25 marzo 2013

Presa diretta: la meglio sanità


Questa sera difendiamo il vituperato sistema sanitario nazionale, perché costa meno ed è il migliore in Europa. Ma coi tagli lo stanno massacrando, e i privati sono in agguato”.
Siamo così abituati a vedere nero, nel sistema Italia, che a volte ci dimentichiamo delle eccellenze che pure ci sono: come la sanità in Emilia Romagna, una delle 7 regioni virtuose (un'altra è la Lombardia, ma con qualche scandalo giudiziario in più e con un modello diverso basato sulla sussidiarietà e i rimborsi). Tre invece sono le regioni in cui la sanità è in rosso: Calabria, Campania, Lazio. 

Prima di vedere l'eccellenza, Presa diretta è andata a vedere la “peggiosanità” in Calabria: una regione dove a parlare sono i numeri dei casi di malasanità. 
Un lungo e tragico elenco di persone che, per colpa di una cattiva politica sanitaria, sono morte o sono state costrette a lunghi e penosi sacrifici.
Lauretta Pugliese è morta dopo un intervento in una clinica convenzionata nel 2011 a Reggio Calabria. La figlia ha avuto la prontezza di denunciare subito quanto successo ai carabinieri, prima che gli infermieri spostassero il corpo: il tutto per colpa dell'anestesista che iniettò il doppio della dose necessaria.

L'avvocato della famiglia “c'è poco da stare tranquilli con la sanità calabrese, finché la politica continua a fare clientelismo e a nominare primari, crea un danno alla collettività di 30 anni, perché un primario lavora per 30 anni”.

Federica Monteleone è morta nel 2007 durante un black out mentre era sotto i ferri. Fu un caso che fece rumore: ma da allora poco è cambiato. I genitori di Federica hanno aperto un poliambulatorio in ricordo della figlia.
L'ospedale di Vibo è così com'era, non è in grado di erogare i servizi minimi, ma i medici di prima continuano ad operare senza problemi e altri, pur con delle condanne alle spalle, sono anche stati promossi in altre strutture.

Il 3/12/2007 nella stessa sala operatoria muore Eva Ruscio, per una operazione alle tonsille.
I genitori di Flavio Scintillà, morto nel 2007, sono costretti a pagare anche l'avvocato del medico che ha operato il figlio, pure condannati. Flavio aveva un ematoma al cervello, a Polistena non avevano strutture idonee per curarlo e si dovette trasportarlo a Reggio.
Mancano le ambulanze in queste zone, e quelle poche che ci sono vengono impegnate per trasportare feriti lievi.

Dopo questi casi di malasanità, Loiero, l'ex presidente della regione, promise la costruzione di 4 nuovi ospedali: i genitori dei ragazzi morti entrarono nel comitato etico.
Che fine han fatto i soldi, provenienti dal fondo della Protezione civile? E gli ospedali dove sono?

Il nuovo ospedale di Gioia Tauro è stato spostato nel comune di Palmi: l'avvocato Saccomanno ha spiegato alla giornalista che dietro c'erano gli interessi della cosca dei Fallico, che avrebbero acquistato i terreni agricoli (ma poi convertiti) su cui si doveva costruire il nuovo ospedale.
Di cui il governatore Scopelliti è commissario: i costi sono passati dai 57 ml del 2007, ai 130 ml del bando di gara.

E intanto il vecchio ospedale di Gioia Tauro è sempre lì: semi vuoto, gli ambulatori funzionano per pochi giorni, le infermiere in orario di lavoro vanno a fare la spesa, i medici vivacchiano perché, per un accordo sindacale, non possono essere spostati.

Tutt'altra musica a Polistena: hanno una struttura attrezzata per pochi giorni di degenza eppure non hanno alcun filtro in ingresso che smisti gli arrivi verso altre strutture più organizzate. Per colpa dell'assenza di coordinamento regionale, tra gli ospedali, se arriva un infartuato, ci rischia la pelle.
Qui ci sono 400 dipendenti, ma 80 hanno permessi per le cure di parenti malati. 
La TAC , che nel resto del paese è arrivata nel 1980, qui è arrivata nel 2008 e se si rimpe è un problema.

Quanti sono gli ospedali in Calabria? Sono 44 e cinque sono costruiti ma mai entrati in funzione. Lo ha raccontato il giornalista Flavio D'Elia, mostrando a Presa diretta la mappa di copertura degli ospedali sul territorio.

Copertura che non rispetta nessun criterio di efficienza: ci sono ospedali balneari a Tropea, zone sprovviste di strutture come sulla costa Ionica. Due ospedali a pochi km (Consigliano e Rossano).
Secondo il piano di rientro, dovrebbero chiuderne 17: per ognuno è sorto un comitato di protesta che si oppone.
Perché la regione, nel suo piano, chiude gli ospedali e basta: non li sostituisce con nulla. E le ambulanze? E gli elicotteri? E il coordinamento dei centri?

A Cetraro c'è un ospedale costruito negli anni degli sprechi: 25000 metri quadri, quasi deserto. È stato depotenziato, tutti i servizi sono stati spostati a Paola. Dove l'ospedale è stato costruito su un terreno che sta franando a valle.
Nessuno degli ospedali, in questa regione ad alto rischio, è antisismico.

