Raffaella Pusceddu per Presa diretta ha
girato l'Italia per raccontarci di come viene “fabbricato” il
vino, quali sostanze vengono introdotte e quali rischi stiamo
correndo per la nostra salute e anche per l'ambiente.
Il viaggio è partito da Siena,
patria del Brunello di Montalcino: solo qui si può produrre
questo vino pregiato, ma siccome il mercato chiede più bottiglie,
alcune aziende hanno chiesto al consorzio di aggiungere anche uva
merlot, per aumentarne la produzione.
L'assemblea del consorzio ha detto no:
l'uva deve essere sangiovese e deve essere imbottigliato qui,affinché
si possa chiamare Brunello.
C'è un grande controllo sui vitigni
che arrivano alle cantine: la finanza mette dei posti di blocco, per
bloccare ingressi irregolari. Sette anni fa era già scoppiato lo
scandalo del “brunello taroccato”, con dentro nomi importanti.
Nel 2014 c'era stata un'altra truffa: la GDF aveva arrestato un
enologo che fabbricava falso brunello.
Tutto questo fa capire l'attenzione che
c'è attorno al nostro “oro rosso” del Brunello, un mercato che
fattura centinaia di milioni per di 13.193.000 bottiglie.
La fabbrica del vino.
Il settore della viticoltura fattura
ogni anno 9,5 miliardi: per capire in che modo viene controllato
questo settore, la giornalista è partita dai machi DOP.
Come si da la patente Docg?
Raffaella Pusceddu è andata a vedere come lavora il signor Colleoni
nella zona del Chianti: nonostante rispetti tutte le norme
stabilite dal consorzio, non ha passato l'esame di degustazione.
Al secondo passaggio in commissione il vino ha preso la Docg.
La giornalista ha incontrato un altro
produttore di Chianti che non usa additivi e che pure non hanno
passato il vaglio della commissione di degustazione: alla fine il
vino dell'azienda Piacina non si chiamerà Chianti, perché la
famiglia si è stancata di presentarsi alla commissione.
Alla giornalista spiega la realtà:
“L'economia spinge per fare grandi numeri e Chianti da valore
aggiunto , ma questo si sta sprecando. Forse conviene produrre la
metà e vendere al doppio..”.
Ma a cosa serve il vaglio della
commissione per la degustazione?
Daniela Scrovogna è un
sommelier: ha gustato i due vini, di Piacina e Colleoni e li ha
giudicati positivamente.
La DOCG regola non la qualità, ma la
composizione dei prodotti: c'è il rischio che queste vadano a favore
dei grandi produttori.
Per avere la denominazione, il Chianti
deve avere un certo colore e un certo sapore. Ma così non si
valorizza il prodotto, dal punto di vista della qualità.
Il presidente del Consorzio Chianti,
Busi, ha raccontato come nel 2013 il vino è stato venduto dopo pochi
mesi dalla produzione per esigenze di mercato. E la qualità del
vino?
Il mercato detta legge, ammette Busi.
Ma la qualità è assicurata.
Ma in questi anni i costi del Chianti
sono crollati: si riesce a fare Chianti a 2 euro? È legale, è vero,
ma a discapito dei produttori piccoli.
2 euro sono solo i costi di base:
bottiglia, la capsula .. Alcuni si sono ribellati a questa
situazione: nell'Oltrepò pavese 35 produttori hanno
abbandonato il consorzio.
La politica del consorzio era
favorevole alla grande produzione, ma insostenibile per i piccoli: in
questi anni si è distrutta una serie di vini, come la Bonarda.
A dettare legge era l'azienda vinicola
Terre d'Oltrepò: nel 2014 è finita sotto inchiesta, per aver
spacciato falso vino dop per anni. Sotto inchiesta ci sono sia i
vertici dell'azienda, alcuni produttori: tutto avveniva alla luce del
sole, senza che il consorzio se ne accorgesse?
Dopo lo scandalo il Pinot Grigio si fa
fatica a vendere, si è distrutta la fiducia nei vini dell'Oltrepò.
Conegliano Valdobbiadene, la patria
del Prosecco: l'esportazione di questa qualità di vino è
cresciuta in pochi anni di più del 100%, e servirebbe sempre più
viti per soddisfare le richieste del mercato.
