Questo 25 aprile lo voglio ricordare
citando uno dei personaggi forse minori, nella grande storiografia
della Liberazione. Una di quelle persone di cui ci siamo
colpevolmente dimenticati, sebbene, dove sia passato, abbia lasciato
una sua impronta.
Parlo dell'ingegnere Carlo
Bianchi, milanese di nascita ma inverighese di adozione,
perché qui spostò la sua azienda negli anni della guerra.
Carlo Bianchi, laureatosi in ingegneria
al Politecnico a soli 23 anni, è stato uno di quegli italiani che di
fronte al fascismo non ha girato la testa dall'altra parte: si
licenziò dalla Siemens a Milano nel 1938 per non doversi iscrivere
al partito fascista (senza tessera, in quegli anni, non si andava da
nessuna parte).
La sua avversione al fascismo maturò
anche dopo diversi viaggi di vacanza in Germania.
E' vero, poteva permetterselo perché,
a differenza di altri, aveva alle spalle una famiglia e nell'azienda
di famiglia trovò lavoro. Ma non si fermò qui: dopo l'8 settembre,
ad Inverigo, con l'approvazione del cardinale Shuster, dette
vita all’organizzazione "Carità dell’Arcivescovo",
istituzione con cui dare supporto alle persone colpite dalla guerra.
Strinse rapporti col CLN
milanese e le prime formazioni partigiane della Brianza: assieme a
Teresio Olivelli, che ospitò anche a casa sua, creò il foglio
clandestino "Il Ribelle", alla cui realizzazione
avrebbero partecipato anche Claudio Sartori, Enzo e Rolando Petrini e
Franco Rovida.
Entra a far parte
del CLNAI e fa anche parte dell'O.S.C.A.R., un'organizzazione
scout che portò in salvo centinaia di ebrei e prigionieri di guerra
ricercati dai nazisti.
Per colpa del tradimento di un
delatore, fu arrestato in piazza San Babila a Milano il 27 aprile
1944, incarcerato a San Vittore fu poi trasferito al campo di
Fossoli, come internato politico.
Per molti, Fossoli
fu il campo di transito verso l'inferno in terra di Auschwitz,
un viaggio di non ritorno. Altri sopravvissero e lasciarono per noi,
che siamo venuti dopo, il loro ricordo, come fu per Primo Levi.
Carlo Bianchi fu invece fucilato al
poligono di Cibeno, insieme ad altri 66 internati politici, il
12 luglio 1944, come rappresaglia per un attentato partigiano
compiuto a Genova.
Carlo Bianchi è stato insignito della
medaglia d'oro dal comune di Milano, per la sua attività
antifascista, in seguito gli fu attribuita la Medaglia di Bronzo al
Valor militare
«Animato da profondo amore per la libertà, non esitava, benché padre di quattro figli, a entrare, dall’armistizio, nella Resistenza, segnalandosi per capacità organizzativa e di animatore. Catturato, sopportava stoicamente minacce e torture, nulla svelando che potesse danneggiare l’attività partigiana. Tradotto a Fossoli confermava i suoi alti ideali e la sua fermezza d’animo, pagando con la fucilazione il suo grande amore per Italia».
Qui ad Inverigo esiste una via Carlo
Bianchi.
Ma un catasto distratto e un comune
poco attento, hanno ribattezzato la via intitolandola ad un altro
Carlo Bianchi, poeta.
Ci vuole poco a dimenticare la storia,
l'importanza di persone come l'ingegnere di Fossoli. Un italiano,
sposato e con tre figli (e in attesa del quarto), che di fronte alla
Storia seppe fare le sue scelte. Giuste.
Il 23 aprile, qui ad Inverigo, la
compagnia teatrale “Nuovo
teatro Ariberto” ha allestito uno spettacolo "L’INGEGNERE
DI FOSSOLI. UN EROE DI INVERIGO": c'era Carla Bianchi, la
figlia, che ancora si ricordava delle signore inverighesi che
l'avevano cresciuta quando passava le estati qui in Brianza.
Cattolico,
benestante, anche borghese se vogliamo: uno che ha fatto (purtroppo
per poco) la Resistenza senza mai imbracciare un fucile. Ma che aveva
contribuito a salvare molte famiglie ebree dalla deportazione e che
faceva paura alla dittatura. Per le sue idee e per il suo impegno.
Perché è importante ricordare la
storia di Carlo
Bianchi? Per due motivi: il primo è legato all'obbligo della
memoria della guerra di liberazione, che è stata combattuta
sia sul fronte, dagli Alleati contro i tedeschi. Sia sul fronte
interno, sulle montagne, nelle città, nelle retrovie del fronte, dai
partigiani.
Una guerra non di meno importante
perché costrinse i tedeschi a spostare truppe nel contrasto ai
“banditen”, così venivano chiamati i partigiani. Nemmeno
l'onore di essere considerati truppe belligeranti, perché
irregolari. Persone che dopo l'8 settembre scelsero la via della
libertà, della fine della tirannia, dei soprusi, delle ruberie, del
fascismo. Anche grazie a loro, la liberazione dalla dittatura è arrivata.
E, infine, c'è un secondo motivo:
sulla guerra di Liberazione si è creato un falso binomio per cui
resistenza = comunisti. Non è vero: le formazioni partigiane erano
di tanti colori politici e, soprattutto, a questa guerra
parteciparono uomini e donne provenienti da tutto il mondo civile.
Ex soldati, carabinieri, studenti,
professori, operai. E ingegneri come Carlo Bianchi.
E preti come don Pietro Pappagallo a
Roma.
E donne come Tina Anselmi, la
staffetta partigiana.
Questa è stata la guerra di
Liberazione: un movimento popolare, il fondamento della democrazia in
cui viviamo oggi. Quella che oggi ci permette di esprimerci
liberamente, di riunirci, tutela i nostri diritti senza vincoli di
sesso, di religione, di ceto sociale, politici.
C'è stato un periodo nella nostra
storia in cui tutto questo non era scontato: i giornali non erano
liberi, si veniva perseguiti per la religione, per il credo politico,
per aver detto certe frasi.
Non si andava a votare e non si poteva
scegliere, non esisteva partecipazione. Era con una tessera in tasca
che si andava avanti.
Ricordiamocelo, in questa Europa in
cui soffiano ancora venti di estrema destra e di quel fascismo che
non se ne è mai andato, ma che ogni tanto riaffiora come un fiume
carsico.
Buon 25 aprile!
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