possono essere 60 coadiuvanti che non si devono dichiarare. Tannini, lieviti, aromi: come sopra, è tutto legale ma si dovrebbe obbligare le aziende a dichiararle. Queste concessioni alle aziende nascono dall'esigenza di fabbricare grandi quantità di vino.
Siamo sicuri, come dice l'enologo Franco Giacosa, che questi additivi sono usati solo per vini di bassa qualità?

Il wine kit: il vino fai date.
Se i casi raccontati prima raccontano di vini d'uva con degli additivi, che singolarmente non creano problemi di salute, la storia del Wine kit va in direzione proprio del vino prodotto in modo chimico.
Una ditta di Reggio Emilia finisce sotto inchiesta per aver venduto kit per produrre in casa del vino. Il kit era venduto in Canada attraverso internet: l'inchiesta è potuta partire (e le condanne arrivare) perché il kit partiva dall'Italia, se fosse avvenuto solo all'estero non si poteva fare niente, perché in Europa è tutto concesso.
Oltre al danno economico per l'Italia (che a quanto pare interessa a pochi) anche le qualità del vino lascia a desiderare: all'aspetto sembra normalissimo vino, ma non c'è odore, sa di chimica.

Proprio come un prodotto di fabbrica.

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