Si chiude ad Inverigo la serie diincontri dedicati alla cultura della legalità e per il contrasto
alle mafie in Brianza – 5 colpi alla ndrangheta: cinque serate
cominciate con l'incontro a Lurago d'Erba “La lotta alla corruzione
e il monitoraggio civico” con Ester Castano giornalista antimafia e
Leonardo Ferrata, e terminata ieri sera con l'intervento delprocuratore Nicola Piacente assieme al giornalista Paolo Moretti.
La presenza della mafia dentro la
nostra società, che si prendono imprese, strutture commerciali,
portano pacchetti di voti a quel politico con pochi scrupoli è un
fatto noto, di cui tutti sono consapevoli.
Anche qui nella sonnolenta provincia di
Como, una zona quella dell'altra Brianza che fa raramente notizia,
zona di piccole industrie in parte spazzate via dalla crisi, ma dove
comunque c'è ancora una certa ricchezza.
Un po' di numeri: negli ultimi
sette-otto anni nella provincia di Como, sono state arrestate (per l'inchiesta Crimine-Infinito) 55
persone con l'accusa del 416 bis, di queste 20 sono state poi
condannate in via definitiva.
Le indagini dell'antimafia hanno
portato alla scoperta 5 locali di ndrangheta, ad Erba, Mariano (che
ha il ruolo più alto di Crimine), Canzo, Fino Mornasco e Cermenate.
Ad Inverigo è vissuto per anni
Antonino Belnome, oggi importante collaboratore di giustizia.
Ma il fenomeno delle mafie al nord non
comincia in questi anni.
Il procuratore capo di Como Nicola
Piacente per prima cosa ha voluto ringraziare i presenti
all'incontro: la sala era piena, indice di sensibilità da parte del
territorio su questo argomento.
La sua presenza qui era di
testimonianza del valore della legalità – anche questo è il ruolo
dell'autorità.
Piacente per conoscere questo
territorio e le sue dinamiche criminali, ha dovuto studiare: oggi
ricopre il ruolo di procuratore a Como da due anni, arrivando dalla
DDA a Milano, dove aveva affrontato la mafia su un territorio
diverso.
“La caratteristica della nostra
cultura è la mancanza di memoria”: questa la prima
riflessione: siamo convinti che le strategie stragistiche della mafia
siano cominciate con gli attentati a Falcone e Borsellino. Oggi non
ci ricordiamo della strage di Portella della Ginestra, un attentato
indiscriminato avvenuto in Sicilia il 1 maggio 1947 contro lavoratori
che lottavano contro la cultura latifondista.
Anche in quella strage, poco ricordata,
furono uccise donne e bambini: la storia si ripete, come poi successo
coi crimini di Riina che faceva uccidere i figli dei suoi nemici poi
sciolti nell'acido.
Come è arrivata la mafia al nord?
Negli anni 50 fu approvata la prima misura di prevenzione che
spostava le persone sospettate di ndrangheta lontani dalla loro
comunità, qui al nord.
Ma questa non fu l'unica causa della
diffusione della ndrangheta, visto che questa si è diffusa anche in
Germania e in America, dove i mafiosi non sono arrivati in soggiorno
obbligatorio.
La causa principale è la presenza del
capitale: noi pensiamo alle mafie solo come fenomeno criminale,
militare, che intimidisce le persone solo con l'uso delle armi e
della violenza.
Ma il fine della mafia è
l'accumulazione del capitale ma spesso, anche noi magistrati ci siamo
concentrati solo sulle armi.
Così al nord si creavano le locali,
una clonazione di una struttura ndranghetista, molto legate alla
madre Calabria, la terra d'origine, che ha ancora una funzione di
“camera di controllo” per verificare l'applicazione delle
gerarchie e degli ordini impartiti e che devono essere rispettati
anche fuori dalla Calabria.
Non solo a Como ma anche alle cosche in
Svizzera e nel Canton Ticino.
La presenza della ndrangheta è
occulta, che cerca di fare affari nei piccoli centri: Milano ha solo
3 locali, presenti storicamente in questo territorio.
