E quando arriva il momento del coccodrillo, si viene subito santificati: Gian Marco Moratti, morto ieri a Milano, è stato presentato da tutti i servizi, da tutti i giornali come l'imprenditore milanese, laborioso e discreto, petroliere con la Saras, marito dell'ex sindaco di Milano Letizia Moratti (di cui finanziava la campagna elettorale ).
Ecco, a questo quadro, mancavano alcuni tasselli, non per mancanza di rispetto per i morti, ma per una questione di onestà intellettuale.
Colma questa lacuna la lettura del libro di Giorgio Meletti, "Nel paese dei Moratti": un saggio che parte dalla morte di tre operai nella raffineria della Saras in Sardegna.
Il libro è una sorta di fotografia del capitalismo di relazione all'italiana: c'è la banca (Intesa), l'imprenditore con la sua immagine pubblica e, molto di nascosto, gli operai delle ditte in subappalto, alle prese con problemi di sicurezza:
Nello stesso fermo immagine e negli istanti successivi Massimo Moratti si dedica al rinnovo del contratto dell'allenatore dell'Inter Mourino, suo fratello Gianmarco negozia un prestito con la banca Intesa San Paolo; il numero uno della Fiat Sergio Marchionne va a Berlino per convincere il cancelliere Merkel a lasciargli comprare la Opel; l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera è alla Scala per un pranzo con il sindaco di Milano; il presidente della stessa banca, Giovanni Bazoli, partecipa ad un consiglio di amministrazione della finanziaria Mittel; il giovane azionista della fiat Lapo Elkann sale in cattedra alla IULM di Milano ; il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia parla in Veneto degli imprenditori suicidi; il capo di Telecom Italia Franco Bernabè annuncia nuovi esuberi ...
I tre operai morti, il 26 giugno 2009, si chiamavano Daniele Melis, di 26 anni, Luigi Solinas, di 27, e Bruno Muntoni, di 52(quest'ultimo era sposato e padre di tre figli), morti asfissiati in una cisterna che doevano pulire, per aver inalato dell'azoto.
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