Incipit:
L'hanno costruito in una posizione strategica, su una collina a 250 metri sul livello del mare, sud della città. Dominava e controllava il traffico nello stretto di Messina.Forte Petrazza.È su due piani collegati da una rampa, nel piazzale d'ingresso. Vista dal mare, la struttura grigia e massiccia incuteva un certo rispetto. Forse per i quattro cannoni e sei obici che spuntavano dalle mura. E per numerose feritoie dalle quali potevano scaraventare in mare chissà quali ordigni.Chi entrava e usciva dallo stretto passava sotto la sua sorveglianza. Un tempo, alla fine dell'ottocento, era così. Nel 1980, era lo stesso, solo che gli obici non c'erano più. C'erano binocoli che scrutavano notte e giorni chi arrivava dal mare aperto e chi usciva in mare aperto.
Dopo Strage
(che si aggancia al finale di
questo libro, costituendone una continuazione), Loriano
Macchiavelli ritorna a raccontare in forma romanzata un altro dei
misteri d'Italia, la formula usata per chiamare gli atti
criminosi della nostra storia recente, rimasti senza mandanti e con
moventi oscuri.
Strage partiva dalla
bomba alla stazione di Bologna, esplosa il 2 agosto 1980, per
raccontare dei salotti dove si ritrovavano massoni e politici, dei
legami tra mafia e politica, utilizzando dei personaggi inventati che
si ritrovavano in storie più grandi di loro.
“Noi che gridammo al vento”
ha al centro la strage di Portella
della Ginestra, che viene raccontata attraverso i ricordi e
le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti alla strage che, dopo 36
anni (nella primavera del 1980), si ritrovano a Palermo e nel
paese di Piana degli Albanesi.
Ci sono Stella, nata e cresciuta
a Piana e poi trapiantata in Svizzera: all'inizio della storia non
sappiamo che mestiere faccia e perché dopo tanti anni sia scesa in
paese. Forse lavora in uno studio di costruzioni ma sappiamo che le
sue notti sono offuscate dagli incubi in cui sente ancora le raffiche
di quei mitra della banda di Salvatore Giuliano (e non solo della sua
banda ..).
Qui Stella incontra Vito, anche
lui nato a Piana e poi scappato via, per una fuga che l'ha poi
riportato alle sue origini, alla sua passione per i posti natii, la
rocciosa Kumeta e la magnifica Pizzuta, l'azulene usato per pitturare
i muri delle case, la masseria Ducco, il dialetto di origine albanese
usato dai contadini del posto (Arberesh).
Stella incontra in paese anche Eva e
Ditria, due amiche che la ospitano e che pure loro sono state
testimoni e vittime della strage. Ma dal paese non se ne sono mai
volute andare.
Ma ci sono anche altri personaggi nel
racconto, gli antagonisti: Ceschina (la ragazza che abbiamo
già incontrato in Strage)
e Antonino Bontà il capo mafia di Palermo, don Giuseppe
Agàte, vecchio capomafia testimone di un antico e scellerato patto
sottoscritto dagli americani con Cosa nostra nella seconda guerra
mondialle ..
E, infine, c'è 'u miricanu,
George, italo americano mandato dalle famiglie di Cosa nostra
americane in Sicilia con in mano dei documenti compromettenti, capaci
di mandare all'aria lo stato democratico.
Documenti che parlano di Portella
della Ginestra: la famosa lettera di Giuliano,
di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai tirato fuori, e altri
scritti del bandito in cui aveva indicato chi aveva sparato sui
contadini in festa e dei mandanti a volto scoperto della strage.
Politici della Democrazia Cristiana, ministri, monarchici. Alcuni dei
quali sopravvissuti fino all'oggi della narrazione, come Zombi:
Zombi sapeva.Zombi c'era, nel 1947.Zombi era già dentro gli ingranaggi poiù segreti della politica. Sapeva quanto e in che modo alcuni membri del governo e dei servizi nel '47 fossero implicati in quel maledetto imbroglio che, a distanza di anni, esattamente trentatre, faceva ancora paura.Sapeva dov'erano e quali i materiali compromettenti. Conosceva le capacità della mafia di interferire nei fatti politici italiani
La strage di Portella, quel 1 maggio
del 1947.
Avevo la bocca piena di solee di aria tiepida di primaveraquella mattina di maggio, su a Portellae avevo gli occhi pieni di gentee di canti, e di bandiere rosseche sventolavano orgogliose ed allegre
Comincia con questi versi la poesia di
Guccini, che termina con versi dove le persone che
erano saliti a Portella, per festeggiare assieme il 1 maggio,
dopo la guerra, dopo la miseria, dopo la fame, dopo il fascismo, si
sono trovati
“la bocca piena di terrae d’erba, e di sangue,e di sassi, di Portella della Ginestra”.
Portella è una ferita aperta,
perché ancora aperta è la ricerca della verità: la fine delle
illusioni per l'arrivo finalmente di una stagione di cambiamento, che
metteva fine a latifondo e soprusi, nei confronti dei contadini.
