La tassa rosa
Le donne devono pagare di più per uno
stesso prodotto: è quello che emerge dall'inchiesta che apre la
puntata di Report, si chiama la “tassa rosa”.
Le aziende puntano sul fatto che le
donne sono più propense a spendere, lo stato ci guadagna e non
vigila su questa discriminazione al femminile che non riguarda solo
scarpe o profumi.
Ma anche prodotti come assorbenti:
abbiamo abbassato la tassa sui tartufi ma paghiamo gli assorbenti più
cari, bella idiozia.
LE donne hanno il corpo calloso, hanno
più connessioni rispetto al cervello dell'uomo: le pensano tutte le
persone del marketing, per far vendere i prodotti e attirare
l'attenzione di un prodotto, puntando sui dettagli.
Beatrice Brignone e Pippo Civati hanno
raccontato della loro battaglia per abbassare le tasse sugli
assorbenti: ad ogni emendamento veniva risposto che non c'erano le
coperture, ma avevano calcolato una spesa di circa 50 ml di euro.
Quello che non è fatto in Italia si è
fatto invece alla Canarie: sono beni di necessità per le donne,
dunque perché pagarli di più?
Laura Castelli (M5S) ha dato la colpa
all'Europa, i paesi che hanno ridotto l'iva hanno preso una sanzione
… peccato non fosse vero, nessun paese è stato sanzionato per aver
abbassato l'iva.
Vice ministra Castelli, abbassi l'IVA
per gli assorbenti!!
L'etichetta - L'ipocrisia sulle pellicce
Per capire in quali condizioni sono
allevati i visoni e le volpi in Finlandia, i giornalisti devono
muoversi di notte, di nascosto: dentro le gabbie si vedono visoni
enormi, più grandi di quello che dovrebbero essere.
Eppure tutte le volpi e i visoni che
arrivano da questo paese e che ornano i capi dell'alta moda
(Woolrich, Moncler, Loro Piana ..) sono etichettate e il cliente
viene rassicurato che derivano da allevamenti etici.
Qual è il vero prezzo di questi capi,
all'origine? Siamo sicuri che gli allevamenti sono etici e
sostenibili?
Tutto questo è etica o etichetta?
Alcuni marchi hanno rinunciato ad usare
pelliccerie sui loro capi, altri invece si nascondono dietro la
tracciabilità della filiera, sulla garanzia etica degli allevamenti
scandinavi.
Sagafurs è l'azienda che importa le
pellicce dalla Finlandia e li rivende ai marchi di moda: si basano
sul protocollo Welfur, per certificare gli allevamenti.
Queste certificazioni sono arrivate
dopo lo scandalo dei cani procioni cinesi che venivano uccisi a
bastonate oppure scuoiati vivi.
E' capitato anche che pellicce di cane
fossero spacciate per pellicce di cani procioni ..
Moncler Loro Piana, Woolrich sostengono
di ricorrere a pellicce etiche, perché si fidano della garanzia di
Sagafurs: ma Emanuele Bellano è andato a vedere come lavorano gli
allevamenti Sagafurs, molti dei quali dislocati a nord est del paese.
Non amano le visite dei giornalisti,
gli allevatori: alcuni di loro minacciano di chiamare la polizia e,
si sa, nelle comunità piccole, da che parte sta la legge.
Così Emanuele Bellano ha dovuto fare
il suo lavoro di giornalista di notte: volpi enormi e grasse in
piccole gabbie, dovrebbero pesare tra 3 e 4 kg, mentre queste pesano
anche 15 kg.
Altro allevamento, ma stessa storia:
gabbie anguste dove gli animali si muovono a fatica, sottoposto ad
uno stress enorme, uccise con uno scossa elettrica, che non è
proprio una morte etica.
Sagafurs è una società quotata in
borsa, dovrebbe controllare e fare audit in caso di violazioni, se ci
sono sofferenze sugli animali. Ma saranno mai andati a controllare
questi allevamenti?
Di chi è Sagafurs? L'indirizzo è lo
stesso di Profur, associazione degli allevatori di pellicce che
possiede Sagafur al 73%. Insomma il certificatore che certifica se
stesso.
Non che in Italia le cose siano
migliori: le gabbie sono state re introdotte nel 2008, piccole e
strette.
Gabbie strette anche in Finlandia, dove
i visoni vivono così stretti che si mordono tra di loro.
Bellano ha chiesto conto a
Confindustria Moda, al presidente Scarpella, a cui ha mostrato le
immagini scattate: non sono allevamenti etici, non rispettano il
benessere degli animali, ammette il presidente.
Nel frattempo i capi che arrivano da
Sagafurs continuano ad arrivare in Italia ai fornitori: sono capi che
costano ai marchi da 25 a 30 euro a capo e che nelle boutique costano
dieci volte di più.
