Era un venerdì quel 12 dicembre 1969,
48 anni fa, a Milano.
Sono passati tanti anni da quella bomba
esplosa nella
banca dell'Agricoltura in piazza Fontana, da quelle morti che
oggi alla domanda “ma tu dov'eri quel 12 dicembre” in
pochi potrebbero o saprebbero rispondere.
L'Italia è un paese senza memoria.
E anche con poco pudore e rispetto per
le sue vittime: a 48 anni dalla strage, cosa ci ricordiamo della
bomba nella banca dell'agricoltura? E degli altri attentati?
Delle bombe scoppiate sui treni, nelle piazze, nelle stazioni? Bombe
fatte scoppiare per uccidere, per creare terrore, per preparare il
terreno a qualcosa di mostruoso (se possibile, ancora più dei corpi
straziati).
La mano proditoria e furtiva di Caino ha sorpreso fratelli ignari e ne ha fatto strage. Ancora una volta il sangue innocente di Abele sparso a macchie enormi offende la mia diletta città.
A quest'ora grave e sacra meglio si addirebbe il silenzio ..[Dall'omelia dell'arcivescovo di Milano, nel giorno dei funerali delle vittime della strage].
Non è vero che non esiste più destra
e sinistra. O che il fascismo oggi non esista (o non costituisca un
problema).
In questo paese senza memoria una vera
destra conservatrice non è mai esistita probabilmente. E a sinistra
spesso ci si sentiva in colpa di essere di sinistra, così si è
scimiottato la destra nelle sue peggiori forme.
Così rimaniamo ostaggio di vecchi
slogan, di vecchi rottami di un passato che non siamo mai stato
capaci di archiviare.
Se non siamo in grado di decifrare
menzogne e bugie, fatte passare come verità da sorbire tutto d'un
fiato.
Leggo i giornali di questi giorni e le
notizie che capeggiano riguardano l'ondata neofascista e
dell'ingerenza russa nelle nostre questioni politiche, dal passato
referendum alle prossime elezioni.
Se avessimo memoria
ci ricorderemmo dell'Italia degli anni 60, della sua democrazia
ancora fragile, di un paese attraversato da spinte progressiste per
cambiare le cose nel mondo del lavoro, nelle università, nella
magistratura perfino nella polizia.
Di quel convegno
organizzato dall'istituto Pollio all'hotel Parco dei Principi, nel
1965, dove parteciparono vertici degli stati maggiori, politici,
elementi dell'estrema destra come Pino Rauti, Delle Chiaie e Merlino,
dei servizi come Guido Giannettini.
È dove si
pianificò la strategia della tensione: una guerra asimmetrica per
contrastare l'avanzata del comunismo, questa la facciata: in realtà
serviva bloccare l'avanzata delle sinistre (e di tutti quei movimenti
di protesta che chiedevano riforme progressiste tese a svecchiare il
paese).
Propaganda,
infiltrazione e azioni terroristiche che avrebbero dovuto portare,
nella testa dei movimenti neofascisti, ad un colpo di stato. In
pratica al consolidamento dello status quo, impedire qualsiasi
cambiamento, politico e istituzionale.
La storia della strage di Piazza
Fontana, la bomba fatta scoppiare nella banca dell'Agricoltura a
Milano (e le altre bombe, sui treni nell'estate del 69 e a Roma), ci
riporta indietro nel tempo, ricordandoci quanto la storia a volta si
ripete (forse oggi in forma di farsa).
Fanno tanto clamore, oggi, le presunte
ingerenze russe, la fabbrica di fake news che avrebbe appoggiato
alcune forze politiche per danneggiare il governo.
Ma ci siamo dimenticati del lavoro
sporco dei servizi che, con una mano costruivano la finta pista
degli anarchici, preparavano il mostro da sbattere in prima pagina
(per rispondere alle paure dell'opinione pubblica che loro stessi
costruivano).
Con l'altra mano nascondevano le prove
alla magistratura: il SID di Maletti e Miceli (e anche i servizi
americani) era a conoscenza di cosa stava preparando Ordine Nuovo a
Padova da mesi, ma non fece nulla.
