«L'ho sognata.»
«In che senso?»
«Tu in quanti sensi riesci a sognare?»
«Non so, verticale, orizzontale, diagonale.»
Ecco, perfetto. Alfio ha già cominciato a prendermi per i fondelli, forse era meglio se questa cosa me la tenevo per me.
Ma ormai è fatta. Andiamo avanti.
«Era una mia compagna di università, morta 25 anni fa. Bruciata. Hanno ammazzato lei il cane. E nessuno ha mai scoperto chi è stato»
«E tu ci hai pensato per tutto questo tempo?»
«No. io non ci ho pensato mai. È solo che adesso l'ho sognata»
«E che ti ha detto cosa.. ?»
«Ma che domande fai? Non ho mica fatto una seduta spiritica, l'ho solo sognata, non mi ha detto niente. Che cosa mi doveva dire?»
Ho conosciuto Marina Visentin alla Passione per il delitto, la rassegna di libri gialli che si tiene ogni anno a Monticello Brianza: mi aveva colpito positivamente come aveva presentato questo suo romanzo, terzo ma primo di una probabile serie, ambientato a Milano dove la protagonista, la vicequestore Giulia Ferro, si trova a dover affrontare un'indagine delicata che riguarda una sparizione. E poi un cold case, la morte di una sua amica avvenuta nel giardino di una vecchia villa sul lago Maggiore.
Una poliziotta dura, quasi spigolosa, questa Giulia Ferro: un unico amico, tra i colleghi, l'ispettore Alfio Russo, a cui concede qualche battuta e un minimo di confidenza. Un matrimonio non finito bene e poi, ma a questo si arriva man mano che si leggono i capitoli, anche rapporti difficili in famiglia. Con la madre e con la sorella.
E ora questo sogno: Letizia Giorgi studiava con lei filosofia, nonostante fosse giovane, aveva già pianificato il matrimonio con un ragazzo più grande laureato in medicina.
Come ha fatto a finire morta e per di più bruciata, nel giardino di Villa Saporiti a Laveno? Come mai dopo tanti anni, 25 per la precisione, il suo fantasma è tornata a visitarla?
Giulia decide di iniziare una sua indagine, non ufficiale, senza alcun appoggio da parte dei magistrati e dei superiori, per sentirsi in pace con sé stessa.
Ma poi capita un altro caso, la scomparsa di una signora anziana, Esmeralda Musumeci: un caso che normalmente non toccherebbe alla squadra omicidi se non fosse che la scientifica trova delle macchie di sangue in casa Musumeci. Una casa piena di mobilio antico, tante foto della signora, ma nessuna recente. E poi quel sangue che farebbe pensare ad una scena del crimine.
A complicare le cose c'è il fatto che la scomparsa è la suocera dell'assessore regionale al bilancio, l'avvocato Soneri: uno di quei politici che sono sempre stati bravi a schivare tutte le inchieste, rimanendo sempre pulito.
Questo caso le sta portando molte pressioni, sia dall'assessore che dal Questore, mentre lei è ossessionata da questa storia vecchia, a cui lavora di nascosta confidandosi solo con Alfio.
Ma è una sparizione, che poi si trasformerà in un omicidio, con ben pochi indizi e all'interno di un contesto familiare molto ambiguo.
Nella famiglia della signora Soneri, vedova e con due mariti alle spalle, sembra che le uniche persone in qualche modo preoccupate o colpite siano l'autista, che era quasi diventato uno di famiglia, e la nuora, la moglie del figlio minore. Gli altri figli sembrano freddi o disinteressati a questa scomparsa.
Nessuno ha visto o sentito niente, il giorno della sparizione, che era anche un triste giorno di pioggia (come sanno esserlo i giorni di pioggia a Milano): solo la portinaia che aveva notato un ombrello rosso lasciato davanti il cancello.
«Alla fine cosa abbiamo in mano? Un ombrello rosso, una scarpa nera, un cadavere senza testa, tanti parenti serpenti ma nessun movente »
La mia risposta non è piaciuta al sostituto Cardini che infatti si agita sulla sedia guardandosi intorno con aria infelice.
C'è n'è abbastanza per mettere in crisi qualunque investigatore: ma Giulia Ferro riuscirà a far saltare quel covo di serpi per smontare gli alibi dei familiari, per arrivare a comprendere il movente di quell'omicidio.
Con la stessa caparbietà riuscirà anche a trovare il perché di quella morte orribile, col fuoco, dell'amica. Che non era andata a seguire nel suo ultimo viaggio il giorno del funerale, ma che ancora tornava nella sua mente.
Come il fantasma della madre, morta tanti anni prima, come il pensiero della sorella, diversissima da lei.
È proprio vero con i fritti e così o li mangi subito oppure non vale più la pena. Chissà forse anche per i delitti è lo stesso, aspettare troppo rende qualunque verità stantia, indigesta. Forse probabilmente del tutto inutile
Racconta l'autrice che, sebbene non si sia mai occupata nel suo lavoro di cronaca nera, il crime l'abbia sempre affascinata: ma è dalla cronaca che nasce questa storia, dal caso di ragazza tanti anni fa a Novara.
L'autrice Marina Visentin, seconda da sinistra, alla Passione per il delitto |
Come è nato questo personaggio?
Nel corso della presentazione a La passione per il delitto, l'autrice aveva spiegato che Giulia Ferro arriva dall'osservazione di me stessa e che tutti i personaggi attorno a lei arrivano dalle persone che osservo tutto il giorno, passeggiando e muovendomi per Milano:
“Amo spiare i dialoghi delle persone, che camminano davanti a me. Le persone che chiacchierano al telefono e che devi ascoltare anche se non lo vuoi.
Tutti pezzetti di vite che poi entrano nei romanzi, assieme ai pezzetti della mia vita [che non è quella di una poliziotta]: se io a 25 anni fossi entrata in polizia come sarebbe stata la mia vita?”
I luoghi del giallo: i due casi che Giulia Ferro deve risolvere sono ambientati in due luoghi diverse, la Milano dei grattacieli per la morte della cognata dell'assessore, mentre il cold case è ambientato nella zona tra il Lago Maggiore e Novara 25 anni prima: sempre l'autrice nel corso della presentazione
“mi interessava raccontare come Milano si è trasformata, il rapporto di odio amore con la città della protagonista è lo stesso rapporto personale della scrittrice. Per anni non ho amato Milano, sebbene fosse il posto dove stavo”.
Il presente e il passato: questo è un giallo ambientato nel presente ma dove ogni tanto resuscitano pezzi del il passato della protagonista, pezzi della sua vita che aveva rimosso perché dolorosi.
“Ad un certo punto devi fare i conti con i tuoi fantasmi, dolorosi, per cominciare a far pace con sé stessa”.
PS: nel corso del racconto l'autrice si lascia prendere la mano in lunghi periodi dedicati a vecchi ricordi, a pezzi del passato che, spezzando la storia, secondo me appesantiscono la lettura.
E' l'unica nota negativa di un giallo interessante e molto reale (per la descrizione dei luoghi, dei personaggi) e che lascia dentro una sensazione cupa, come quelle ferite che Giulia Ferro si porta dentro.
La scheda del libro sul sito di SEM editore
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