Astradays - Il caso AstraZeneca, seconda puntata
Nota importante: il servizio si chiedeva in che modo le informazioni scientifiche in Italia nel mondo della medicina a riguardo degli effetti, rari, del vaccino AstraZeneca. Chi ci ha voluto vedere contenuti no-vax è un come come lo stolto, che vede il dito e non la luna.
Report, col servizio di Claudia Di Pasquale, torna sul caso AstraZeneca: a marzo 2021 il dottor Greinacher aveva già individuato come curare in modo corretto i pazienti che avevano sintomi post vaccino, quei rari casi di trombosi associati alla trombocitopenia, che potevano essere trattati con immunoglobuline.
A marzo dunque si sapeva come diagnosticare questi caso e come trattarli: l'Ema recepirà questo studio il 7 aprile e assocerà questi casi, piastrine basse e trombosi, al vaccino AstraZeneca.
Queste informazioni come sono state gestite dal CTS?
Ad aprile, CTS raccomandava AZ agli ultra 60 anni, ma a maggio autorizza gli open day per gli over 18, usando un documento dell'EMA fatto assieme all'università di Cambridge.
Ma l'analisi dell'Ema riguardava la fascia di età 50-59: se si analizzavano i dati per gli under 30, i casi di coaguli di sangue avevano frequenza maggiore, tanto da rendere rischioso l'uso di questo vaccino, i benefici erano inferiori ai rischi per gli under 30.
AZ non è un vaccino per giovani – conferma l'ex direttore dell'EMA Rasi, oggi consulente del generale Figliuolo: come mai allora l'autorizzazione agli open day, usando AZ?
Avevamo una scorta abbondante di AZ, mentre mancavano i vaccini a mRNA, così si è presa questa decisione – spiega Ranucci in studio – ma omettendo l'analisi su rischi/benefici di Ema.
Erano dati già disponibili a fine marzo: che fine hanno fatto?
Contro questi open day si scatenano le polemiche: il 30 maggio 24 medici vaccinatori volontari di Genova pubblicano sull'Huffington posto una lettera dal titolo eloquente “perché Astrazeneca non è un vaccino per giovani.”
Alcuni giorni dopo un appello simile esce dall'associazione Luca Coscioni, tra i firmatari ci sono la biologa Valeria Poli e l'immunologa Anna Rubartelli: “i giovani e soprattutto le giovani donne con vaccini adenovirali possono andare incontro a delle complicanze, rarissime, ma anche molto gravi, che è questa trombosi con trombocitopenia” racconta a Claudia di Pasquale Anna Rubartelli.
“I dati scientifici, da due mesi forse, da fine marzo, dicevano che questa complicanza più frequente nei giovani, più giovani erano, più era frequente.” aggiunge la dottoressa Poli.
“Se noi sappiamo che AstraZeneca da delle complicanze gravi, nelle fasce d'età più giovani, organizzare un open day con AZ ci sembra folle, per di più i ragazzi avevano una gran voglia di vaccinarsi perché volevano giustamente tornare alla vita normale” - sempre l'immunologa Rubartelli.
Sono rimaste sorprese allora quando tante regioni scelsero questa strada, perché sapevano quanto fosse una scelta insensata: “abbiamo sentito che dovevamo fare qualcosa perché si potevano potenzialmente rischiare delle vite” e così le due dottoresse hanno fatto un appello contro gli open day.
A finire questi open day è stata la morte di Camilla Canepa, dopo aver preso il vaccino AZ: la perizia asserisce che il decesso è dovuto ai casi rari di trombosi, legati a questo vaccino.
La ragazza era sana, non aveva fragilità (diversamente da quanto è stato scritto su diversi giornali inizialmente): l'insinuazione di malattie pregresse ha dato molto fastidio ai familiari della ragazza che, pochi giorni dopo l'inoculazione di AZ aveva sintomi chiari, mal di testa, fotofobia, piastrine basse.
Al pronto soccorsi di Lavagna tengono sotto controllo la ragazza che non viene curata con immunoglobuline: viene così dimessa dopo una TAC che da esito negativo.
