01 giugno 2009

Report Il male comune

Italia, Germania, Francia: un confronto sul tema delle politiche urbanistiche, ovvero sulla pianificazione dei nuovi insediamenti urbanistici, lo sfruttamento delle aree verdi, l’edilizia popolare e le infrastrutture che dovrebbero collegare queste aree.

Un confronto che mette in evidenza un fatto: l’assenza negli ultimi venti anni del controllo e di un unico progetto urbanistico a livello nazionale ha portato ad un modello di sviluppo che consuma il territorio. Letteralmente ci siamo mangiati milioni di ettari di verde (pari all’estensione del Lazio e dell’Abruzzo), per costruire nuovi quartieri fuori dalle città, quartieri dormitori, senza un reale collegamento di strade e mezzi pubblici.

Il tutto perchè l’unica legge urbanistica nazionale risale al 1942, e i comuni italiani oggi ricorrono sempre meno ai piani regolatori, e sempre più agli accordi di programma.Che sono accordi, spesso in deroga ai piani generali, in cui si assiste ad uno scambio: da una parte il costruttore privato che propone un cambio d’uso dei terreni (agricoli) , su cui intende costruire, e l’ente pubblico che da questa proposta incassa gli oneri di urbanizzazione.

Report mostrava quanto sta succedendo a Roma: nuovi quartieri nei sobborghi, dove arrivano tutti i cittadini in fuga dalla città, causa i prezzi troppo alti delle case. E ogni mattina la transumanza di persone costrette ad alzarsi all’alba per essere a Roma in orario.
Si è permesso la costruzione dei nuovi quartieri dormitori, e ora tutti noi paghiamo i costi: traffico, strade intasate, inquinamento, uno stile di vita che anziché migliorare peggiora. Chi ci guadagna? Sicuramente i costruttori di case.

E’ un sistema ben remunerativo, dove i guadagni su queste speculazioni sono alti. Da una parte perché i valori immobiliari sono scollegati ai redditi reali, dall’altra perché le tecniche di costruzione sono sempre le stesse da anni. In sostanza il giornalista che ha condotto l’inchiesta calcolava come il 50% del valore dell’immobile si trasforma in guadagno.
E nel frattempo , nonostante si continui a costruire, sempre più persone sono sfrattate dalla città. La domanda delle case è sempre alta.
Nonostante una stima catastale indichi in 8 milioni le case residue (escludendo quelle costruite abusivamente) , ci sono famiglie costrette ad abitare in scuole abbandonate, in ex strutture sanitarie (come quelle di Lady Asl nel Lazio).Questa speculazione ai danni della collettività (perché una cosa è chiara, la paghiamo noi) nasce dall’assenza di controlli, di un piano generale che indichi dove costruire, con che criteri, con che destinazione. Che imponga la costruzione solo in zone raggiunte dai mezzi pubblici, per evitare l’uso delle auto.

Cosa succede all’estero?
In Germania e in Francia
il comune e la regione sono ben presenti quando si decide di costruire. Non succedono cose come gli accordi di programma. All’estero si assiste alla densificazione abitativa nelle città e non la colonizzazione (stile Far west) delle periferie e dei terreni agricoli.Il costruttore non può affatto imporre uno scambio di destinazione d’uso dei terreni.I nuovi quartieri hanno marciapiedi, servizi, trasporti. Le città si girano con i mezzi o a piedi. È ben distinta la separazione tra città e campagna.

Non come da noi, dove passando da Milano all’Hinterland, o da Mestre a Padova, si scorre lo stesso panorama di centri commerciali, capannoni, villette, svincoli …

Soprattutto, all’estero, le case sono costruite per le tasche dei cittadini: altro che città della moda, Fiera City o cosa.
O come gli otto centri commerciali costruiti attorno a Fiumicino, che non stavano in nessun piano. O come la nuova città che Veneto City costruirà nei terreni circondati dal passante di Venezia: anche qui centri commerciali, centri fitness, centri direzionali, che porteranno al altro traffico. Alla fine servirà un passante per smaltire il traffico del passante.
Altre strade pagate con i soldi nostri.

E i terreni agricoli non ci saranno più, persi per sempre, coperti da un mare di cemento.Nonostante in Veneto ci siano più case del necessario …

Il modello urbanistico, teso al consumo del territorio, ha anche dei risvolti di mancanza di equità: permette a pochi di consumare terreni più del necessario. Oltre a non risolvere i problemi abitativi. Questo è quello che succede quando si associa la parola mercato a beni comuni come il territorio o la casa. Come mostrato nel capitolo della Scip.

Il caso della Scip.
Per fare cassa, il governo Berlusconi II, nel 2001, decise di cartolarizzare le case degli enti previdenziali. Venne costruita una società privata, la Scip, con questo compito.Il patrimonio pubblico divenne privato, dietro la Scip non si capiva bene chi ci fosse. Risultato: nel 2009 la Scip è stata liquidata con un buco di 1,720 miliardi di euro.

Oggi gli enti previdenziali sono costretti a ricomprarsi gli immobili; le banche, le società di rating, i palazzinari (le cui spese nei bilanci della Scip non sono state controllate né calmierate) ci hanno guadagnato. E gli affittuari delle case oggi vengono mandati per strada dagli sfratti.Un equilibro sociale si sta sgretolando, per la speculazione da una parte e per la sproporzione tra prezzi delle case e stipendi dall’altra. Oggi la cittadinanza è diventato un bene: una persona ha valore solo se serve, se può spendere.
La città diventa merce.
Chi può spendere diventa (o rimane) cittadino, gli altri vengono espulsi, messi ai margini, costretti ad occupare le case. Sono loro i delinquenti, non gli sciacalli del cemento.Questo succede in Italia. Questo non succede ad esempio in Germania, dove l’edilizia popolare è costruita nella città, andando a mescolare ceti, persone e famiglie in un'unica mescolanza.

Il sistema non può reggere: in Lombardia c’è un comune, Cassinetta Lombardo, il cui sindaco ha proposto un piano di crescita edilizia ad impatto zero. L’ex sindaco aveva finanziato la campagna elettorale con la vendita dei terreni per la costruzione di centri commerciali …

Dove vorreste vivere voi: nel verde o dentro i quartieri dormitori?

Fiorentino Sullo nel 1963 aveva fatto un Dl per contenere la speculazione edilizia: il pubblico doveva controllare l’uso dei terreni. La DC lo sconfessò e lo emarginò.Il primo e unico tentativo serio di fare i conti con la speculazione e con la domanda della casa:

Si trattava del primo e ultimo tentativo serio di fare i conti con i problemi della speculazione edilizia e finanziaria e del caotico sviluppo urbano che continua a tormentare il nostro paese. Il Ministro Sullo avrebbe voluto fare delle regole di interesse generale che permettessero a tutti l’accessibilità alla casa, senza dover vedere dei laureati precari che vanno a dormire nelle scuole. Alcuni storici legano la paura dell’intervento pubblico sul diritto ad edificare dei primianni 60 con l’inizio della strategia della tensione.
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