Festa gioiosa che fu interrotta dagli
spari, dalle granate, dalle raffiche del mitragliatore Breda di
Giuliano: sappiamo che a sparare c'erano anche militari addestrati
come quelli della X Mas, i mafiosi di S Giuseppe Jato e Pirittello.
Portella fu il primo segreto di Stato, il primo segreto
inconfessabile (forse ancora oggi) della classe politica: con la
strage di Portella della Ginestra si sperimentò per la prima volta
l'uso del terrore come arma politica per spaventare le persone, per
destabilizzare la situazione nell'ottica di stabilizzare in senso
conservatore la situazione politica e sociale.
Dopo la vittoria del blocco delle
sinistre in Sicilia alle elezioni regionali del 1947, dopo la scelta
per cui l'Italia doveva rimanere sotto l'influenza degli americani,
con la Democrazia Cristiana a guidare il paese e la mafia cui era
delegato la gestione del potere locale.
Lo raccontano Omero (uno che
potrebbe avere novant'anni o forse duemila e più, cieco per aver
visto troppo, le guerre, la miseria e la strage) e il Professore:
Alle elezioni del 20 aprile del 1947, il blocco del popolo ottenne la maggioranza. La mafia non poteva permetterlo. Neppure la classe politica.Il potere, Professore, il potere. Cosa non si fa per conservarlo. Crisi sociali, crisi economiche, connivenze politiche, clientelismo ..E il bandito Giuliano e la strage di Portella della Ginestra e la strategia della tensione con le sedi del sindacato e del partito incendiate, attivisti e innocenti ammazzati, caserme dei carabinieri attaccate, depistaggi ..La mia opinione, Professore, è che la perversa alleanza di quegli anni abbia fatto capire alla mafia, e anche alla politica, che la collaborazione con lo Stato è più conveniente della guerra.Ne sentiremo parlare negli anni a venire, Professore, senza arrivare alla verità. E ne porteremo i segni sulla nostra carne.
I
protagonisti della storia.
A
tutti i protagonisti di questa storia, che stiano dalla parte della
legalità o dell'illegalità (capiremo nel corso del libro come sia
labile questo confine), è stato tolto qualcosa.
Sono
le proprie radici, il proprio passato, la felicità dei giochi dei
bambini che è stata loro tolta: le raffiche di mitra che popolano
gli incubi di Stella, nascono da quel 1 maggio, in cui bambina di sei
anni, si è salvata dalla morte.
Vito,
pure lui dopo la strage se ne è andato per il mondo per poi tornare
al paese e scoprire che tutto quello che amava nella vita era lì.
Anche
a Ceschina, la protetta del boss Bontà, hanno tolto sei mesi della
sua vita di adolescente: rapita a quindici anni durante la prima
guerra di mafia, rimasta nascosta al buio dentro una tana, incatenata
ad un palo. Per uscire senza più lacrime da piangere e con la sola
volontà di vendicarsi.
Ma
Stella, Vito e Eva e Ditria si conoscevano da prima di questo loro
incontro: e sarà proprio l'andare indietro nella memoria e nelle
foto del passato che farà scoprire a Stella la causa dei suoi
incubi.
Ma
questo romanzo non ha al centro solo il passato dei protagonisti e le
loro ferite: è una storia di spie e intrighi, dove come si è
anticipato prima, il confine tra legale e illegale è sottile.
Come
alla fine della seconda guerra mondiale, anche ora in Sicilia è
tutto un pullulare di spie e di agenti di servizi, deviati per
natura.
Si
può essere uccisi o uccidere per dei documenti su cui poggia la
nostra traballante democrazia.
E
il finale di questa storia non è per nulla confortante: da Piana
degli Albanesi torneremo a Bologna:
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.20il cielo è un forno di pane pronto per la cotturascappare sul mare di questa pianura e poiapprodare a isole azzurre felici ma tu
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.21dicevi dicevi tu dicevi che hai bisogno di rifletterese in questi giorni le parole hanno un sensoanche fra noi
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.22d’accordo, non si può buttare via niented’altra parte non è possibile conservare tutto negli angoli dellamemoriasalvare l’indispensabile…Notizia, di Roberto Roversi
Che
fare allora, rassegnarsi al mistero, anche se è lì, a portata di
mano e più che un mistero di dovrebbe dire segreto?
Lasciare
che tutto scorri via, il dolore, le vite, la sofferenza, le angherie
e le ingiustizie nei confronti degli ultimi?
Ricordare,
portarsi dentro un pezzo della storia, come quella di Karushi,
il sindacalista ucciso dalla mafia negli anni '20:
Il primo sole lo fece splendere di luce.
Sfilò davanti a lui il pianto di Piana e dei tanti, partiti a piedi o a dorso di mulo, non appena il vento portò ai compagni il nostro grido.
Noi abbiamo sempre gridato al vento il nostro dolore.
La scheda del libro sul sito di Einaudi.
Altri riferimenti:
- Il film di Paolo Benvenuti Segreto di Stato
- Il blog di Giuseppe Casarrubea
- Lupara nera , di Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino.
- Lupara nera , di Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino.
- La “Santissima trinità” di Nicola Tranfaglia
- Quando la Sicilia fece guerra all'Italia, di Alfio Caruso