Secondo un rapporto dell'AIFA, fatto anche dal professore Valerio De Stefano (membro della società Italiana per lo Studio dell'Emostasi e della Trombosi), si doveva fare una angio-TAC, che avrebbe evidenziato una trombosi nei seni nasali.
Camilla torna in ospedale, dove vengono rilevate diverse emorragie: nonostante le cure e il trasferimento a Genova, muore.
All'ospedale di Lavagna erano arrivate delle indicazioni da AIFA e dall'azienda sanitaria ligure, su come trattare gli eventi post vaccinazione.
Queste linee guida erano state preparate ad aprile (anche da Anna Rubartelli), per essere poi approvate a fine maggio dalla regione Liguria: il 28 maggio queste linee guida sono state pubblicate sul sito dell'ordine dei medici.
Due mesi prima moriva un'altra ragazza, Francesca Toscano, sempre per eventi trombotici post vaccino, come stabilito anche dalla perizia.
Contro chi te la prendi – raccontano i genitori che hanno avuto dai medici indicazioni basilari per quel mal di testa forte, ”prendete un oki”.
Ad inizio aprile i medici avrebbero potuto trattare questi casi in modo corretto: il 26 marzo la società italiana per lo studio delle trombosi manda una lettera ai soci per spiegare come trattare questi casi, un numero ridotto di medici.
La giornalista di Report ha posto al direttore generale del ministero Rezza come mai, nonostante le indicazioni contrarie, CTS abbia autorizzato gli open day: il ministero non si è lavato le mani, il CTS ha ripreso una autorizzazione di Ema, ha risposto. Perché il ministero non firma, non avalla e nemmeno contrasta quello che fanno CTS e regioni.
Perché non spetta al ministero fare delle linee guida per trattare questi casi: spetterebbe alle società scientifiche, come quella del professore De Stefano.
LE cui direttive però sono rimaste solo ai professionisti della sua rete: chi informa allora i medici e i medici di base?
L'ordine ha risposto di aver diramato i rapporti di Aifa che però ha mandato un documento su come gestire questi casi solo a fine maggio.
La cosa nuova di Paolo Mondani e Giorgio Mottola
Secondo Vespa, anche il segretario UDC Cesa sarebbe stato avvicinato da uno 007 nei mesi in cui il governo Conte era in crisi: un incontro parallelo a quello di Renzi con Marco Mancini.
Il servizio di Giorgio Mottola e Paolo Mondani, partendo dal processo in corso a Reggio sulla ndrangheta, racconta della cosa nuova, la nuova cupola mafiosa, degli invisibili, esponenti di questa cupola appartenente a massoneria e servizi.
Si torna a parlare di servizi, dell'era Pollari, del dossieraggio di Pollari e di Pio Pompa, del finto attentato al comune di Reggio Calabria, destinato a Scopelliti. Attentato che aveva altri mandanti, per aiutare il sindaco in un momento di crisi.
Un servizio che parte da una nave affondata, col suo carico di bombe, fino ai giochi per le elezioni del presidente della Repubblica.
La nave è la Laura C., che trasportava tritolo durante la guerra: Pasquale Nucera, ex ndranghestista e collaboratore del Sismi (le cui affermazioni non hanno avuto ancora riscontri) racconta la sua storia su questa nave: dopo aver segnalato la nave ai servizi, negli anni novanta diversi sub iniziarono a prendersi quell'esplosivo che fu usato anche per la strage di Capaci – fatto che non è mai stato provato.
Negli anni duemila è ancora il Sismi che si interessa della nave: da quella nave sarebbe arrivato l'esplosivo per una bomba – senza innesco – messo nel comune del sindaco Scopelliti.
Scopelliti, su segnalazione di Mancini, aveva avuto la scorta pochi giorni prima: sempre lui è l'autore dell'informativa che rivela la bomba contro il sindaco e che tira in ballo la nave Laura C. Si è dovuto arrivare al 2010 perché alcuni pentiti rivelassero che quell'attentato era stato fatto dalla ndrangheta per favorire Scopelliti, la cui carriera politica da lì in poi sarebbe cresciuta.
Una bufala costruita con l'aiuto dei servizi di Pollari e con persone esterne si è costruita la carriera dell'ex sindaco Scopelliti: Mancini era molto attivo in Calabria in quegli anni, “erano interessati a blindare la sua carriera” racconta l'ex assessore al comune Vecchio.
