26 marzo 2019

Report – la tassa rosa, le etichette sulle pellicce e i rischi con le protesi

La tassa rosa

Le donne devono pagare di più per uno stesso prodotto: è quello che emerge dall'inchiesta che apre la puntata di Report, si chiama la “tassa rosa”.
Le aziende puntano sul fatto che le donne sono più propense a spendere, lo stato ci guadagna e non vigila su questa discriminazione al femminile che non riguarda solo scarpe o profumi.
Ma anche prodotti come assorbenti: abbiamo abbassato la tassa sui tartufi ma paghiamo gli assorbenti più cari, bella idiozia.

LE donne hanno il corpo calloso, hanno più connessioni rispetto al cervello dell'uomo: le pensano tutte le persone del marketing, per far vendere i prodotti e attirare l'attenzione di un prodotto, puntando sui dettagli.

Beatrice Brignone e Pippo Civati hanno raccontato della loro battaglia per abbassare le tasse sugli assorbenti: ad ogni emendamento veniva risposto che non c'erano le coperture, ma avevano calcolato una spesa di circa 50 ml di euro.

Quello che non è fatto in Italia si è fatto invece alla Canarie: sono beni di necessità per le donne, dunque perché pagarli di più?
Laura Castelli (M5S) ha dato la colpa all'Europa, i paesi che hanno ridotto l'iva hanno preso una sanzione … peccato non fosse vero, nessun paese è stato sanzionato per aver abbassato l'iva.

Vice ministra Castelli, abbassi l'IVA per gli assorbenti!!


Per capire in quali condizioni sono allevati i visoni e le volpi in Finlandia, i giornalisti devono muoversi di notte, di nascosto: dentro le gabbie si vedono visoni enormi, più grandi di quello che dovrebbero essere.
Eppure tutte le volpi e i visoni che arrivano da questo paese e che ornano i capi dell'alta moda (Woolrich, Moncler, Loro Piana ..) sono etichettate e il cliente viene rassicurato che derivano da allevamenti etici.
Qual è il vero prezzo di questi capi, all'origine? Siamo sicuri che gli allevamenti sono etici e sostenibili?

Tutto questo è etica o etichetta?
Alcuni marchi hanno rinunciato ad usare pelliccerie sui loro capi, altri invece si nascondono dietro la tracciabilità della filiera, sulla garanzia etica degli allevamenti scandinavi.
Sagafurs è l'azienda che importa le pellicce dalla Finlandia e li rivende ai marchi di moda: si basano sul protocollo Welfur, per certificare gli allevamenti.
Queste certificazioni sono arrivate dopo lo scandalo dei cani procioni cinesi che venivano uccisi a bastonate oppure scuoiati vivi.
E' capitato anche che pellicce di cane fossero spacciate per pellicce di cani procioni ..

Moncler Loro Piana, Woolrich sostengono di ricorrere a pellicce etiche, perché si fidano della garanzia di Sagafurs: ma Emanuele Bellano è andato a vedere come lavorano gli allevamenti Sagafurs, molti dei quali dislocati a nord est del paese.

Non amano le visite dei giornalisti, gli allevatori: alcuni di loro minacciano di chiamare la polizia e, si sa, nelle comunità piccole, da che parte sta la legge.

Così Emanuele Bellano ha dovuto fare il suo lavoro di giornalista di notte: volpi enormi e grasse in piccole gabbie, dovrebbero pesare tra 3 e 4 kg, mentre queste pesano anche 15 kg.
Altro allevamento, ma stessa storia: gabbie anguste dove gli animali si muovono a fatica, sottoposto ad uno stress enorme, uccise con uno scossa elettrica, che non è proprio una morte etica.
Sagafurs è una società quotata in borsa, dovrebbe controllare e fare audit in caso di violazioni, se ci sono sofferenze sugli animali. Ma saranno mai andati a controllare questi allevamenti?

Di chi è Sagafurs? L'indirizzo è lo stesso di Profur, associazione degli allevatori di pellicce che possiede Sagafur al 73%. Insomma il certificatore che certifica se stesso.

Non che in Italia le cose siano migliori: le gabbie sono state re introdotte nel 2008, piccole e strette.
Gabbie strette anche in Finlandia, dove i visoni vivono così stretti che si mordono tra di loro.

Bellano ha chiesto conto a Confindustria Moda, al presidente Scarpella, a cui ha mostrato le immagini scattate: non sono allevamenti etici, non rispettano il benessere degli animali, ammette il presidente.

Nel frattempo i capi che arrivano da Sagafurs continuano ad arrivare in Italia ai fornitori: sono capi che costano ai marchi da 25 a 30 euro a capo e che nelle boutique costano dieci volte di più.

