30 novembre 2009

Quando la mafia ricatta la politica

Il rapporto mafia politica, e i reciproci ricatti.
Si parte da lontano: dalla strage di Portella della Ginestra, nel 1947, attribuita alla banda di
Salvatore Giuliano. Strage con mandanti occulti, che portano fino alla mafia e ai politici che avevano usato la banda di Turiddu, per quello che viene considerato il primo atto della Strategia della Tensione.
Al processo, dentro le gabbie, finirono i membri della banda Giuliano e il luogotenente Pisciotta.
Che non voleva pagare da solo il prezzo della strage. E iniziò a minacciare rivelazioni pericolose per il potere:

Il processo di Viterbo del 1951 (dapprima istruito a Palermo, poi spostato per legittima suspicione) si concluse con la conferma di questa tesi, con il riconoscimento della colpevolezza di Salvatore Giuliano (morto il 5 luglio 1950, ufficialmente per mano del capitano Antonio Perenze) e con la condanna all'ergastolo di Gaspare Pisciotta e di altri componenti la banda. Pisciotta durante il processo, oltre ad attribuirsi l'assassinio di Giuliano, lanciò pesanti accuse sui presunti mandanti politici della strage. [3]

« Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: il deputato DC Bernardo Mattarella, il principe Alliata, l'onorevole monarchico Marchesano e anche il signor Scelba… Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di PortellaDopo le elezioni del 18 aprile 1948, Giuliano mi ha mandato a chiamare e ci siamo incontrati con Mattarella e Cusumano; l'incontro tra noi e i due mandanti è avvenuto in contrada Parrini, dove Giuliano ha chiesto che le promesse fatte prima del 18 aprile fossero mantenute. I due tornarono allora da Roma e ci hanno fatto sapere che Scelba non era d'accordo con loro, che egli non voleva avere contatti con i banditi. »
Gaspare Pisciotta Fino avvelenato dalla stricnina nella medicina.

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