L'acqua della laguna, l'acqua che manca
per la siccità, l'acqua gestita dai privati. Come la stiamo
gestendo?
La logistica di Togotà, acqua e
sapone.
E, ancora, i paradise papers e le
antenne abusive di Verona.
A tre anni dal decreto Clini le grandi
navi continuano a passare per Venezia: l'inchino continua ancora.
Il comitato interministeriale ha
trovato una soluzione, dopo la recente riunione: far sbarcare i
turisti a Marghera ma non si sa quando.
La scelta del “comitatone”, di
spostare le navi fuori dal canale è un deja vu: ma perché i turisti
dovrebbero sbarcare in un luogo inquinato, ex aria industriale?
A Marghera ancora aspettano le
bonifiche e i fondi: la scelta del comitatone è arrivata per fermare
la guerra tra le navi e i comitati.
Ci sono problemi di spazio, in un
canale largo sessanta metri: il canale andrebbe scavato ma poi il
problema è dove mettiamo i fanghi tossici?
Il timore è che sia una soluzione solo
per prendere tempo, per lasciare la patata bollente ai futuri
governi.
La capitaneria ha stabilito che se nel
canale devono passare navi lunghe più di 300 metri, serve allargare
il canale, dunque il progetto Marghera necessiterà di tempi lunghi.
E i veneziani cosa ne pensano? Si sta
trasformando in una Disneyland, scrive il NY Times, una città piena
di bed and breakfast e gli abitanti vanno via.
Ma il sindaco punta di Marghera, per
lui contano solo i posti di lavoro: qui si attendono però ancora
250mila euro per le bonifiche.
La riqualificazione porterebbe posti di
lavoro – racconta Clini: ma sembrano solo promesse visto che di
progetti non c'è traccia.
Un buco nell'acqua – Manuele
Bonaccorsi
La siccità fa sparire laghi e mari:
questo causa migrazione di popoli, che oggi solo quattro volte quelli
che si spostano per le guerre.
Lo scenario che si prevede uno scenario
è in peggioramento: sulla disponibilità dell'acqua c'è una guerra
geopolitica, per l'aumento di necessità dell'acqua che sarà sempre
di meno.
Oggi, quando piove, è il momento di
governarla, di raccoglierla: noi però abbiamo fatto delle scelte
politiche diverse, mettendo l'acqua a mercato, in mano alla
speculazione.
La quantità d'acqua che cade si
concentra in pochi periodi dell'anno, siamo ricchi di acqua ma nel
sottosuolo: ma noi gestiamo male l'acqua nei nostri serbatoi, così
succede che questa manchi dai rubinetti, per cucinare e lavarsi.
A Formia questa estate è mancata
l'acqua: un'emergenza durata fino all'autunno.
L'acqua è così arrivata via mare da
Napoli: l'acquedotto è un colabrodo, le perdite sono l'81%, l'acqua
esce in piccoli rigagnoli.
Sono perdite che non possono essere
riparati dai comuni, che non hanno soldi, mentre il gestore del
servizio idrico (Acqua latina, 49% privata) non ha fatto
investimenti.
Gli investimenti non sono coperti dalla
tariffa, racconta l'AD di Acqua latina: i soldi sono arrivati da una
banca che ha chiesto in pegno delle azioni della SPA.
La banca controlla la società,
controllo tolto ai comuni che non possono opporsi.
Stessi problemi di perdite anche a
Roma: questa estate l'acqua si è dovuta prelevare dal lago di
Bracciano, che è calato di livello.
L'acqua di Roma arriva dal territorio
di Castel S. Angelo: qui i comuni chiedono soldi a Roma, per una
concessione nata nel 1926 scaduta negli anni 90.
Il comune vorrebbe prendere altra acqua
dal fiume Peschiera: Acea gestisce l'acqua per il comune, per il 49%
è privata (Caltagirone e Suez).
L'anno scorso ha staccato 131 ml di
dividendi: il piano industriale per i prossimi anni è di soli 1,6
ml.
Lo scenario nel paese è questo: 4
multiutility si sono divise il mercato, producono utili che non sono
investiti negli impianti, ma fanno solo profitto.
Diversamente da quanto gli italiani
avevano detto nel referendum del 2011.
Gli impianti di Acea non sono
efficienti, viste le perdite: perché preferiscono incassare
dividendi, allora? Perché sono soldi utili anche per i comuni, visti
i tagli dallo Stato centrale.
A Roma governa il M5S che si dice
favorevole all'acqua pubblica: il comune di Roma, essendo
maggioranza, potrebbe decidere però di diminuire i dividendi e
aumentare gli investimenti.
Ma, ascoltando le parole del
consigliere comunale Pacetti, si capiva la difficoltà da parte del
movimento di prendere una decisione...
Oggi per fare investimenti le società
idriche devono fare mutui con le banche: l'acqua diventa un affare
per la borsa e per i banchieri.
Ci sono fondi di investimento
sul'acqua: il settore idrico presenta delle prospettive di crescita
attraenti – spiega un consulente finanziario, l'editor di
Morningstar.
Questi fondi di investimento
garantiscono rendite al 16% che crescono, paradossalmente, col
diminuire dell'acqua.
I soldi per questi rendimenti arrivano
dagli oneri finanziari che leggiamo in bolletta: da qui incassano
anche i comuni, anche la sindaca Raggi.
