Dopo Lupi, l'uomo di CL, l'uomo alle infrastrutture che ha pagato per il sistema Incalza e della lobby che ha gestito per anni le grandi opere e i grandi disastri del paese.
Dopo la storia del ministro per le riforme Boschi, con padre indagato e con il suo bel conflitto di interesse per la banca Etruria.
La storia del Cara di Mineo e del sottosegretario Castiglio che, se parlo, faccio cadere il governo.
Storia intrecciata all'inchiesta mafia capitale che ha raccontato l'intreccio tra cooperative rosse o bianche per l'accoglienza dei profughi, politica e criminalità. Gente che speculava sulla pelle degli immigrati e dei rom.
Storia che lambisce il ministro del lavoro Poletti immortalato a cena assieme a Buzzi e sodali.
Questo è il vero volto governo che fa le riforme che il paese aspettava da venti anni.
Un pezzo delle cooperative rosse, un pezzo di CL (le coop bianche), un pezzo di confindustria, un favore alle banche (specie quelle toscane), un favore ai padroni delle autostrade, un favore ai signori delle trivelle.
Non basta dire, "ma lei almeno si è dimessa" (anche la Idem, tra l'altro): questo governo che ha fatto finte riforme per cui non aveva nessun mandato dagli elettori, si sta rivelando ogni giorno per quello che è.
Via l'articolo 18 come chiedeva confindustria (e anche il demansionamento).
Via l'elezione diretta dei senatori e dei consigli provinciali.
La buona scuola con le assunzioni degli insegnanti precati, ma perché lo chiedeva l'Europa, tramite una sentenza della corte di giustizia.
La legge sul falso in bilancio col buco, tanto da consentire la via d'uscita ai soliti furbetti.
Le norme a contrasto dell'evasione che, di fatto, rendono più semplice la strada dell'evasione.
E gli asili, le scuole da ristrutturare, i soldi per le periferie, la legge sul conflitto di interessi, che fin han fatto?
Travaglio sul Fatto quotidiano del 1 aprile (pesce):
"Erano passate poche ore dall’ennesima smargiassata di Renzi alla conquista delle Americhe: “Ho fatto le riforme che andavano fatte vent’anni fa”. Poi la solita, benedetta intercettazione tra la ministra tecnica Federica Guidi e il fidanzato-imprenditore Gianluca Gemelli s’è incaricata di rammentare agli ingenui e agli smemorati cosa sono queste famose “riforme” che l’Italia –peraltro a sua insaputa– “attendeva da vent’anni ”: marchette ad personam, ad aziendam, ad bancam per ingrassare le solite lobby.L’inchiesta di Potenza svela mandanti e beneficiari di un emendamento al decreto Sblocca-Italia, prima scomparso poi risorto in Senato d’intesa con “Mariaele”, al secolo Maria Elena Boschi. Ma è facile immaginare cosa scopriremmo se le conversazioni dei ministri fossero tutte controllate: quello che il Fatto, senza intercettare nessuno ma facendo semplicemente l’analisi delle norme, racconta da tempo. E cioè che tutte le “riforme” di cui mena vanto questo governo minoritario nel Paese e in Parlamento (dove infatti deve acquistare voti in cambio di poltrone e favori) sono state scritte in luoghi molto diversi e lontani da Palazzo Chigi, da Palazzo Madama e da Montecito-rio: Bce, Bankitalia, Confindu-stria, Eni, banche d’affari, multinazionali, Fiat-Fca, Media-set, Banca Etruria & C., LegaCoop, Compagnia delle Opere,banche popolari, grandi studilegali e illegali, uffici fiorentini dei compari del Giglio Magico, dell’amico Verdini e della galassia alfaniana.Dal Jobs Act alla “Buona scuola”, dallo Sblocca-Italia alla depenalizzazione dell’evasione fiscale, dalla responsabilità civile dei magistrati su su fino al cocktail esplosivo Italicum-nuovo Senato e all’incredibile campagna per l’astensione al referendum No Triv: basta “seguire il denaro” e, presto o tardi, saltano fuori le impronte digitali e gli identikit dei veri padroni di questo governo distrette intese e larghe imprese. Le immediate dimissioni della Guidi sono un barlume di normalità e decenza in un Pae-se indecente e anormale. Ma, nell’Italia che ci ostiniamo a sognare, non bastano. Sia perché mancano ancora le spiegazioni della Boschi sul suo ruolo nell’emendamento “ad fidanzatum”. Sia perché l’ennesimo pozzo nero politico-affaristico attorno al petrolio in Lucania (su cui già indagarono Wood-cock e De Magistris, linciati soprattutto da sinistra) dovrebbe aiutare tutti ad alzare lo sguardo dalla routine quotidiana sul quadro d’insieme di quel che resta della nostra democrazia.
Chi ricorda a Renzi che non è stato eletto si sente rispondere che la Costituzione non prevede l’elezione diretta del premier. Vero. Ma, siccome la sovranità appartiene al popolo, gli elettori hanno il sacrosanto diritto di scegliersi, se non il premier, almeno la coalizione e il programma di governo che preferiscono".
Nessun commento:
Posta un commento