Blindarlo nell'interesse delle cosche ndranghetiste, specie quella dei De Stefano, spiega l'ex assessore Vecchio.
Tutto questo è smentito sia da Pollari che da Scopelliti, mentre l'ex agente Mancini ha scelto di non rispondere.
Mancini invece era in contatto col commercialista Zumbo, uno degli invisibili: era la cerniera tra i servizi e la ndrangheta, secondo i pm, con cui la ndrangheta poteva condizionare anche molte indagini.
“Io sono un semplice commercialista” spiega a Mottola Zumbo: ha scontato una condanna per concorso esterno, per le sue soffiate su indagini in corso a boss della ndrangheta, come Giuseppe Pelle.
Era il 2010, quando stavano scattando gli arresti per l'indagine crimine infinito: Zumbo in quei giorni va a far visita al capomafia a cui racconta dei suoi contatti col Sismi (fatto confermato dal capo centro Sismi a Reggio), tra cui Marco Mancini.
Zumbo avvisa il boss degli arresti per l'indagine: si è fatto tutto gli anni di carcere senza mai rivelare chi gli avesse dato quelle informazione.
Informazioni che, da un video ripreso in carcere, Zumbo dice che arrivavano da Roma, dall'alto. Un certo Mancini che però, secondo Zumbo, non è quello dei servizi.
Negli anni di Pollari i servizi partecipano alle indagini sulla ndrangheta, indagini che non potrebbero fare: i servizi lavoravano accanto alla procura di Reggio Calabria e alla direzione nazionale antimafia, per esempio per l'operazione “bumma”.
Come se la politica, che controllava i servizi, volesse controllare le indagini sulla ndrangheta: un corto circuito democratico, una alterazione sulla divisione dei poteri spiega l'ex procuratore Spataro.
Erano gli anni anche della strage di Duisburg, che stava rovinando l'immagine dell'Italia: gli arresti scattarono pochi giorni dopo, ma solo per la cosca avversaria dei Pelle, come se ci fosse stata una negoziazione tra pezzi della ndrangheta e lo stato e i servizi.
E così, qualcuno nello stato, nel 2010, ha deciso di aiutare il boss Pelle dell'imminenza degli arresti, come ricompensa. Usando Zumbo che, dice lui, fa parte di una struttura miliare dei servizi, pur non essendo un militare.
Le indagini portate avanti dalla procura di Reggio stanno rivelando il volto della cupola mafiosa, una cosa nuova con dentro massoni e servizi. LA cupola degli invisibili, con a capo l'avvocato Paolo Romeo, cerniera tra ndrangheta e servizi.
Ma la prima rivoluzione della ndrangheta è opera del boss De Stefano, negli anni settanta.
Questa trasformazione è stata raccontata dal pentito calabrese Nino Fiume, che ha usato la metafora del treno: “c'è una ndrangheta che può essere paragonata a un treno con tanti vagoni, e ogni vagone ha il suo capo locale. Diciamo un treno locale, poi c'è un treno ad alta velocità, dove non possono salire tutti, ci vanno solo i capi, e che al di sopra di questo treno c'è gente che viaggia in aereo, e non si fa vedere.
All'insaputa anche dei passeggeri che stanno sul treno dirige gli scambi di rotta per quello che deve fare, quelli sono riservatissimi, se vogliamo chiamarli così.”
L'aereo è la cupola degli invisibili, al cui vertice ci sarebbe l'avvocato Romeo, per anni tra i dirigenti dell'MSI, poi passato al partito social democratico. E' stato già condannato per concorso esterno per i suoi rapporti con la cosca De Stefano, un personaggio in rapporti coi servizi e con la politica: “ecco perché la mafia è forte, se la prendono con me” si difende di fronte a Mottola.
Romeo ha costruito la carriera di Scopelliti, “era il Dio della politica” spiega l'ex assessore Vecchio, in contatto con politici di centro destra e sinistra.
Così, negli anni duemila, la ndrangheta non ha più bisogno di candidare i suoi politici, sono i politici di destra e sinistra che la vanno a cercare.