E lo stesso vale per i servizi
americani visto che Digilio,
l'armiere di Ordine Nuovo, era anche una fonte della CIA (nome in
codice Erodoto)..
Il SID nascose ai magistrati milanesi
la pista della borsa usata per la bomba, comprata a Padova, il lotto
di timer comprati a Bologna (simili a quelli che l'ordinovista Franco
Freda aveva comprato, un caso..)
Il mostro Valpreda sbattuto in
prima pagina, l'anarchico Pinelli (che forse meriterebbe di essere
chiamato Pinelli e basta) morto in Questura per un “malore
attivo”, ma in stato di fermo oltre i termini della legge.
E poi il processo spostato a Catanzaro.
E quando finalmente i magistrati
arrivarono alla pista nera, ecco tornare in campo i servizi e le
esfiltrazioni per mettere al sicuro i fascisti: Pozzan, il custode
delle armi di Ordine Nuovo, lo stesso Giannettini (l'agente del SID
di cui Andreotti e i servizi negarono l'appartenenza ai servizi) e
infine di Franco Ventura, anche lui ordinovista come Freda, reo
confesso di fronte al giudice D'Ambrosio di quella bomba e delle
altre bombe del 1969..
Fanno ridere i sovranisti di
oggi, eredi di quel passato fascista che ha insanguinato il paese,
pedine di un gioco politico governato anche oltre oceano, che in nome
della stabilità politica ogni tanto doveva ricordare al nostro paese
da che parte stare.
Anche allora, i neofascisti erano
nemici dell'Europa:
“è giunto il momento di terminare di baloccarci col fantoccio “Europa” o di fare gargarismi con la sua espressione vocale.
Con l'Europa illuministica noi non abbiamo a che fare. Con l'Europa democratica e giacobina noi non abbiamo nulla a che vedere.
Con l'Europa mercantilistica, con l'Europa del colonialismo plutocratico: nulla da spartire. Con l'Europa giudea o giudaizzata noi abbiamo solo vendette da fare.”[Regensburg – 1964, Franco Freda: ]
(Per quanto questa Europa non sia
l'Europa che avevano pensato i suoi fondatori, non vi sembra di
averle già sentite queste parole, queste espressioni?)
Paese a sovranità limitata.
Paese della giustizia tradita.
Oggi parliamo di fake news, di
ingerenze politiche dei russi.
Ma ci siamo dimenticati dei depistaggi,
delle coperture da parte dei nostri servizi dei fascisti neri, dei
giornalisti a libro paga dei servizi, di Gladio e della loggia
massonica e segreta P2.
Forse è l'Italia che stenta a cambiare
se ancora oggi dobbiamo ancora una volta mettere nero su bianco le
nostre radici antifasciste, dobbiamo difenderci da questa marea nera
(lei si, sovvenzionata anche dall'estero).
Piazza Fontana, la madre di tutte le
stragi, un nodo al fazzoletto che noi non scioglieremo mai. Che non
ci stancheremo di raccontare.
Avete vinto voi – le parole del
giudice Mancuso – “ci avete sconfitti, ma sappiamo chi siete”
non ci stancheremo di ripeterlo.
Spunti di lettura:
Piazza
Fontana la strage senza giustizia
Una
stella incoronata di buio di Benedetta Tobagi
Piazza
Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma ,
Maria elena Scandaliato
Piazza Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Il grande vecchio, di Gianni Barbacetto (primo post e secondo).
Confine di Stato, di Simone Sarasso.
Piazza Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Il grande vecchio, di Gianni Barbacetto (primo post e secondo).
Confine di Stato, di Simone Sarasso.
La
repubblica delle stragi impunite di Ferdinando Imposimato
Doppio
livello di Stefania Limiti
Il
segreto di piazza Fontana di Stefano Cucchiarelli
Il
sangue e la celtica di Nicola Rao
Sappiamo
chi siete e non dimentichiamo – Piazza Fontana 1969 - 2013
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