Oggi a Sesto S Giovanni ci sarà un presidio dei dipendenti di ABB, Alstom e General Electric: aziende finite in mano a multinazionali che in questo momento stanno portando la produzione fuori dall'Italia.
Questo succede nell'Italia del jobs act dove i numeri dell'Istat sull'occupazione sono usati come arma nei confronti dei pochi gufi rimasti.
L'informazione, abbandonato il ruolo di cane da guardia sempre più si è trasformata in cassa da risonanza dello storytelling: non racconterà delle persone di Alstom, ma darà enfasi ai 400mila posti di lavoro creati: non cacconterà del boom dei voucher lavoro, lo strumento usato per nascondere il nero, non racconterà del boom delle nuove attivazioni a fine 2015 (specie al sud).
Su tweet il presidente del consiglio:
"+764mila contratti stabili nel primo anno di #Jobsact.Amici gufi, siete ancora sicuri che non funzioni?".
No, non funziona, perché basterebbe avere una visione analitica dei dati: finiti gli sgravi cosa ne sarà di questi contratti (che non sono solo nuovi posti di lavoro) che non hanno nemmeno il deterrente dell'articolo 18?
Le multinazionali se ne vanno, i colossi di internet patteggiano le multe col fisco, i nuovi contratti sono drogati dagli incentivi, i ricercatori italiani per poter mettere a frutto le loro competenze devono andare all'estero.
Ma l'informazione continuerà a raccontare dei pugni sul tavolo di Renzi in Europa, del M5S che affossa la legge Cirinnà, dei miracoli delle riforme.
E tutti vissero felici e contenti.
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