Incipit:
Che la giornata non sarebbe stata assolutamente cosa il commissario Salvo Montalbano se ne fece persuaso non appena raprì le persiane della càmmara da letto. Faceva ancora notte, per l'alba mancava almeno un'ora, però lo scuro era già meno fitto, bastevole a lasciar vedere il cielo coperto da dense nuvole d'acqua e, oltre la striscia chiara della spiaggia, il mare che pareva un cane pechinese. Dal giorno un cui in cane di quella razza, tutto infiocchettato, dopo un furioso scàracchio spacciato per abbaiare, gli aveva dolorosamente addentato un polpaccio, Montalbano chiamava così il mare quand'era agitato da folate brevi e fredde che provocavano miriadi di piccole onde sormontate da ridicoli pennacchi di schiuma. Il suo umore s'aggravò, visto e considerato che quello che doveva fare in matinata non era piacevole: partite per andare ad un funerale.La voce del violino è la storia di una giovane donna ammazzata dentro il suo villino di campagna, ma è anche una storia di scambi. Un violino di poco valore scambiato per un Guarneri dal valore inestimabile. Un guardone con qualche problema in testa scambiato per un assassino. Una scarpa scambiata per una bomba.
In mezzo a questi “scangi”, il commissario Montalbano, uno capace di capire le persone da uno sguardo, da una parola. Che considera l'omicidio la parte peggiore perché “devo abbandonare i fatti concreti ed inoltrarmi nella mente di un uomo, in quello che pensa. Un romanziere avrebbe la strada facilitata, ma io sono semplicemente un lettore di quelli che credo buoni libri”.
Investigatore all'antica, se vogliamo usare questa espressione. Lontano dai clichè moderni per cui è sufficiente raccogliere impronte e schizzi dalla scena del crimine per individuare il colpevole. Anzi, è proprio il suo astio per quelli della scientifica che lo porterà ad una prima estromissione dalle indagini.
Quelle della morte della bellissima Michela Licalzi, giovane bolognese sposata con un medico ma fedele al suo unico amante. Soffocata sul suo letto da qualcuno che l''ha lasciata nuda portandosi via tutto della donna, vestiti, documenti e i preziosi gioielli.
Un delitto passionale? Un ladro sorpreso dalla vittima? Il cugino di Michela, Emanuele Di Blasi, che si era invaghito di lei e che sempre le andava appresso?
Ad aiutare il commissario sarà un artista che ora per una malattia vive da eremita. E la voce di un violino, appunto, che gli permetterà di cogliere quel particolare strano, la nota dissonante, che la sua mente aveva visto sul luogo del crimine.
La voce del violino
"Gli parse che a un tratto il suono del violino diventasse una voce , una voce di fimmina, che domandava di essere ascoltata e capita. Lentamente ma sicuramente le note si stracangiavano in sillabe, anzi no, in fonemi, e tuttavia esprimevano una specie di lamento, un canto di pena antica che a tratti toccava punti di un'ardente e misteriosa tragicità.Questa commossa voce di fimmina diceva che c'era un segreto terribile che poteva essere compreso solo da chi sapeva abbandonarsi completamente al suono.Chiuse gli occhi, profondamente scosso e turbato. Ma dentro di se era magri stupito: come aveva fatto quel violino a cangiare così tanto di timbro dall'ultima volta che lo aveva sentito?"Nel racconto c'è spazio anche per raccontare della sua vita quotidiana: gli screzi con la fidanzata Livia per l'affidamento del piccolo Francois (il piccolo protagonista nel libro “Il ladro di merendine”), col questore Bonetti Alberighi (che ha una capigliatura con un grosso ciuffo ritorto in testa che ricorda certi “stronzi lasciati campagna campagna”).
E anche l'episodio delle manganellate agli operai e del suo essere “comunista arraggiato”:
“Niente sapi? Aieri a trentacinque operai del cementificio ci arrivò la carta della cassa integrazione. Stamattina hanno principiato a fare catunio, voci, pietre, cose così. Il direttore s'è appagnato e ha chiamato qua”.“E perché Mimì Augello c'è andato?”“Ma se il dottore l'ha chiamato d'aiuto!”“Cristo! L'ho detto e l'ho ripetuto cento volte. Non voglio che nessuno del commissariato s'immischi in queste cose!”Infine, le amare riflessioni di Montalbano, alla fine della storia. La storia di scangi:
“Ma che doveva fare il poviro dottore Augello?”“Ma che doveva fare il poviro dottore Augello?”“Smistava la telefonata all'arma, che quelli in queste cose ci bagnano il pane! Tanto, al signor direttore un altro posto glielo trovano. Quelli che restano al col culo a terra sono gli operai. E noi li pigliamo a manganellate?”.“Dottore, mi perdoni ancora, ma lei proprio comunista comunista è. Comunista arraggiato è”.
"Tutto era stato, fin dal principio, uno scangio dopo l'altro. Maurizio era stato scangiato per un assassino, la scarpa scangiata per un'arma, un violino scangiato con un altro e quest'altro scangiato per un terzo [..] ... Passato il ponrte fermò l'auto, ma non scese. C'era luce nella casa di Anna, sentiva che lei lo stava spettando. Si addrumò una sigaretta, ma arrivato a metà la gettò fora dal finestrino, rimise in moto, partì. Non era proprio il caso di aggiungere un altro scangio".La scheda del libro su ibs, e Amazon
Il sito di Vigata.
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