Accannamento – ovvero ottenere il massimo non facendo niente.
L'evoluzione della ndrangheta parte da lontano: negli anni settanta aiutò la latitanza di Franco Freda, l'esponente di Ordine Nuovo scappato da Catanzaro dove si teneva il processo per la strage di Piazza Fontana: anche in questa storia rientra l'avvocato Romeo.
Romeo e gli uomini della cosa aiutano i neofascisti per una strategia che ha origine tanti anni prima, strategia nata nell'ottobre del 1969 al summit di Montalto.
Qui si fronteggiarono i due gruppi della ndrangheta, i vecchi clan e i nuovi clan capeggiati dai De Stefano: il summit di Montalto è stato raccontato a Report da uno dei presenti, il collaboratore Carmelo Serba. Si tratta dell'avvicinamento di esponenti della ndrangheta, mediato dal boss Paolo Di Stefano con persone “che non appartengono a noi”, personaggi politici che “possono portare armi, possono portare soldi, possono portare pratica, insegnamento per fare le cose migliori di come le abbiamo fatte fino ad oggi. Dalla boscaglia arrivano questo gruppo di uomini, Stefano delle Chiaie, Pier Luigi Concutelli e Valerio Borghese.”
Erano i principali esponenti dell'estrema destra in quel momento, Delle Chiaie il fondatore di Avanguardia Nazionale, nata come scissione dall'MSI, Concutelli era tra i dirigenti di Ordine Nuovo, altro gruppo nato dal Movimento Sociale, condannato all'ergastolo per l'omicidio del giudice Occorsio (nel 1976) e Junio Valerio Borghese, ex gerarca e fondatore del Fronte Nazionale.
Pochi mesi dopo il summit scoppiano i moti di Reggio Calabria, dove il ruolo della ndrangheta era preminente, oltre a quello dei neofascisti.
L'incontro tra questi due mondi fu determinante per l'organizzazione dei moti di Reggio Calabria, nel 1970 – racconta Vincenzo Vinciguerra, esponente di Ordine Nuovo: “mobilitare le piazze era qualcosa che poteva fare la ndrangheta, non Avanguardia Nazionale, c'era un accordo operativo tra ndrangheta e A.N. che risale all'autunno del 1969, ancora prima di Piazza Fontana.”
I moti di Reggio dovevano anticipare il golpe Borghese, lo spiega Vincenzo Vinciguerra, l'ex esponente di Ordine Nuovo che ha scelto di parlare di questi eventi dopo essersi reso conto di come l'estrema destra fosse in realtà manovrata dall'alto da servizi, racconta come anche la ndrangheta avrebbe dovuto partecipare a questo golpe: “i moti di Reggio Calabria, degenerati con le tecniche di guerriglia urbana, precedevano quella che era la data del golpe Borghese.”
Anche il collaboratore Carmelo Serpa conferma quanto rivela Vinciguerra: sia la ndrangheta che cosa nostra avrebbero dovuto partecipare.
Un altro ndranghetista, Pasquale Nucera, parla del ruolo di Licio Gelli, capo della Loggia P2: “per avere il controllo del territorio delle logge, del territorio e delle votazioni, praticamente Gelli cosa ha fatto? Essendo le famose ndranghete calabresi a livello di clan e di famiglie, inseriva uno in ogni clan dentro la P2, uno per ogni locale”.
Licio Gelli, chiede il giornalista Mottola, ha contribuito allora a rifondare la ndrangheta negli anni 70? “Gelli ha rifondato il potere e che ancora dura.”
Nello stesso anno in cui viene costituita la loggia P2 di Gelli la ndrangheta si dota di una nuova struttura interna, la “santa”.
Con la santa – racconta il procuratore Gratteri – si è data la possibilità in origine solo a 33 ndranghetisti di avere la doppia affiliazione, di entrare a far parte di una loggia massonica deviata. Quindi interagire col mondo delle professioni, con un ceto sociale alto, con la classe dirigente, e quindi entrare nella stanza dei bottoni.
