Un aggiornamento sulle inchieste fatte sul piano pandemico e sul report dell'Oms ritirato dai vertici dell'organizzazione. Poi un servizio sull'uomo che avrebbe riciclato 500 miliardi di dollari delle mafie: come ha fatto?
Nell'anteprima un servizio su come pagano le tasse (in modo agevolato) i campioni dello sport.
Controlli al campione di Giulia Presutti
I campioni dello sport non sono campioni anche nel pagare le tasse: ci sono quelli che trasferiscono la residenza all'estero (come Fisichella o Max Biaggi) per pagarne di meno e così l'agenzia delle entrate deve fare dei controlli a campione per capire se ci sia una evasione o meno.
A Monaco ha casa anche Berrettini, finalista a Wimbledon: non è solo, tutti i campioni hanno costituito una star company, società a cui sono versati i soldi dei premi o dei gettoni dei tornei e sono tutte società in paesi a fiscalità agevolata.
Lo stato italiano, per capire se siano truffe o meno, deve fare controlli a campione ai campioni, considerati a volte come emblema del made in Italy, una presa in giro per le persone che questi giochetti, col fisco, non li possono fare.
Quella di Berrettini si chiama Asmat di cui è anche amministratore: con questo sistema gli sportivi possono alleggerire le aliquote fiscali che pagano, perché attraverso queste società che incassano i montepremi possono scaricarsi maggiori costi e dunque fanno figurare la star come fosse più “povero”.
Nella sede della società di Berrettini non c'è un ufficio preposto a curarne gli interessi, anzi nel palazzo di lusso in centro a Monaco sono presenti in un solo piano decine di società analoghe.
Qui, racconta una segretaria, le star dello sport non hanno mai messo piede, le persone vengono a prendere la posta e via.
Lo sportivo ha scelto di non rispondere alle domande della giornalista, le telecamere di Report lo hanno messo in allarme: se è tutto regolare, come mai questo sottrarsi ai giornalisti? E come mai ha scelto di contribuire poco con le sue tasse al nostro paese, preferendo Monaco?
Anche nel mondo della Formula 1 le cose funzionano in modo simile, con la differenza che le scuderie possono pagare le tasse agendo come sostituto di imposta.
I loro compensi sono tassati nel luogo dove si svolge la gara, questo dice la legge: anche se hai la sede a Monaco, come l'aveva il pilota Fisichella, per gli eventi in Italia si dovrebbero pagare le tasse in Italia.
Ma ci sono scuderie che hanno esternalizzato questa attività all'estero, per gestire i contratti dei loro piloti. Per esempio, intervistando il commercialista De Santis la giornalista scopre che un pilota Ferrari ha rapporti con una società che si chiama GSA.
Ma le ritenute in Italia non sono pagate, perché si tratta di una società svizzera, controllata al 100% da Ferrari SPA, anche qui una bella convenienza fiscale.
Come per i tennisti con casa a Monaco, anche alla GSA (società con dieci dipendenti, con grande liquidità a disposizione), commercialisti e avvocati hanno poca voglia di parlare con Report, di spiegare cosa faccia questa GSA, che rapporti abbia con Ferrari.
“Perché gli italiani vanno in Svizzera, non perché fanno bene il cioccolato” è il commento ironico del consulente di Report in questioni fiscali Bellavia.
Oggi, spiega Ferrari in risposta a Report, i contratti dei piloti sono gestiti dalla Ferrari stessa.
Il grande schema (il riciclatore autonomo) di Giorgio Mottola
Oggi le mafie italiane sono ricche come mai nella loro storia: nonostante le confische dello stato, non si scalfisce il vero patrimonio. Si recupera solo poco, il 2%, spiega Gratteri, non esiste una rete europea per combattere il riciclaggio.
Gli investigatori e i pm calabresi si sono messi sulle piste di un imprenditore calabrese, che avrebbe in gestione fondi per 500 miliardi (due volte il PNRR), Roberto Recordare, secondo l'accusa, soldi delle mafie.
Il suo era un nome che non era mai uscito, né sui giornali, né nei lavori dei magistrati, un imprenditore con un profilo basso.
Nelle intercettazioni si parla di servizi, di equilibri da sconquassare a livello mondiale: Giorgio Mottola è andato ad intervistarlo nel suo ufficio, pieno dei quadri dipinti dallo stesso imprenditore. Recordare è un personaggio particolare, anche simpatico, uno che la ndrangheta non la vede (a Palmi, dove vive) e che invece denuncia la pressione dei magistrati, il sopruso dei magistrati.
Recordare si considera un riciclatore autonomo: sul suo computer si trovano documenti che parlano di fondi per miliardi, cifre enormi per noi comuni mortali, ma non per le banche centrali, come quella degli Emirati.
