28 settembre 2010

Giudici contro giudici

Oggi a Milano l'Associazione nazionale magistrati si riunisce a porte chiuse per discutere di P3 e questione morale: l'elezione di Marra alla corte d'appello, le telefonate sul lodo Alfano, su Cosentino e il ricorso in Cassazione ..
Giudici che discutono su altri giudici politicizzati. Dove però la politicizzazzione è a senso unico. In favore dei potenti, altro che toghe rosse e di persecuzione contro Berlusconi.

Una fonte ha rivelato al Fatto quotidiano che dentro la Corte Costituzionale ci fu chi pensò di espellere i due giudici della corte, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, che "a maggio dell’anno scorso, a pochi mesi dalla sentenza sul lodo Alfano, cenarono con Berlusconi, premier e parte in causa, il ministro della Giustizia, Angeli-no Alfano, il sottosegretario Gianni Letta e il presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini. " [dall'articolo di Antonella Mascali su Il fatto]
Decisione che non fu portata avanti, pare per non indebolire la Corte stessa.
Prima di quel comunicato, dentro al palazzo della Consulta, racconta un giudice,“sono giorni di grande amarezza per la compromissione del prestigio dell’istituzione . Quella cena è inaccettabile non perché ci fossero tra gli invitati dei politici, ma perché uno di loro era il soggetto di una nostra imminente decisione. È stata una ferita per molti di noi, a cominciare dal presidente Amirante”. Poi fa una rivelazione sul mancato avvio dell’iter per le dimissioni dei due colleghi, prevista nel caso di ‘gravi mancanze nell’esercizio delle loro funzioni’: “Alcuni di noi avremmo voluto, ma ci siamo resi conto che non ci sarebbero stati i 10 voti necessari, cioè i due terzi, obbligatori, dei componenti.”. I giudici hanno così rinunciato alla richiesta, altrimenti avrebbero ottenuto l’effetto contrario: la difesa di Mazzella e Napolitano da parte della Corte. Quindi la maggioranza dei giudici era dalla parte dei colleghi a braccetto con Berlusconi? “Qualcuno sì – ammette la fonte – altri invece hanno desistito perché convinti di poter dimostrare la nostra indipendenza”. La Corte l’anno scorso boccia la legge salva premier dopo oltre 8 ore di camera di consiglio. Segreta, naturalmente. Pertanto – senza entrare nel dettaglio della votazione e tanto meno dei nomi dei giudici – possiamo raccontare che fra i sei pro lodo Alfano, un solo giudice è di nomina presidenziale, mentre altri due provengono dalla magistratura e appartengono a organismi diversi. L’eventuale processo accerterà se tra quei sei giudici costituzionali ve ne siano contigui alla P3. Ma sulle manovre tentate, e fallite, dagli uomini con il “grembiulino”,le intercettazioni non lasciano dubbi. Da oltre due mesi sono in carcere il faccendiere Flavio Carboni, l’ imprenditore Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, geometra e giudice tributarista. “L’ambasciatore” dei nuovi piduisti al Csm e, a quanto pare,alla Consulta. Secondo la procura e il Riesame di Roma (sulla base di intercettazioni), Lombardi ha avvicinato diversi giudici costituzionali che avrebbero garantito il voto a favore di Berlusconi. “Cesare”, per gli amici della P3. Scrive il presidente del Tribunale del Riesame, Guglielmo Muntoni, quando, nel luglio scorso, respinge le richieste di scarcerazione: “Lombardi era riuscito a ottenere l’assicurazione del voto, nel senso voluto dai sodali, di sette dei 15 giudici”. Andò male, “ma resta il fatto che tale ingerenza ci fu,che essa venne esercitata su almeno 6 dei giudici costituzionali (proprio il numero dei giudici che hanno votato a favore del lodo, ndr) che anticiparono a un soggetto come il Lombardi la loro decisione”.
Ci si rende conto, allora, di quanto sia profonda l'infezione del virus piduista, dentro le istituzioni. E di come il tema della questione morale, non sia più procrastinabile. Almeno nella magistratura: per quanto riguarda la politica, non si può chiedere ad un cappone di infilarsi nel forno.

A proposito di P3, logge e corruzione:
il ministro delle finanze tedesco ha proposto la linea dura contro i membri UE che sforano i limiti sul debito pubblico, come l'Italia:

I Paesi caratterizzati da un rapporto debito/Pil superiore al 60% dovranno infatti tagliare l’eccesso del proprio debito di almeno un ventesimo all’anno se vorranno evitare di incorrere nelle sanzioni di Bruxelles. Per una Paese come la Francia, che secondo le previsioni dovrebbe chiudere il 2010 con debito pari all’83% del prodotto nazionale si tratterebbe di tagliare 4 punti percentuali all’anno per i prossimi tre anni. Per l’Italia, che con il suo 116% detiene il peggior quoziente d’Europa, sarebbe necessario tagliarne ben otto. Per un totale di circa 130 miliardi.

In questo quadro, sembrano molto rigide anche le ‘punizioni’ per chi trasgredirà i limiti. Multemilionarie per chi non riuscirà a ridurre sufficientemente il proprio debito, tagli ai fondi per lo sviluppo e ai sussidi agricoli, sospensione del diritto di voto nel Consiglio dei ministri dell’Unione per quegli Stati membri incapaci di adeguarsi alle direttive.

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