Mentre invece nei piccoli centri
troviamo cosche che si sviluppano lontano dai riflettori delle grandi
città.
Sono territori dove si registra
un'assenza di prevenzione della polizia: a Como c'è una sola Squadra
Mobile e nessun commissario, così sul territorio il contrasto alla
criminalità lo devono portare avanti solo i carabinieri, con pochi
uomini.
Una cosa che mi stupisce – un
commento del procuratore – è che sono stati aboliti presidi della
Guardia di Finanza, in territori di passaggio di capitali.
Il giornalista Moretti ha
introdotto la storia dell''inchiesta di Cantù: qui è presente una
compagnia di Carabinieri e questo ha fatto sì che certe voci si
siano poi trasformate in una inchiesta che ha portato poi a degli
arresti.
Il procuratore Piacente ha spiegato
come il fenomeno di Cantù sia differente: non ci sono imprese da
colonizzare, qui la ndrangheta voleva entrare nel tessuto dei
commercianti perché voleva controllare il mondo della movida dei
giovani.
L'obiettivo erano i bar che si volevano
prendere usando le intimidazioni mafiose: sono azioni che potrebbero
anche essere considerate come atti di bullismo (come molti esponenti politici hanno cercato poi di minimizzare).
Ma anche questo non è un fatto nuovo:
nel 2010 ad Erba in una notte sono saltate 2 discoteche, un segnale
premonitore del fatto che la ndrangheta volesse entrare nell'area del
divertimento. Anche allora si qualificò l'attentato come una
ragazzata.
Ma attraverso il controllo del
divertimento la ndrangheta ottiene un importante risultato: il
consenso sociale da parte delle persone e anche questa è una
manifestazione della mafia.
L'intrattenimento made in mafia, come
il lavoro nero controllato dalle cosche: quest'ultimo fenomeno è una
forma di welfare mafioso, una forma di ammortizzatore sociale con cui
le mafie danno lavoro a persone in difficoltà.
Queste sono forme più pericolose del
fenomeno mafioso, perché quando c'è consenso, questo si accompagna
all'omertà nel non sentirsi in obbligo di denunciare nulla.
Chi è riconoscente all'organizzazione,
che gli ha dato lìil divertimento, che gli ha dato un lavoro, ha
meno tendenza a collaborare.
I numeri parlano chiaro: a Como stanno
monitorando da anni i fenomeni spia della mafia, telefonate anonime a
professionisti, minacce, incendi a locali o capannoni, colpi di arma
da fuoco.
Sapete quante denunce sono state fatte
dalle persone minacciate? Zero.
Ogni mese avvengono due episodi di
questo genere e nessuno denuncia e le vittime spesso negano di essere
state minacciate, di avere nemici.
Succede al sud e anche nel nord,
l'Italia unita.
Ci sono imprenditori che mentono perché
nemmeno hanno la coscienza a posto, per reati commessi nel passato
che ora temono che con delle indagini, possano venire fuori.
Così tutti stanno zitti.
Il procuratore ha citato degli episodi
di giustizia fai date che sono avvenuti nell'alto lago: persone che
regolavano i conti con qualche schioppettata o con qualche fuoco da
appiccare.
Sono anche queste zone con pochi
presidi di polizia: in assenza dello Stato, della sua azione efficace
nel gestire questi contrasti, succede questo, al sud come al nord.
Lo stesso principio vale per altri
servizi offerti dalle mafie, come i prestiti ad usura a imprenditori
che non ottengono risorse dalle banche.
La mafia negli anni sessanta e settanta
ha accumulato così tanti capitali, erano gli anni del boom, che poi
nel duemila ha potuto usare per sopperire ai prestiti bancari.
Ma quando un imprenditore entra in
questo tunnel non ne esce più: facendosi prestare soldi dalla
ndrangheta, questa piano piano si prende tutta l'azienda e il
proprietario rimane solo un prestanome, una testa di legno.
C'è uno stadio iniziale in cui le
vittime sembrano beneficiate, ma è solo l'inizio della fine.