Un privato non potrebbe gestire questi fondi attraverso queste banche centrali, a meno che non ci siano accordi: Recordare era in contatto con le banche centrali di paesi extra europei, soprattutto asiatici e aveva rapporti anche con personaggi di alto livello che lo aiutavano a muovere il denaro di provenienza ignota.
Come il titolo su un conto a Dubai da 36 miliardi, il cui documento era sul suo cellulare: di chi erano o sono i soldi?
Se sono fondi illeciti, andate a prenderli – è la risposta di Recordare: ma chi è questa persona, un grande truffatore o un grande riciclatore?
Mottola ha incontrato un imprenditore in opere d'arte, proprietario del documento del titolo da 500ml: si chiama Maurizio Contessa ed è un commerciante d'arte, che avrebbe trovato questi titoli da milioni dentro una intercapedine del muro di casa, dentro una valigetta del padre.
Il padre lavorava nel casinò di Montecarlo negli anni '80, dove prestava soldi ai giocatori facoltosi: è stato ucciso nel 1989 nel corso di una rapina, in auto.
Come faceva ad avere quei soldi, quei documenti con tanti soldi? Contessa si è rivolto a Recordare, affidandogli un documento da 500 ml, passando per un faccendiere coinvolto in diverse inchieste delle procure.
Recordare, nelle intercettazioni, parla con boss come Carmelo Gagliostro: parlano di movimenti di denaro, ma di quale provenienza? Sono i soldi della cosca Gagliostro?
Recordare ha incontrato due personaggi, legati al clan Santapaola, attraversando lo stretto: al telefono con loro parla di soldi che si “puliscono” attraversando paesi stranieri, come il Tagikistan.
Soldi in contanti che si spostano in più banche e che poi si integrano nell'economia lecita, in territorio europeo (diventando puliti), dopo aver girato il mondo, Afghanistan, Pakistan, Tagikistan fino alla Malesia.
Stiamo parlando di un riciclaggio di un altro livello: i paesi islamici danno garanzie a chi ricicla ancora più alte, per chi volesse ficcare il naso dentro le loro banche.
In un'altra intercettazione si parla di un conto in Liechtenstein, del senatore Renzi, prima del suo arrivo a palazzo Chigi: un conto aperto dalle persone che avrebbero favorito la sua ascesa alla presidenza del consiglio, circostanza smentita dal senatore.
Ma in questa storia si incontrano personaggi morti e poi resuscitati, come il signor Dimitri V., titolare di un fondo da 1 miliardo di dollari con sede a Cipro: miracolo? No, la foto di questa persona sul passaporto ricorda quella di Roberto Recordare, un imprenditore italiano al centro del servizio di Mottola.
Nonostante questo Dimitri V. sia morto da 30 anni l'agenzia delle entrate gli assegna nel 2017 un codice fiscale con cui delega al signor Recordare la gestione del suo fondo da 1 miliardo di dollari.
Nell'intervista, il signor Recordare nega inizialmente di aver mai conosciuto questo Dimitri, per poi cambiare versione e spiegare che sì, quello sulla foto del passaporto è lui, ma è tutto regolare, perché “la stessa persona può avere in giro nel mondo identità diverse.”
L'inchiesta di Recordare è stata in parte bruciata per un errore fatto in tribunale a Reggio: il cd con tutti gli atti dell'indagine è stato allegato ad un processo, il pm non lo aveva chiesto perché dovevano rimanere segreti. Così l'indagine è stata danneggiata perché quegli atti, nel CD, sono ora pubblici.
Come ha fatto Recordare ad operare nelle banche di questi paesi islamici, come la banca del Tagikistan, dove l'occhio di chi vuole controllare questi soldi ha difficoltà ad entrare?
La resa dei conti di Cataldo Ciccolella, Giulio Valesini
Quello tra il giornalista Valesini e il dirigente dell'Oms è un duello rusticano: farebbe anche ridere, se non ci fosse di messo una pandemia, le migliaia di morti dello scorso anno quando questo paese si è fatto trovare impreparato.
Oggi Ranieri Guerra non è più all'Oms, non può più essere foglia di fico per il nostro governo, per coprirne le magagne, per coprirne le responsabilità.
Come ex DG del ministero della Salute avrebbe dovuto aggiornare il piano pandemico ed è lo stesso Guerra ad aver fatto pressioni al ricercatore Zambon affinché modificasse il suo rapporto, dove si criticavano le scelte e le mosse del governo lo scorso anno, definite approssimative.
Ma il documento incriminato è stato ritirato solo dall'Oms o il governo italiano ha fatto pressioni sull'organizzazione?
Il documento di Zambon stava mettendo in crisi i rapporti tra Oms e la Cina, per un paragrafo dove parlava dell'origine del virus (quel virus somigliava alla Sars, circostanza che era stata negata dai cinesi), ma anche i rapporti tra Oms e l'Italia.