Woolrich ha scritto a Report spiegando che farà delle indagini, lo stesso Moncler: gli altri capi o hanno diffidato addirittura Report dal mandare in onda il servizio.


Giulio Valesini ha incontrato uno specialist delle protesi: ho impiantato molte protesi non a norma, per truffare il sistema sanitario, usando codici di altri prodotti a gara, per spendere meno di quanto si poi si chiede allo stato come rimborso.

Come montare la gomma di una 500 su un trattore – racconta lo specialist.
Un danno allo Stato e anche un danno al paziente: sulle cartelle cliniche viene riportato il falso, viene indicato un codice di un dispositivo diverso da quello poi impiantato.

MA perché nessuno controlla? Non ha controllato la caposala, non ha controllato il chirurgo, in questi casi.
Alcuni di questi device sarebbero quelli distribuiti da una società di un imprenditore italiano, Natali: un sistema diffuso nei sistemi ortopedici e chirurgici, pagherebbero delle caposala e dei medici con viaggi all'estero e biglietti delle partite di calcio.

HD è un fornitore di un ospedale e poi i medici dell'ospedale vanno a fare un congresso (non una vacanza, mi raccomando) a Cuba. Tutto regolare?

La gola profonda del sistema racconta anche di device scaduti impiantati dentro persone: tanto nessuno controlla.
Nessuno controlla le situazioni da conflitto di interesse, come quelle di cui ha raccontato Valesini, a Tor Vergata, con una storia di marito e moglie.

Arezzo è la città dove si operano le persone con mal di schiena: di turismo di mal di schiena si tratta, cliniche private che operano con un rimborso da parte del sistema sanitario pubblico.
Il Centro Chirurgico Toscano è passato da 1 a 6 milioni di euro, per questo turismo: qui prendono chirurghi da Roma che qui si portano pazienti, il tutto perché nelle regioni c'è un tetto sui impianti rimborsati.

Quando si porta un paziente fuori dalla propria regione si può sforare il tetto dei rimborsi: una sorta di lavoro a cottimo che conviene ai medici che spingono per questi interventi inappropriati.

Alla fine la regione Toscana ha detto basta, tagliando questi interventi.

Il giro d'affari dei turisti col mal di schiena è ampio: solo il Lazio ha speso 22,5ml di euro, il 56% di questi è andato in Toscana.
Dietro i dolori alla schiena, per l'artrosi, ci sono grossi interessi: studi recenti sostengono però che non ci sono evidenze per cui l'intervento sia migliore della cura conservativa.
Spesso, insomma, le protesi sono impiantate senza necessità: anche questa è l'avidità di molti medici chirurghi.
E poi le casse della sanità pubblica sono in rosso.


Le protesi ruvide provocherebbero un raro tipo di linfoma (ALCL): in Francia si è aperto un dibattito su di queste protesi, lo stesso sta succedendo in America.
E in Italia?
Le normative garantiscono le donne che si sottopongono a questi interventi al seno? No, la risposta del chirurgo.

ANSM, la società che vigila su questi dispositivi ha convocato medici e rappresentanti delle aziende che producono protesi per approfondire il tema.
Le autorità francesi raccomandano di non usare le protesi ruvide e non hanno rinnovato il certificato CEE della Allergan.

IL nostro ministero ha scelto di non prendere una posizione: “le nostre sono decisioni mondiale” ha risposto la direttrice generale del settore dispositivi medici nel ministero.

Il linfoma si può presentare anche dopo anni dall'intervento: è opportuno che la diagnosi sia fatta il prima possibile, appena arrivano i primi sintomi.

Pare che i test di compatibilità non siano stati fatti per le protesi rugose: ma il corpo umano reagisce in modo diverso a secondo della superficie della protesi, racconta la dottoressa Farè del Politecnico di Milano.

Servono prove certe, per capire la correlazione tra il linfoma e le protesi “macro testurizzate”, mentre le autorità sanitarie preferiscono aspettare per non far crescere il panico.

Il giornalista ha poi raccontato lo scandalo delle protesi Pip in Francia, costruite con silicone scadente, che avevano passato i blandi controlli, che spesso erano concordati.
Erano protesi che spesso si rompevano: quando è esploso lo scandalo, in Italia mancavano le liste delle donne su cui erano state impiantati.
Il registro degli impianti, dove dovrebbe esserci scritto il nome del prodotto, del paziente, come stabilito dal decreto del ministro Balduzzi del 2012, non è stato fatto.

La politica non impara mai, racconta il dottor Santanché.
Il registro obbligatorio esiste in Olanda ed è un modello: noi per applicare i decreti abbiamo impiegato 5 anni e la direttrice del ministero ha guardato al mondo.

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