Il
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Pensiamo che tutto il cibo sia alla
nostra portata, ma è una percezione errata: nel bunker del governo
norvegese sulle isole Svalbard sono depositati i semi delle piante
del mondo, allo scopo di preservare la biodiversità del pianeta. Preservare i
semi dai cambiamenti climatici generati dall'uomo e anche dalla
guerre, come quella in Siria.
Dobbiamo già oggi pensare a come
vorremo nutrirci nel futuro, se vogliamo evitare il default
alimentare: in Italia oggi ci sono intere specie di piante a
rischio estinzione. Qualità di mele e di pere che non si trovano più
nel mercato: coltiviamo per la maggior parte poche qualità, quelle
più appetibili sul mercato.
Avete mai sentito parlare di pera
volpina, di pera zucchella: abbiamo perso il 99% delle varietà che
avevamo in Italia, per sempre.
Significa meno biodiversità, che è
l'unica possibilità di affrontare il futuro con ragionevole speranza
di sopravvivere: con poche qualità saremo vulnerabili a nuove
malattie, nuovi insetti.
Stiamo perdendo biodiversità, dunque
più vulnerabili e più poveri.
Colpa dell'allevamento e della
coltivazione intensiva, che stanno distruggendo l'acqua, l'aria e i
terreni.
Gli allevamenti intensivi.
A Brescia, le guardie ecologiche
volontarie controllano gli allevamenti intensivi in provincia: il
problema con questi allevamenti sono le urine e le feci degli
animali.
Andrebbero lasciate nei campi, in
determinati tempi e modi, per non inquinare le falde e i terreni:
spesso però gli allevatori sversano le urine in modo illegale.
Ancora peggio quando i reflui sono
sversati nelle acque: questi allevatori vanno denunciato perché
rovinano l'equilibrio naturale dei fiumi e delle rogge.
In Italia vengono allevati 20 ml di
maiali, 2 ml di vacche, 1,4 vitelli da ingrasso e 143 milioni di
polli e galline: stimare quanto siano i reflui di questi animali è
difficile, si parla di 165 ml di liquidi che vanno smaltiti.
Nel mantovano hanno detto basta a
questo sistema: a Schivenoglia i maiali sono quasi sette volte di più
gli abitanti e quando questi hanno saputo che il sindaco aveva
autorizzato un altro mega impianto è scattata la rivolta.
I mega impianti inquinano, non creano
posti di lavoro, portano solo problemi per gli agricoltori e per le
persone che vivono vicino a questi allevamenti.
Che devono bere acqua in cui si trovano
nitrati e ammoniaca: quando si inquina si inquina tutto l'ecosistema.
Anche l'aria: il pm10 è alto a
Scivenoglia ed è anche il pm2,5 , le particelle più pericolose.
Nemmeno fossimo a Milano: significa che
gli abitanti sono maggiormente a rischio per le cardiopatie e per le
malattie tumorali.
Anche a Finale Emilia i cittadini si
stanno opponendo a nuovi allevamenti di maiali: anche qui si sono
superati i livelli di pm10.
Lo smog ricopre la pianura Padana:
l'industria alimentare è responsabile del 24% del gas serra, per la
fermentazione dei gas da parte degli animali.
C'è poi l'inquinamento causato dai
pesticidi usati nell'agricoltura intensiva.
Abbiamo bisogno di una nuova
rivoluzione agricola: lo dice il ricercatore Ceccaresi e anche le
grandi agenzie internazionali che si occupano della produzione del
cibo, che deve soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita,
senza distruggere il pianeta.
Gli scienziati hanno elaborato
l'algoritmo dell'impronta ecologica, per valutare l'impatto della
produzione del cibo sul pianeta: l'impronta ecologica è importante
per la produzione della carne, che richiede un'enorme quantità di
acqua e che rilascia gas nell'aria.
Per rendere il terreni più fertili e
proteggerne l'erosione, vanno arricchiti col carbonio organico –
spiega l'agronomo Matteo Mancini: significa usare tecniche
all'avanguardia.
Non stressare i pascoli, spostare in
modo razionale gli animali, captare l'acqua nel sottosuolo.
A Rieti, nelle serre, Giorgia Pontetti,
usa la tecnica di irrigazione idriponica per far crescere i pomodori,
tutto l'anno: la serra è gestita da un sw che decide quando irrorare
acqua e quale temperatura serve nell'ambiente.
Una tecnica e un impianto
all'avanguardia in Europa, una serra che non consuma e che può
essere adottata dappertutto. Anche nello spazio.
A Roma, nella Fiera degli inventori,
trovi anche le persone che hanno ideato nuove tecniche per coltivare
e produrre cibo, senza sprecare acqua ed energia.