LA Raggi e il M5S potrebbe scegliere di
dirottare i soldi sugli investimenti, vedremo..
Nel resto dell'Europa le perdite sono
infinitamente inferiori, rispetto all'Italia.
Bisognerebbe cambiare politica, sugli
acquedotti ma anche per la gestione dell'acqua usata in agricoltura.
In Puglia si soffre la siccità, ma
quando piove sono inondati: il consorzio idrico ha proposto un
progetto che è rimasto su carta.
C'è ne sono altre di opere incompiute,
in Puglia, alcune che risalgono ai tempi della cassa del Mezzogiorno.
L'acqua arriva da Acquedotto pugliese
spa, 100% pubblica: l'acqua, anche quella reflua, trattata potrebbe
essere usata per irrigare, ma si è scelto di accumularla.
274ml di metri cubi di acqua purificata
non viene usata, di fatto viene sprecata: perché non si organizzano
i comprensori irrigui, da cui prendere l'acqua.
I consorzi pugliesi però non hanno
soldi, hanno debiti per 200ml e non hanno modo di attivarsi per
prendere l'acqua depurata.
Da dove arrivano i debiti? In parte
dagli stipendi.
I consorzi incassano 650ml dagli
agricoltori, una parte sono destinati ai dipendenti, 4000 impiegati,
poi ci sono i direttori generali che prendono stipendi fuori norma.
Uno di questi prendeva 368mila euro
l'anno, più del presidente della Repubblica.
L'associazione nazionale per i consorzi
di bonifica ha 18 dipendenti e spende 1,7 ml in stipendi: molti sono
per le consulenze esterne, racconta uno dei dirigenti dell'ente.
In Israele hanno il 15% della nostra
acqua, ma la poca che c'è è considerata un bene prezioso: le falle
negli impianti sono monitorate dai satelliti, così riescono a
coltivare pomodori in un deserto.
Ci sono sensori che misurano l'umidità
nel terreno, sanno dosare l'acqua per il terreno: la poca acqua viene
gestita con parsimonia.
Israele pesca l'acqua dagli impianti
sotto le case: le acque reflue sono depurate e ripulite e finiscono
in laghetti, fino a che arriva in una falda.
Viene poi prelevata e usata per gli
impianti nel deserto: i batteri sono ripuliti dall'azione del terreno
e del sole.
L'85% delle acque reflue sono usate per
usi agricoli. Ma non basta, anche l'acqua del mare viene ripulita, in
impianti di desalinizzazione, così il 75% dell'acqua potabile in
Israele viene dal mare.
Anche gli impianti sono efficienti: le
perdite sono controllate con delle immagini satellitari, in tutte le
zone del paese.
Perché non si importano queste
tecnologie anche in Italia?
Il caso Veneto.
Nel vicentino avevano un problema:
acqua in quantità in inverno, meno in estate.
Così hanno deciso di mettere l'acqua
nella falda.
Hanno realizzato un bosco, su un
terreno che era destinato a campo, con tanti canali dove scorre
l'acqua, come fosse una banca.
In Emilia invece fanno dei
bilanci idrico, in base alle previsioni del tempo: i tecnici del
consorzio indicano agli agricoltori quando e come irrigare.
Sono esempi che illustrano che non
servono grandi opere, trasformare il mondo degli agricoltori secondo
un paradigma che porti a conservare l'acqua.
Poi ci sono altri esempi che mostrano
come invece noi l'acqua la sprechiamo, perdendo questo bene prezioso,
perdendo soldi.
Nel 2030 avremo il 40% di acqua in
meno: noi siamo un paese ricco d'acqua, nel sottosuolo, ma non
sappiamo quanti ne pompano in modo illegale.
E poi spendiamo 1 miliardo di euro per
dare incentivi a chi produre energia, che poi producono conflitti.
Nel campo della Resit sono stati
interrati rifiuti tossici: qui a fianco ci sono dei campi irrigati
con acqua pescata da falde a contatto coi rifiuti.
Questo succede nella Campania delle
ecomafia, a Gela e anche in Veneto.
Nella Basilicata del petrolio.
Ci sono i tanti, troppi progetti per le
dighe che stiamo costruendo sulle Alpi: spendiamo miliardi in
incentivi, per produrre poca energia in proporzione.
Senza incentivi nessuno di questi
impianti potrebbe stare sul mercato: impianti sul Piave e sul Brenta.
Qui si sta scatenando una guerra tra i
canoisti e chi sta costruendo l'impianto: aumentano i conflitti tra
chi ha bisogno dell'acqua, chi decide sull'uso dell'acqua?
L'acqua è un bene pubblico, la sua
gestione viene gestita dalle regioni o dalle agenzie infraregionali,
poi le Arpa e le multiutility.
Troppi enti e troppe competenze, che
non portano ad economie di scala.
Poi ci sono gli impianti abusivi che
pescano acqua che non viene stimata.
Facciamo pagare poco a chi estrae
l'acqua per fare profitto, lo stesso prezzo per chi estrae un litro e
chi ne prende 1 milione.
Così tra gestioni clientelari,
poltronifici, stipendi d'oro per i dipendenti dei consorzi, rischiamo
di perdere questo bene prezioso che è di tutti.
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