Siamo un paese di evasione generale, di
non rispetto della norma: questo spinge in molti a ricorrere ai
servizi della mafia per ripulire il denaro, per pagare meno tasse,
per il recupero crediti.
Ma in questo modo le vittime diventano
due volte prigioniere: della mafia e dallo Stato e così si tende a
non denunciare perché se lo facesse, dovrebbe denunciare anche la
sua evasione tributaria nel passato.
Di tutto questo è anche colpa della
lungaggine dei procedimenti civili, che sono anche causa dei bassi
investimenti nel nostro paese dall'estero, dei tempi della giustizia:
ricorrere alle mafie è, nel breve, più efficiente, ma sono solo
scappatoie che poi alla lunga si pagano.
Ci sono state poi delle domande da
parte del pubblico, molto interessanti:
- come è stato possibile arrivare ad
una storia come quella di Seregno, col consiglio comunae sciolto?
- il rapporto tra il culto del denaro
al nord e lo stesso culto dell'accumulo di capitali da parte dei
mafiosi: una comunione di intenti. Cosa possiamo insegnare ai nostri
giovani?
- Come è andata a finire l'inchiesta sulla Perego strade, per il filone dello smaltimento rifiuti, sotterrati sotto l'ospedale S Anna?
L'inchiesta di Seregno racconta una storia di consenso, di politici che hanno accettato pacchetti di voti. Il politico come anche il funzionario di banca che si rivolge alla criminalità per il recupero crediti, sapendo che quelle persone sono mafiose (è successo a Mariano). Sono persone che poi diventano capitale sociale delle mafie, ovvero persone che pur non essendo affiliate, agevolano la loro attività.
- Come è andata a finire l'inchiesta sulla Perego strade, per il filone dello smaltimento rifiuti, sotterrati sotto l'ospedale S Anna?
L'inchiesta di Seregno racconta una storia di consenso, di politici che hanno accettato pacchetti di voti. Il politico come anche il funzionario di banca che si rivolge alla criminalità per il recupero crediti, sapendo che quelle persone sono mafiose (è successo a Mariano). Sono persone che poi diventano capitale sociale delle mafie, ovvero persone che pur non essendo affiliate, agevolano la loro attività.
Il problema – ha voluto precisare il procuratore – non è il consenso in sé, ma il non rispettare le leggi e i principi costituzionali.
Non basta dire ripartiamo dalle scuole:
la cultura della legalità, dell'etica, deve iniziare dalle famiglie.
Con le mafie sta succedendo che il
peggio del sud ha incontrato qui il peggio del nord, finché
continuerà questo non ci sarà futuro nel nostro paese.
Il processo sulla Perego strade, per il
filone ambientale, finirà probabilmente in prescrizione, perché
l'Italia è l'unico paese in cui la prescrizione non si ferma mai,
nemmeno quando inizia il processo.
Così molti di questi, per i tempi
lunghi della giustizia, finiscono in prescrizione e questo
costituisce un fallimento.
In Lombardia convivono più o meno
pacificamente tutte le mafie: Camorra, ndrangheta, la mafia siciliana
e la sacra corona unita. Il loro obiettivo sono i soldi che qui al
nord continuano a circolare.
Si sono divisi i reati in settori: la
prostituzione alla criminalità straniera, i cinesi, i nigeriani, gli
albanesi; l'infiltrazione nelle imprese alla ndrangheta; le rapine ai
portavalori sono principalmente della Camorra.
Tutto questo avviene sotto il tacito
consenso della società, che per prima cosa dovrebbe preoccuparsi di
come allontanare questi fenomeni criminali, come stimolare i propri
anticorpi.
Cominciando dalle elezioni, dai
candidati che non dovrebbero frequentare certi personaggi che a
livello locale sono già noti.
A Mariano, per esempio, era d'uso per
un consigliere comunale, portare il suo santino elettorale a
Muscatello, capo della locale.
Per battere la criminalità occorre
creare una sinergia tra cultura, legalità e valori civici. Occorre
il contributo di tutti.
E la grande quantità di persone che
hanno seguito questi incontri, organizzati dai comuni e dal circolo
Ilaria Alpi, sono solo di buon auspicio.
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