“La legislatura che sta per essere
sciolta (si spera nell'acido) è stata una delle peggiori della
storia repubblicana ..” [Mai più - Il fatto quotidiano del 28 dicembre]
Si potevano usare tante altre forme per
esprimere un giudizio (legittimo, siamo in democrazia) su questa
legislatura: il direttore del Fatto Quotidiano ha fatto una scelta
pessima.
Poteva uscirne in un solo modo,
chiedendo semplicemente scusa visto che non intendeva offendere né
le vittime della mafia né persone come Lucia Annibali.
Non è solo questione di “tribunale
dell'inquisizione del politicamente corretto”. È solo una
questione di buon senso: la risposta data da Travaglio ha infatti
dato il là al polverone (sui social, dove i tempi di reazione sono
sempre più rapidi senza dare tempo di riflettere) in cui si dava al
Fatto Quotidiano e al suo direttore l'accusa di partigianeria,
anaffettismo, fascismo. E questo dopo le vignette sul corpo della
boschi (che non si può rappresentare in vignetta) che hanno fatto
piovere le accuse di sessismo, maschilismo.
Una vignetta che non mi ha fatto
ridere, come nemmeno mi facevano troppo ridere le vignette dove si
ritrae la Raggi con le orecchie a sventola.
La faccio breve: una volta che questo
polverone si sarà placato ci sarà modo di riflettere su come, e non
da oggi, si siano alzati i toni nel discorso politico.
C'era un segretario rottamatore che
aveva promesso di entrare nella direzione del PD col lanciafiamme.
C'era il leader del principale partito,
stando ai sondaggi, che voleva vomitare i giornalisti, che parlava di
mafia con un suo codice d'onore.
E poi c'era lui, il Berlusca: cito solo
un episodio quando, ad una conferenza stampa con Putin mimò il gesto
del mitragliare rivolto ad una giornalista che aveva fatto una
domanda scomoda al presidente.
C'è la tendenza ad essere critici nei
confronti dei gesti del nemico e inclini al perdono (è solo
folklore) delle parole incaute dei tuoi alleati. Penso alle gentili
espressioni di De Luca nei confronti della sindaca Raggi, il dito
medio rivolto all'opposizione.
Ma vorrei aggiungere un'altra
considerazione: terminata la bufera, forse ci ricorderemo di quanto
sta succedendo sotto i nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo
troppo.
La missione militare in Niger contro
i trafficanti di esseri umani: siamo sicuri che sia sufficiente
presidiare i confini per risolvere il problema epocale delle migliaia
di persone che scappano dalla guerra, dalla fame, dalle carestie?
Nella conferenza di ieri Gentiloni
ha detto che l'Italia è tra i primi 4-5 paesi per export: forse si
riferiva all'export delle armi, specie verso l'Arabia, che poi le usa
nella sua guerra contro lo Yemen.
La commissione banche sta per
concludere il suo mandato: in molti hanno commentato in modo
superficiale che non sia servita a niente (se non ad inpegolare di
più Renzi e la sottosegretaria Boschi, con le loro arrampicate sugli
specchi).
Non è vero: la commissione ha fatto
capire una volta di più di come si debba mettere mano al sistema
delle autorità di controllo.
Che devono essere in mano a persone
competenti, esterne alla politica.
Servirebbe che Padoan firmasse il
decreto sui requisiti di onorabilità dei banchieri, vista
l'importanza del loro ruolo (per il risparmio, per le imprese).
La questione di Taranto e dell'Ilva:
meglio Calenda che i suoi predecessori, certo. Ma ancora meglio
quando le bonifiche verranno messe nero su bianco in un accordo che
sia pubblico. Così che anche i tarantini possano star tranquilli.
La vicenda Dell'Utri: non
potendo negare l'esistenza della mafia, ora i difensori (sui
giornali, nella politica) attaccano uno dei suoi punti di forza, i
potenti condannati per concorso esterno.
Se faccio il palo alla banda
dell'ortica sono imputabile dell'articolo 110 del cp.
Se aiuto i mafiosi, non facendo parte
di cosa nostra, sono solo un perseguitato.
Già oggi l'emergenza mafie è fuori
dalle agende e dai programmi di tutti i papabili leader per le
prossime elezioni.
Già si fa fatica a portare avanti
discorsi sulle liste pulite: non lo si è fatto in Campania e non lo
è voluto e potuto fare in Sicilia.
Manca solo la santificazione dei tanti
professionisti nella zona grigia mafiosa e siamo a posto.
I numeri sul lavoro: possiamo
anche far finta di niente e andare avanti così, ad usare i numeri
dell'Istat come più ci piace. I numeri da soli non dicono nulla e
dicono tutto. Abbiamo recuperato 1 milione di posti di lavoro: tutto
vero, ma stiamo creando un mondo del lavoro, deregolamentato, povero,
di cui in pochi ne parlano (Gad Lerner in Concetta, Marta Fana nel
saggio “Non è lavoro..”) che alla lunga diventerà una bomba
sociale.
Una generazione costretta a lavorare
con salari bassi, ad intermittenza e che andrà pure in pensione
tardi e con un misera pensione. Forse.
Le vergogne nazionali: due
storie che parlano di nostri connazionali, della sicurezza che non è
stata loro garantita. La morte del ricercatore Giulio Regeni e della
fatica nel voler credere a tutte le rassicurazioni di ministri e
parlamentari, sull'accertamento della verità.
Le promozioni dei poliziotti coinvolti
nei fatti di Genova nel 2001: erano proprio opportune quelle
promozioni?
Il governo dei diritti: questa è
stata la legislatura dei diritti, dicono. Biotestamento, la legge sul
“dopo di noi”, le unioni civili.
Non c'è stato tempo per lo ius soli,
ci si riproverà.
C'è stato tempo invece per togliere e
mettere i voucher, pur sapendo degli abusi che ne sono stati fatti.
E c'è stato anche tempo per mettere
mano al tema delle intercettazioni, in nome della difesa della
privacy.
Il diritto ad essere informati
(e a pretendere una trasparenza dai nostri rappresentanti) non è
evidentemente un diritto.
A proposito di informazione, a che
punto è la grande inchiesta sulle fake news? È vero o no che l'anno
scorso il voto referendario è stato falsato dall'azione degli hacker
russi (che hanno influenzato chi votava no)?
PS: non mi è piaciuto l'incipit
dell'articolo di giovedì 26 (quello dell'acido).
Ma mi è piaciuto ancora meno quanto
scrive oggi: “Posto che bisogna fare di più sui diritti umani
nei campi libici , il crollo degli sbarchi e morti è un successo di
Minniti. Voto 8--”
Se basta il non veder più persone
sbarcare (e comunque gli sbarchi sono ripresi e vedremo cosa succede
in primavera) per essere soddisfatti della politica dei lager in
Libia, siamo a posto.
Senza un controllo di quanto succede
nei campi in Libia c'è ben poco da essere soddisfatti.
Senza che si affronti il problema
dell'emigrazione di masse di persone, c'è poco da essere contenti
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