Notoriamente l'Italia è uno dei paese
dove si legge di meno in Europa, anche tenendo nel paniere dei libri
le barzellette di Totti e i libri della Littizzetto. Figuriamoci
allora quanto vengono letti i saggi di filosofia e semiotica. Due
argomenti su cui il professor Umberto Eco era competente.
Come al solito noi italiani, che
spaziamo nei nostri ragionamenti dal calcio al bail in, abbiamo
voluto dire la nostra anche sull'opera di Eco.
Passi per i commentatori da bar.
Ma quelli che si sono riscoperti
semiologi di giornata, per usare una battuta (che Eco aveva un buon
sense of houmor) non hanno almeno provato un pizzico di vergogna?
Nel 2012 Eco era tra quelli che scesero
in campo per difendere la Costituzione dalle mani di Berlusconi.
In tempi non sospetti se l'era presa
con la rete e i social media che “danno diritto di parola a legioni
di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di
vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a
tacere: ora hanno diritto di parola di un premio Nobel”.
Sono quelli per cui Mussolini ci ha
dato le pensioni, col duce si dormiva con le porte aperte (come nel
romanzo di Sciascia, altro intellettuale che sapeva guardare
lontano), che quando c'era lui non si rubava..
Oppure la rete dove si annidano le
tigri da tastiera: grullini, pdioti, ladri, imbecilli ..
Abbiamo abbassato le tasse, le riforme
che rimettono in moto il paese, la Costituzione che sono 70 anno che
dovevamo cambiare, il cambio verso.
Gli hashtag, i ragionamenti ridotti a
140 caratteri, con sempre meno termini, semplici come uno spot del
Mulino Bianco.
Anni prima aveva intuito che la fortuna
della televisione che “aveva promosso lo scemo del villaggio
rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore”.
Ecco perché la gente seguiva Mike
Bongiorno ieri e i reality oggi. Che siano gieffini, chef, aspiranti
cantanti.
Mi chiedo se tutti quelli che hanno
citato di Eco la sua opera più famosa, Il nome della rosa, sanno che
questo libro parla di monaci dentro un monastero spaventati dal
sapere, dalla conoscenza e, in particolare, dal riso, dalla burla.
Qualcosa che avrebbe tolto allo stolto la paura, lo rendeva più
libero, perché il libro di Aristotele quello insegnava :
“ Il riso libera il villano dalla
paura del diavolo, perché nella festa degli stolti anche il diavolo
appare povero e stolto, dunque controllabile. Ma questo libro
potrebbe insegnare che liberarsi della paura del diavolo è sapienza.
Quando ride, mentre il vino gli gorgoglia in gola, il villano si
sente padrone, perché ha capovolto i rapporti di signoria: ma questo
libro potrebbe insegnare ai dotti gli artifici arguti, e da quel
momento illustri, con cui legittimare il capovolgimento. Allora si
trasformerebbe in operazione dell’intelletto quello che nel gesto
del villano è ancora e fortunatamente operazione del ventre. Che il
riso sia proprio dell’uomo è segno del nostro limite di
peccatori”.
[..]
“Ma la legge
si impone attraverso la paura, il cui nome vero è timor di Dio. E da
questo libro potrebbe partire la scintilla luciferina che
appiccherebbe al mondo intero un nuovo incendio..”
Ecco, tutto questo e altro ancora era e
sarà ancora Eco.
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