Lattughe che crescono senza terra, in
strutture che possono esistere a qualunque latitudine: a Pontedera si
investe nell'agricoltura intelligente, grazie al Plantoide, un robot
che si comporta come una pianta vera che muove le radici per cercare
acqua o sostanze nutritive.
Il Plantoide è un robot che usa
l'intelligenza artificiale unico al mondo, inventato dalla dottoressa
Mazzolai: le applicazioni potrebbero essere rivoluzionarie, perché
ci direbbero la qualità di un terreno, se è inquinato ..
Il cibo di domani.
In Puglia ad Apuliakundi, si coltivano
in serra le alghe, l'alga spirulina: basta il sole e il caldo, per
queste microalghe.
Che si mangia così, oppure come pasta:
contiene proteine, minerali, calcio, omega3 e anche antiossidanti.
Dalla Fao viene definita il cibo del
futuro e per produrla serve meno acqua di altri prodotti e non
servono pesticidi o altro.
Al CNR di Lecce stanno studiando le
proprietà nutritive delle meduse del Mediterraneo: a causa dei
cambiamenti climatici compaiono sempre più spesso nei nostri mari, è
una biomassa che potrebbe un giorno arrivare sulle nostre tavole.
Poi ci sono gli insetti: le cavallette,
ad esempio. A Monselice c'è un allevamento di cavallette in modo
sperimentale. I grilli sono ricchi di fibre, grassi buoni e proteine:
la giornalista, Elena Stramentinoli, dice che sono anche buoni.
Sempre a Monselice allevano i bachi da
seta.
A Treviso c'è già uno chef, Roberto
Cavasin, che ha preparato un ricettario a base di insetti: le ricette
della tradizione italiana rivisitate con gli insetti.
La pasta con la farina di grillo, ad
esempio. Ma il sugo, almeno quello, è col pomodoro.
In Italia abbiamo terreni abbandonati e
siamo però dipendenti dalla produzione estera per i prodotti della
nostra cucina: olio, farina,..
Dobbiamo invertire la rotta anche su
questo aspetto: l'emigrazione degli anni 50,60 ha portato
all'abbandono dei terreni, specie sull'Appennino, che comporta meno
controllo dei terreni, oggi a rischio erosione per i dissesti
idrogeologici.
Servirebbe uno strumento normativo per
poter dare i terreni, cui non si riesce a risalire ai proprietari,
per darli a nuovi agricoltori.
Coltivare queste terre significa ridare
speranza a questi comuni che oggi rischiano lo spopolamento: il
consigliere Smargiassi, abruzzese, è primo firmatario per la legge
sulla banca dei terreni.
Tornare alla terra è una necessità:
dipendiamo dall'estero per le patate, la carne, il miele e i cereali
della pasta (che arriva dal Canada).
E sarà sempre peggio, per i
cambiamenti climatici come quelli che abbiamo sperimentato questa
estate, con la grave siccità.
Terreni abbandonati, che sono un
rischio per noi e terreni cementificati: per tenere sotto controllo
il territorio l'unica possibilità è coltivarlo.
Negli ultimi quindici anni i disastri
naturali hanno causato danni per 50 miliardi di anni: incendi,
alluvioni, frane.
La cooperativa Coraggio ha combattuto
cinque anni contro l'amministrazione romana, per avere dei terreni
pubblici, abbandonati, da coltivare: nessuno li ha aiutati, nessun
aiuto economico, ma nonostante questo questi giovani agricoltori oggi
sono produttivi.
Ma l'agricoltura in Italia è ancora in
crisi, in tutta Italia, perché in questo paese non è conveniente
fare l'agricoltore, troppi i costi, pochi i guadagni, troppe le
fatiche.
Schiacciati in mezzo da chi ti vende le
sementi da una parte e da chi ti compra i prodotti (la grande
distribuzione).
Eppure in Italia la domanda di prodotti
biologici, a km zero, esiste.
Intanto si potrebbe cominciare a non
sprecare cibo: nelle mense, nei ristoranti, nelle famiglie.
Ogni anno buttiamo nell'immondizia 16
miliardi di cibo, l'1% del PIL: sprechiamo cibo dall'inizio, da come
viene prodotto, fino alla fine, quando dobbiamo smaltire i rifiuti.
A Bologna il ciclo si ricicla, nel
progetto Last minute market, che poi finisce nelle mense per i
poveri.
Ci sono poi gli accordi di Hera, la
multiutility, con delle Onlus per salvare il cibo nelle mense che
altrimenti verrebbe buttato e finirebbe negli impianti di
compostaggio.
Va insegnato a non sprecare cibo anche a casa, iniziando ad insegnare ai bambini che il cibo ha valore.
Un valore che va riconosciuto anche agli agricoltori, il primo anello della catena del cibo, come ha raccontato nell'ultima parte del servizio il presidente di Coldiretti Moncalvo, nell'intervista in studio.
1 commento:
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