Dopo aver parlato della mancata comunicazione di informazioni su Antonio Negri, in possesso dei servizi, comunicate alla polizia giudiziaria ma non all'autorità giudiziaria (come ad es. il magistrato Giancarlo Caselli che proprio su Controinformazione aveva aperto una istruttoria, poi archiviata), facendo intendere che forse negli anni c'è stata la volontà di non fare perquisizioni nei confronti di Negri, il procuratore Calogero si concentra sul ruolo dei servizi nell'eversione.
Che convinzione si è fatto circa il ruolo dei servizi e degli altri apparati di sicurezza dello Stato nell'eversione di destra e in quella di sinistra? Furono loro ad orchestrarla?
Non credo che il terrorismo italiano sia stato il frutto di congiure di apparati istituzionali, interni o internazionali. Quel che ho scoperto indagando su entrambi i versanti del fenomeno eversivo mi ha convinto che il terrorismo è dovuto a dinamiche interne – politiche, sociali, culturali – di gruppi ristretti di persone fortemente ideologizzate, che sta ai sociologi (e forse anche agli psicologi), non a me, spiegare.
È vero che le indagini hanno messo in evidenza interventi di apparati pubblici che hano cercato – con comportamenti ora ostruzionistici, ora omissivi, ora di aperto favoreggiamento e copertura dei protagonisti della vicenda eversiva – di orientare la lotta armata sia di destra che di sinistra in direzione di assetti politici diversi da quelli cui miravano i terroristi: precisamente in direzione non del sovvertimento – obiettivo strategico di questi - , ma dello spostamento dell'asse della politica italiana dall'area di sinistra verso quella di centro o di centro-destra.Per questo, secondo me, non si può parlare di congiura. I congiurati sono d'accordo fra loro tanto sul fine quanto sui mezzi occorrenti al piano eversivo, mentre nel nostro caso la finalità dei terroristi era diversa da quella degli apparati deviati dello Stato.Inoltre i terroristi sia di destra che di sinistra erano in qualche modo consapevoli di questa tattica di strumentalizzazione ordita dall'alto. Approfittavano tuttavia del margine di libertà fortnito loro dagli apparati, convinti che alla fine sarebbe stata la loro strategia ad avere la meglio.Ciò è stato teorizzato da Franco Freda nel saggio 'La disintegrazione del sistema', ma è anche il contenuto del famoso articolo pubblicato su un giornale dell'area dell'Autonomia che affronta senza reticenze il problema del 'Chi strumentalizza chi' . In sostanza, sostengono da sponde opposte gli autori dei due scritti, sappiamo che altri cercano di strumentalizzarci: però alla resa dei conti, vedremo se sono loro a strumentalizzare noi o noi a strumentalizzare loro.In molti allora propugnarono, senza dubbio cadendo in errore, che tra le cause preponderanti del fenomeno terroristico c'erano le ingiustizie sociali. Se questo fosse stato vero, come si spiega che il terrorismo non c'è mai stato nel profondo sud, dove gli elementi di disgregazione del tessuto sociale, le ingiustizie e le povertà sono più evidenti? Come si spiega il fatto che i terroristi hanno sempre combattuto i riformisti? Per esempio, perchè è stato colpito Emilio Alessandrini, che tra l'altro si stava occupando delle deviazioni degli apparati statali che erano emerse nelle indagini su Piazza Fontana? Come si spiega l'omicidio di un giornalista illuminato e sensibile alle istanze dei deboli come Walter Tobagi?Per concludere, rispondo alla sua domanda esprimendo questo convincimento, nel quale è riassunta la mia esperienza di magistrato inquirente sugli opposti fronti della trama eversiva. In Italia combattere l'eversione è sempre stato difficile, perchè l'eversione non è mai stata isolata. È sempre stata all'interno di una strategia dove strutture deviate delle istituzioni l'hanno utilizzata come strumento di lotta politica, per perseguire interessi propri caratterizzanti da una logica istituzionale, diversi da quelli degli eversori: interessi di mutamento degli equilibri politici, non di sovvertimento. Così è avvenuto con lo stragismo e la strategia della tensione della fine degli anni Sessanta, e così anche con la lotta armata di sinistra.
Intervista tratta da "Terrore rosso: dall'autonomia al partito armato" pagina 155-157
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