Con la santa i vertici della ndrangheta si fonde con la massoneria deviata, dando vita ad un nuovo sistema criminale, compiendo un vero e proprio passaggio di stato, da organizzazione statica, irrigidita da una miriade di clan e famiglie, attraverso la contaminazione con la massoneria, rompe i vincoli delle vecchie regole e si evolve verso una struttura incorporea, diventa invisibile e capace di permeare l'ambito dell'economia e della politica.
Sempre Pasquale Nucera spiega che dovevi essere santista per entrare nella massoneria: “la santa è un livello superiore che decide, è il cervello .. Un santista può dire alla polizia che lei è stato quello che ha sparato, senza portare peso ..”
Un santista può dialogare con la polizia e coi servizi: ma questa è solo una prima struttura, a cui negli anni se ne è affiancata una seconda, gli invisibili, persone non affiliate che avrebbero collaborato con boss e servizi e col mondo della politica.
L'infiltrazione della P2 ha consentito alla ndrangheta di conquistare sempre maggiore potere.
Potere, quello della P2, sopravvissuto alla sua fine, perché è confluito in altre logge, come quello della Fenice, di cui ne parla il collaboratore Vigiglio.
Fenice perché, come l'animale mitologico, risorge sempre dalle sue ceneri: la storia di questa loggia è collegata allo stato di San Marino, da qui proviene il conte Ugolini.
Grazie alle sue relazioni col governo italiano e coi servizi segreti di Pollari, il conte Ugolini riuscì a farsi nominare ambasciatore.
Secondo l'imprenditore Vigiglio, Ugolini aveva rapporti stretti con Pollari che avrebbe fatto parte della sua loggia, assieme a cardinali, industriali, banchieri, finanzieri.
Il potere della P2 passa alla loggia di Ugolini, una loggia coperta: potere economico, il controllo delle merci nei porti.
Gelli, prima della fine della P2, fondò la loggia Montecarlo, dentro cui aveva fatto parte anche Ugolini: secondo l'ex capitano di Marina Ugolini si occupava di riciclaggio, aveva avuto rapporti con politici importanti come D'Alema e Fini. E Gianni Letta: l'ex sottosegretario Letta era referente del sistema Ugolini in Calabria.
Letta, nel secondo governo Berlusconi, aveva la delega ai servizi segreti, come sottosegretario della presidenza del Consiglio. I servizi di Pollari, tra gli altri.
Tutto falso, spiega gentilmente lo stesso Letta a Mottola: di certo è che ha gestito per anni il potere vero di questo paese, ha gestito le nomine di peso in questo paese e oggi sta tessendo la tela per la nomina del nuovo presidente della Repubblica.
E' stato artefice del patto del nazareno ed è stato mandato da Berlusconi dal presidente della Cassazione prima della sua condanna per frode fiscale.
Nell'ultima parte del servizio si è parlato dei rapporti tra mafia e Berlusconi, raccontati dal pentito Nino Fiume: i soldi dei De Stefano arrivarono a Milano per la costruzione di Milano 2.
Per trasmettere i suoi programmi in Calabria, usa la rete Tele Calabria 1: dopo una serie di omicidi mafiosi che colpirono i vertici della rete, Fininvest decide di comprare la rete e affida la conduzione ad un antennista dell'azienda, Sorrenti.
Sorrenti aveva avuto rapporti stretti col boss Piromalli tanto da entrare in affari con loro: il dirigente Fininvest faceva regalini ai Piromalli, per tenerseli buoni (dopo la morte dei vecchi proprietari di Tele Calabria 1).
Un altro evento importante nella storia della ndrangheta è quello avvenuto a Polsi nel 1991, di cui parla il boss Nucera, per definire i nuovi referenti politici.
A quell'incontro si parla di un partito degli uomini, il partito della ndrangheta: a quell'incontro sarebbe stato presente anche l'ex politico di Forza Italia Matacena.
Evento negato da Matacena, eletto poi in Forza Italia nel 1994, il cui primo intervento è stato contro il sequestro dei beni ai mafiosi e l'abolizione del 41 bis. Proprio alcuni dei punti presenti nel papello.
Oggi è a Dubai, Matacena, dove fa consulenze finanziarie e nell'immobiliare e può star tranquillo perché gli emirati non riconoscono il reato di concorso esterno.
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