Così, per la riscrittura di alcune parti era stato tolto da web, per essere poi ripubblicato, con le correzioni suggerite da Oms al ricercatore, cosa che non è poi mai avvenuta.
Report ha scoperto che era stato letto anche da Speranza e da Brusaferro (presidente dell'ISS): secondo Brusaferro quel report sarebbe un incidente diplomatico, perché l'Italia è un finanziatore dell'Oms: non si può negoziare un report, non si negoziano i contenuti, a questo serve un'organizzazione come l'Oms.
L'Istituto Superiore della Sanità analizzò il documento e relazionò Brusaferro, che poi arrivò a Speranza che dice “con Kluge sarò durissimo”.
Così Oms bloccò la pubblicazione del documento i cui contenuti sarebbero dovuti essere rivisti assieme tra Oms, Iss e governo, alla faccia dell'indipendenza.
“Abbiamo bisogno che il ministro sia felice”, scrive Kluge (responsabile Oms in Europa), dopo aver parlato col ministro, a Zambon.
Felice nel senso che l'Italia stava finanziando l'Oms e quel rapporto poteva incrinare il rapporto col nostro paese. Gli italiani, forse, sentendo questa storia, saranno meno felici.
Un ruolo importante nella storia del rapporto dell'Oms di Zambon lo ha l'ex direttore Aifa Mantoan, chiamato da Kluge per mediare col ministro.
Altre correzioni al rapporto Zambon sono state fatte dalla responsabile relazione esterne Cristiana Salvi: “io correggevo lo stile” ha spiegato la Salvi, era un rapporto non corretto come stile di comunicazione.
Eppure il rapporto era stato approvato per la pubblicazione, il giorno 11 maggio, tutte le revisioni erano già state fatte: “Zambon ha costruito un caso sul nulla” spiega al giornalista di Report.
Qual era il motivo di quelle revisioni? Erano solo correzioni dello stile o anche dei contenuti: i passaggi incriminati riguardavano le infezioni dei medici, all'inizio, il fatto che al paziente zero non fosse stato fatto il tampone.
Il rapporto di Zambon era stato approvato dal comitato centrale in Svizzera e non era tenuto ad avvisare prima della sua pubblicazione il nostro governo.
E' Report che sta sposando una sua teoria, disinformando, oppure attorno a questo rapporto, al piano pandemico mai scattato, ci sono state pressioni politiche che non hanno giovato alla lotta contro la pandemia.
A Report nessuno parla niente su questo punto, tutti si trincerano dietro il riserbo per l'indagine della magistratura di Bergamo che sta indagando sul focolaio a Bergamo, in Val Seriana e sulla scelta di riaprire l'ospedale di Alzano, dopo i primi casi.
Eravamo il quarto paese per mortalità, se avessimo applicato il piano pandemico (indirizzato per l'influenza) anche se vecchio e non aggiornato dal 2006, avremmo salvato vite umane? Perché il ministero non lo ha messo in atto?
Report ha aggiunto un altro tassello alla mancanza della chiusura delle zone rosse in Lombardia: ad inizio marzo la regione lanciava un sos all'Oms, chiedendo un supporto per chiudere la regione, un altra foglia di fico.
C'è stata una telefonata da parte del dottor Caiazzo al dottor Kluge, affinché quest'ultimo chiedesse poi al governo di chiudere la regione Lombardia, ma l'Oms rispose che si doveva discutere, per non entrare in “beghe interne della politica italiana” - racconta lo stesso Zambon.
La proiezione di Caiazzo era la stesa di Merler, ricercatore della fondazione Kessler: duemila persone in terapia intensiva a fine marzo, un valore che la Lombardia non avrebbe potuto reggere.
Ma l'Oms non aiuta la regione Lombardia, in mano a partiti diversi da quello dell'allora governo: chi pagherà per queste scelte?
Di certo non pagherà la politica, che ha scelto di bloccare la commissione di inchiesta a quanto successo fino al 30 gennaio. Tutto quello che è accaduto dopo non interessa, alla politica italiana.
Commissione con primo firmatario un leghista, ma che ha avuto un grande appoggio da tutti i partiti, compreso il m5s e il pd. Tutti hanno qualcosa da coprire sui fatti dello scorso anno, per la pandemia?
E' stato tolto il riferimento all'Oms grazie ad un emendamento di un politico di LEU, stesso partito di Speranza.
E vissero tutti felici e contenti, in Italia e anche nell'Oms, che verrà guidato ancora da Thedros, presente al G20 della salute a Roma, con tanto di cena pagata da noi.
E i vaccini per i paesi poveri?
E i parenti delle vittime?
E cosa faremo alla prossima pandemia?
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