Sulle colline trovi “fabbriche di
prosecco” , così le chiama un giornalista del posto a
Raffaella Pusceddu: in pochi anni hanno sbancato le colline per
creare i vigneti, si parla di 1000 ettari in più, di nuovi vigneti,
tutto a norma di legge.
Significa 80 100 trattamenti
l'anno, tra aprile ed agosto: una nube che da fastidio a chi vive
a fianco dei vigneti che si deve chiudere in casa, per evitare la
nube dei trattamenti sparati da un cannone, come i pesticidi.
“Nessuno dei contadini mette
cartelli per avvisare i residenti per tempo” racconta un
signore che vive vicino ai vitigni, “siamo costretti a stare in
trincea”.
Per anni i pesticidi venivano irrorati
perfino da un elicottero..
D'estate, quando ci sono i trattamenti,
la gente del posto non può vivere fuori casa: “stiamo
distruggendo il territorio per vendere il vino in Cina”, si
lamenta un altro dei residenti.
Viti vicino alle case dove giocano i
bambini e perfino alle scuole: nei terreni si trovano tracce di
pesticidi, peggio che nelle zone industriali, perché almeno le
aziende hanno dei vincoli.
I signori che fanno i trattamenti sono
bardati: ma chi abita a fianco dei vitigni che sicurezze ha, che
questi prodotti non siano dannosi?
Quali sono gli effetti
dell'esposizione ai pesticidi?
Quali sono i
pesticidi che si possono usare secondo il consorzio: insetticidi,
funghicidi, erbicidi, alcuni dei quali sono considerati come
pericolosi.
È pericoloso
vivere vicino in queste zone? Il professor Mantovani dell'Efsa
spiega che si, è pericoloso e per questo Efsa ha studiato nuove
linee guida per queste sostanze.
Ancora non ci sono
studi approfonditi, spiega, perché questi pesticidi sono nuovi.
Il presidente del
consorzio si è difeso dicendo che le sostanze usate sono ammesse dal
ministero: stanno monitorando la situazione per controllare cosa
rimane dei pesticidi nel vino.
Gli stessi
produttori sono consapevoli che i trattamenti devono essere fatti al
minimo e solo quando serve: ma l'ultimo dossier di Legambiente
lancia un allarme, sui residui che rimangono nel vino che beviamo.
A volte al di
sotto della soglia consentita: la giornalista ha fatto analizzare
diverse bottiglie di Prosecco prese dai supermercati, e solo una
non aveva residui.
Residui sotto il
limite massimo, ma sommati la superano: è un problema che va
monitorato, racconta Mantovani.
Oltre ai
pesticidi cosa c'è del vino? I solfiti, ma sono evidenziati
nell'etichetta solo se sopra una certa soglia: ci sono poi altre 60
sostanze che si possono mettere, come l'albumina, coloranti,
stabilizzanti, anti agglomeranti, la gomma di cellulosa, arginato di
calcio,aromi additivi …
Tutti rassicurano,
ma nelle cantine la giornalista ha trovato sacchi con lieviti,
gommarabica .. Tutto naturale, anche qui.
L'enologo Montes
è un appassionato di vino: nel vino ci possono essere 60 coadiuvanti
che non si devono dichiarare. Tannini, lieviti, aromi: come sopra, è
tutto legale ma si dovrebbe obbligare le aziende a dichiararle.
Queste concessioni alle aziende nascono dall'esigenza di
fabbricare grandi quantità di vino.
Siamo sicuri, come
dice l'enologo Franco Giacosa, che questi additivi sono usati solo
per vini di bassa qualità?
Il wine kit: il vino fai date.
Se i casi
raccontati prima raccontano di vini d'uva con degli additivi, che
singolarmente non creano problemi di salute, la storia del Wine kit
va in direzione proprio del vino prodotto in modo chimico.
Una ditta di
Reggio Emilia finisce sotto inchiesta per aver venduto kit per
produrre in casa del vino. Il kit era venduto in Canada attraverso
internet: l'inchiesta è potuta partire (e le condanne arrivare)
perché il kit partiva dall'Italia, se fosse avvenuto solo all'estero
non si poteva fare niente, perché in Europa è tutto
concesso.
Oltre al danno
economico per l'Italia (che a quanto pare interessa a pochi) anche le
qualità del vino lascia a desiderare: all'aspetto sembra
normalissimo vino, ma non c'è odore, sa di chimica.
Proprio come un
prodotto di fabbrica.
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