Poveri giornalisti italiani costretti a
raccontare di Trump, del Russiagate, ad ipotizzare un impeachment che
forse non verrà nemmeno (per le menzogne raccontate pagheranno solo
i suoi collaboratori).
Tutto, pur di non raccontare di quello
che sta succedendo in questo paese dove al peggio e al ridicolo non
c'è mai fine.
Da una parte un condannato per frode
fiscale (più tutto il resto) che straparla di tasse, di mance per
anziani, di riforme liberali (mai viste dai suoi governi). Metti che torna al governo, mica possiamo parlarne male ..
Dalla puntata Fratelli di Crozza del 1 dicembre |
Dall'altra parte uno spregiudicato
segretario ex presidente che rilancia il piatto come fossimo ad una
partita a Poker. Che, come un disco incantato, torna sui successi del
suo governo prendendo dai numeri e dai dati solo gli aspetti che
fanno comodo e nascondendo il resto.
Il movimento 5 stelle che pensa di
andare a governare da solo (chissà, le urne riservano sempre tante sorprese) senza un vero partito, senza una vera classe dirigente e
forse senza nemmeno troppe idee concrete, col rischio di ritrovarci
nuovamente coi quattro amici al bar di Roma (ma ora a Palazzo Chigi).
Al peggio non c'è mai fine, si diceva,
e nemmeno al ridicolo: il ridicolo di sentire un giornalista come
Scalfari rivendicare il suo voto a Berlusconi (morale e politica sono
cose separate, lo diceva persino Aristotele). Non solo, quelli di
Berlusconi sono stati governi come gli altri.
Ecco, avete capito bene: siamo andati
in piazza, abbiamo protestato, abbiamo scioperato, abbiamo scritto
articoli per cosa, dunque?
Per tenerci il politico dei conflitti
di interesse, che ha occupato la Rai, che si è venduto Alitalia ai
finti patrioti facendo accollare i debiti allo Stato, che ha tirato
su le new town fuori l'Aquila che ora cadono a pezzi (e sono pure
costate uno sproposito).
Il politico che sfuggiva dai processi
con le leggi ad personam, che minacciava nel 2008 di bloccare tutti i
processi se non riuscivano a salvarlo dal suo. Del bavaglio alla Rai
e ai giornali (vi ricordate i post it su Repubblica?).
Il politico che racconta di aver creato
1 milione di posti di lavoro dove in realtà stiamo parlando della
generazione condannata al precariato, all'arte dell'arrangiarsi, a
non potersi costruire un futuro (e fare figli).
Ma forse Scalfari non si è spiegato
bene: intendeva forse dire che i governi Berlusconi non si sono
distinti da quelli venuti dopo.
Le politiche sul lavoro, le finte
riforme su scuola e università, l'occupazione della Rai, attaccare i
sindacati (che pure ne hanno di colpe), i condoni le politiche anti
ambiente (vedi alla voce trivelle e Ilva di Taranto).
Stesse promesse non mantenute per
Alitalia (che doveva ripartire e invece..).
La stessa avversione per la stampa, per
i magistrati che si permettono di fare indagini sui potenti, su
quanti fanno ombra alla loro immagine. Come Berlusconi, anche Renzi
ama circondarsi dal suo giglio magico.
E su questo non è che il M5S faccia
molta differenza.
Ma ora l'Italia è in segno positivo,
rispondono.
Il PIL, i dati sull'occupazione, la
produzione industriale.
Tutto vero, se ci fermiamo al singolo
dato (cherry picking si dice, prendere solo i dati che interessano,
come le migliori ciliege dal paniere).
Rispetto al 2007-2008 PIL è crollato a meno 10 e ora è
risalito ma siamo ancora a meno 7 (bello il segno positivo, ma c'è ancora tanto da fare).
Mancano 1 milione di ore di lavoro
rispetto al 2007: significa che parte dei nuovi contratti di lavoro
sono part time.
C'è poi quello che ci dice il rapporto del Censis che, ragionando per parole chiave, parla di
disintermediazione, crisi di rappresentanza, social network, rancore
e un futuro che non c'è poiché viviamo incollati al presente.
C'è la ripresa, aumentano i consumi,
ma aumenta anche la distanza tra chi è andato avanti e chi è
rimasto indietro. Oltre 1.6 ml di famiglie nel 2016 erano in una
condizione di povertà assoluta, +96,7% rispetto al 2006.
E ora il reddito di inclusione (una
buona iniziativa, ma è solo l'inizio) coprirà “solo” 400mila
persone.
Questa è l'Italia del rancore, del
blocco dell'ascensore sociale: come ci ha raccontato il purtroppo
ministro Poletti, si trova lavoro più per una partita di calcetto
che non con un buon cv o con dei buoni studi.
Oppure se prendi la tessera giusta, se
parli toscano (come si è visto nel 2014-2015 con l'infornata di
nuovi tecnici politici col governo Renzi).
Nonostante i moniti di Monti, del
ministro Fornero, dei tanti liberali col sedere degli altri, il mito
del posto fisso resiste ancora.
Tutto questo genera rancore: rabbia nei
confronti dei politici e rabbia nei confronti degli altri. Immigrati,
rifugiati, poveri.
Questa è l'italia che ci hanno
lasciato anni di Berlusconi e anni di governi di larghe intese.
Un milione di posti di lavoro in più,
è vero: ma “nel III trimestre del 2017, il 14,6% dei contratti di
lavoro dura meno di tre giorni, il 31% cessa dopo un mese. Di che
parliamo quando parliamo di instabilità lavorativa e precariato”
[dall'account su Twitter della ricercatrice Marta Fana].
Un mondo del lavoro dove non c'è solo
la FCA di Marchionne (che si è dimenticato i miliardi promessi per
il sud) che licenzia i suoi lavoratori interinali con un sms.
Non è solo il mondo “Fico” di
Farinetti, un imprenditore fortunato per gli aiuti che ottiene dalle amministrazioni (e anche studenti gratis da far lavorare per l'alternanza scuola lavoro)
È il mondo dei riders di Deliveroo,
pagati 5,60 € l'ora e senza diritti.
È il mondo dove Amazon può
permettersi di dire che non parla coi sindacati, ma coi dipendenti,
disintermediando i rapporti di lavoro.
Dove porterà tutta questa rabbia,
tutto questo rancore?
Non penserete che è un qualcosa che
possa essere contrastato con una legge Fiano?
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