Guerra
all'Isis: il saggio di Aldo
Giannuli che racconta come fare, cosa fare, chi colpire nella
guerra all'Isis (alla Jihad in realtà) per evitare di ripetere gli
stessi errori.
Come quello di confondere Al Qaeda con
Isis: due strutture diverse con due leader diversi con, soprattutto,
obiettivi diversi.
Dal capitolo “L'ISIS e il
Califfato”:
Dal punto di vista politico, Al Qaeda non ha mai puntato ad una rivoluzione dal basso, quanto piuttosto a usare l'arma del terrorismo come supporto tattico alla sua manovra di penetrazione nelle classi dirigenti islamiche (e arabe in particolare). In effetti Al Qaeda ha sempre avuto un gruppo dirigente socialmente elevato e in più di un'occasione sono lampeggiate compiacenze e complicità di classi alte islamiche: dai comandi militari pakistani (e in particolare del servizio segreto), ad ambienti non distanti dalla famiglia reale saudita, a intellettuali egiziani, a uomini della finanza islamica in Europa.
[..]E' significativo che Al Qaeda non abbia mai giocato le sue carte sullo scontro diretto con le classi dirigenti nazionali arabe, ma sul «nemico lontano», cioè l'Occidente (gli Usa e poi l'Europa), mentre verso le prime ha avuto un atteggiamento «entrista» (se ci si passa l'uso di un termine proprio della tradizione politica europea). Conseguentemente a questa visione «globalista» dello scontro, Al Qaeda non ha mai puntato alla conquista di un grande spazio territoriale, da espandere per contiguità. Anche il caso dell'Afghanistan non smentisce questa impostazione , perché, in realtà, esso era più lo Stato dei talebani che di Al Qaeda e i rapporti tra loro non furono mai idilliaci.[..]Questo modello mutò in parte e poco dopo l'11 settembre.
[..]Sin qui il modello Al Qaeda che, come si vede, ha ben poco da spartire con un tentativo di insorgenza dal basso e si nutre piuttosto dell'azione coperta all'interno delle classi dirigenti: come dire che Al Qaeda non è stata le «Brigate Rosse che parlano in arabo», quanto piuttosto la «P2 che incontra alla moschea».Molto diverso, come si può constatare facilmente, il caso del progetto di al-Zarqawi che, sin dal suo sorgere come AQI [Al Qaeda Iraq] , ha avuto carattere di organizzazione di massa rigidamente centralizzata e con una ben precisa catena di comando. Un modello molto più vicino al partito leninista. D'altro canto si tratta di un modello funzionale a una strategia diversa, apertamente diretta contro le classi dirigenti nazionali e orientata alla conquista di ampi spazi territoriali tali da far nascere uno Stato. Come già accennato, la atattica della guerriglia di al-Zarqawi ha molti punti di contatto con la concezione di Mao e delle sue basi rosse, che avevano dimensioni ragguardevoli, tali da consentire la formazione di un vero e proprio esercito dotato di armi pesanti, una guerriglia che evolve verso la guerra regolare. Dunque, dove Al Qaeda cerca l'inserimento nelle classi dirigenti nazionali per orientarle nel senso voluto, l'ISIS punta a spaccarle per assorbirne una parte e combatterne l'altra.Quello che ha distinto la concezione di al-Zarqawi è, come si è detto, l'elasticità con cui la sua organizzazione passa dallo stato di clandestinità a quello di potere apertamente costituito e viceversa: nel 2006 le forze di AQI erano ad un passo dal concludere l'operazione «cintura di Baghdad» e prenderne la capitale, ma, con il sopraggiungere dei centotrentamila americani dell'operazione Surge, il gruppo tornò rapidissimamente nella clandestinità..[..]Questa sua grande flessibilità determina un'altra caratteristica fondamentale nella strategia zarqawiana: la sua «inclusività». Ci spieghiamo meglio. Come abbiamo detto inizialmente, la principale differenza strategica fra Al Qaeda e l'attuale ISIS stava nell'individuazione del nemico principale «lontano» per Al Qaeda, «vicino» per al-Zarqawi e, di conseguenza la prima si concentrava su grandi e spettacolari attentati, lungamente preparati oppure affidati alla spontaneità dei «lupi solitari», ma sempre in Occidente.Al contrario, AQI-ISIS si è sempre concentrata sul teatro mediorientale, ma sino al 2015, quando c'è stata una svolta.[..]Il 13novembre arriva la svolta con gli attentati di Parigi. L'ISIS non si è convertita alla linea di Al Qaeda che mira al nemico lontano, semplicemente ha incluso un'azione di quel tipo rendendola funzionale alla sua logica, che resta semnpre quella originaria. La svolta si era resa necessaria sia per «tagliare la strada» a un ritorno all'egemonia di Al Qaeda sul movimento islamista, sia per evitare di dare l'immagine di organizzazione che colpisce solo altri islamici.
Guerra
all'Isis, di Aldo Giannuli – Ponte delle Grazie
Gli errori che abbiamo fatto, perchè
rischiamo di perderla, che cosa fare per vincerla / Aldo Giannuli
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