Woolrich ha scritto a Report spiegando
che farà delle indagini, lo stesso Moncler: gli altri capi o hanno
diffidato addirittura Report dal mandare in onda il servizio.
Giulio Valesini ha incontrato uno
specialist delle protesi: ho impiantato molte protesi non a
norma, per truffare il sistema sanitario, usando codici di altri
prodotti a gara, per spendere meno di quanto si poi si chiede allo
stato come rimborso.
Come montare la gomma di una 500 su un
trattore – racconta lo specialist.
Un danno allo Stato e anche un danno al
paziente: sulle cartelle cliniche viene riportato il falso, viene
indicato un codice di un dispositivo diverso da quello poi
impiantato.
MA perché nessuno controlla? Non ha
controllato la caposala, non ha controllato il chirurgo, in questi
casi.
Alcuni di questi device sarebbero
quelli distribuiti da una società di un imprenditore italiano,
Natali: un sistema diffuso nei sistemi ortopedici e chirurgici,
pagherebbero delle caposala e dei medici con viaggi all'estero e
biglietti delle partite di calcio.
HD è un fornitore di un ospedale e poi
i medici dell'ospedale vanno a fare un congresso (non una vacanza, mi
raccomando) a Cuba. Tutto regolare?
La gola profonda del sistema racconta
anche di device scaduti impiantati dentro persone: tanto nessuno
controlla.
Nessuno controlla le situazioni da
conflitto di interesse, come quelle di cui ha raccontato Valesini, a
Tor Vergata, con una storia di marito e moglie.
Arezzo è la città dove si operano le
persone con mal di schiena: di turismo di mal di schiena si tratta,
cliniche private che operano con un rimborso da parte del sistema
sanitario pubblico.
Il Centro Chirurgico Toscano è passato
da 1 a 6 milioni di euro, per questo turismo: qui prendono chirurghi
da Roma che qui si portano pazienti, il tutto perché nelle regioni
c'è un tetto sui impianti rimborsati.
Quando si porta un paziente fuori dalla
propria regione si può sforare il tetto dei rimborsi: una sorta di
lavoro a cottimo che conviene ai medici che spingono per questi
interventi inappropriati.
Alla fine la regione Toscana ha detto
basta, tagliando questi interventi.
Il giro d'affari dei turisti col mal di
schiena è ampio: solo il Lazio ha speso 22,5ml di euro, il 56% di
questi è andato in Toscana.
Dietro i dolori alla schiena, per
l'artrosi, ci sono grossi interessi: studi recenti sostengono però
che non ci sono evidenze per cui l'intervento sia migliore della cura
conservativa.
Spesso, insomma, le protesi sono
impiantate senza necessità: anche questa è l'avidità di molti
medici chirurghi.
E poi le casse della sanità pubblica
sono in rosso.
Le protesi ruvide provocherebbero un
raro tipo di linfoma (ALCL): in Francia si è aperto un dibattito su
di queste protesi, lo stesso sta succedendo in America.
E in Italia?
Le normative garantiscono le donne che
si sottopongono a questi interventi al seno? No, la risposta del
chirurgo.
ANSM, la società che vigila su questi
dispositivi ha convocato medici e rappresentanti delle aziende che
producono protesi per approfondire il tema.
Le autorità francesi raccomandano di
non usare le protesi ruvide e non hanno rinnovato il certificato CEE
della Allergan.
IL nostro ministero ha scelto di non
prendere una posizione: “le nostre sono decisioni mondiale” ha
risposto la direttrice generale del settore dispositivi medici nel
ministero.
Il linfoma si può presentare anche
dopo anni dall'intervento: è opportuno che la diagnosi sia fatta il
prima possibile, appena arrivano i primi sintomi.
Pare che i test di compatibilità non
siano stati fatti per le protesi rugose: ma il corpo umano reagisce
in modo diverso a secondo della superficie della protesi, racconta la
dottoressa Farè del Politecnico di Milano.
Servono prove certe, per capire la
correlazione tra il linfoma e le protesi “macro testurizzate”,
mentre le autorità sanitarie preferiscono aspettare per non far
crescere il panico.
Il giornalista ha poi raccontato lo
scandalo delle protesi Pip in Francia, costruite con silicone
scadente, che avevano passato i blandi controlli, che spesso erano
concordati.
Erano protesi che spesso si rompevano:
quando è esploso lo scandalo, in Italia mancavano le liste delle
donne su cui erano state impiantati.
Il registro degli impianti, dove
dovrebbe esserci scritto il nome del prodotto, del paziente, come
stabilito dal decreto del ministro Balduzzi del 2012, non è
stato fatto.
La politica non impara mai, racconta il
dottor Santanché.
Il registro obbligatorio esiste in
Olanda ed è un modello: noi per applicare i decreti abbiamo
impiegato 5 anni e la direttrice del ministero ha guardato al mondo.
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