Attilio Sabato nel libro “Codice rosso” ha raccolto tutti questi casi: come la politica calabrese ha distrutto il sistema sanitario. La malapolitica porta alla malasanità sulla pelle dei calabresi.
Dice il giornalista “la sanità è stata la Fiat della Calabria”: corsi inventati per assunzioni in cambio di voti, la criminalità che gestiva laboratori di analisi private, gli appalti per le costruzioni.

Il caso di Alessandro Desenzi
Alessandro è malato di Leucemia: per curarsi è dovuto andare fino a Roma, dove han dovuto affittare una camera per passare quasi un anno. Il tutto perché in Calabria non era possibile.
A Roma, si sono appoggiati anche alla Casa di Peter Pan, una struttura privata che accoglie i bambini malati di tumore. Non prendono soldi pubblici, ma la giunta Polverini, per il piano di rientro,voleva alzare l'affitto. Per fortuna, il neo governatore Zingaretti ha concesso l'uso del palazzo gratis.

Per colpa di questa inefficienza, di questa malasanità, 68000 calabresi ogni anno sono costretti ad emigrare per curarsi e questo costa 270 ml di euro nelle casse della regione, già in rosso. 

L'eccellenza in Emilia.
Il caso Emilia, che dovrebbe essere esportato in tutto il paese, è la dimostrazione che il pubblico è in grado di fare eccellenza nella sanità, coi conti in ordine. 

Lisa Iotti è partita dall'ospedale S Orsola di Bologna, che oggi è il centro di riferimento per tutti i trapianti, grazie all'equipe del dottor Pinna.
Qui, dove il 50% dei malati per trapianto di fegato viene da fuori regione, hanno la media di interventi più alta d'Italia ed è alta anche rispetto ai dati europei.
Qui vige il sistema rete: sono i medici a girare attorno al paziente, in un lavoro di gruppo che punta all'efficienza delle risorse pubbliche.

Come funziona questa efficienza? A Cesena, per prevenire le malattie cardiovascolari (e in generale tutte le malattie) l'Asl organizza delle passeggiate notturne di 10km dalla periferia al centro. Il dott. Palazzi che si è inventato questa camminata voleva far muovere i suoi pazienti. Tutto questo funziona: si prevengono le malattie e non si spendono soldi per le cure (perché si fa prevenzione). 
A Modena la Asl fa fare ginnastica nelle palestre: esercizi prescritti dal medico, anziché medicine. E l'esercizio funziona come farmaco, per i casi di diabete, i dati della sperimentazione sono buoni.
Come mai non si fa nelle altre regioni?

Il dottor Conconi è colui che pensò questo modello, dove i medici devono stare in mezzo alla gente, non al chiuso dei loro studi.
È sua l'idea di far muovere i pazienti per curarli: si sono risparmianti, nella Asl di Ferrara, 18 euro per ogni km percorso.
Perché è questo il punto: l'inattività fisica ha un costo, stimato in America in 710 miliardi di euro: sfruttando la ginnastica, le passeggiati si stima un risparmio di 60 miliardi di euro l'anno.
Ma forse ai politici conviene spendere soldi in medicine e convenzioni?

La casa della salute: a San Secondo Parmense il vecchio ospedale è stato trasformato nella casa della salute dall'Asl. Sembra di stare in un centro congressi: spazi luminosi, ambulatori per tutti gli esami, medici di famiglia presenti anche la sera. 
I tempi di attesa per le visite sono bassissimi, anzi, a volte è la stessa Asl che convoca le persone (che possono essere accompagnate dal taxi sociale): è il principio della medicina attiva che tende a prevenire le malattie. In questo modo non si intasano i pronto soccorsi (vi ricordate le scene penose di Roma).
I medici qui si sono messi in gioco per usare al meglio il bene comune, i soldi pubblici: il risultato è un risparmio per la Asl di Parma di 3-4 milioni di euro.
I medici in rete: i referti degli esami sono trasmessi in rete a tutti gli specialisti dell'Asl.
Ogni mese si organizzano gli incontri con la gente.
Le medicazioni a casa: sempre a carico della Asl sono le medicazioni a casa per i 100000 pazienti.

L'Emilia è la regione che più ha investito nella sanità sul territorio, l'assistenza domiciliare.

A Forlì c'è il laboratorio d'analisi, unico per la regione, più grande d'Europa. Grazie alla centralizzazione, si sono potute comprare le macchine d'avanguardia, si sono ottimizzati i costi e si è raggiunta una maggiore competenza sulle analisi, grazie ai volumi gestiti.

Sono queste le ragioni che hanno portato ad avere i conti in ordine: meno spesa per gli ospedali e più sul territorio. Qui la gente si ricovera solo quando serve.

Anche l'ospedale di Forlì è di eccellenza: ogni cosa è pensata per ottimizzare i costi e diminuire i rischi. Dalla macchina che fa le monodosi per i ricoverati, ai braccialetti al polso delle persone, grazie a cui tutto viene tracciato sui sistemi informatici.
Perfino la gestione dei camici del personale: ognuno ha un microchip che indica quando è stato indossato e quando lavato. Nulla è lasciato al caso.
Niente sprechi di medicinali, nei lavaggi dei camici: sono soldi risparmiati che possono poi essere investiti in altre maniere.
Sempre in nome del bene pubblico: l'eccellenza il risultato di valori condivisi, dal portantino al primario. Un modello che è stato costruito negli anni, dal 1980.


Un modello a rischio, però. Il presidente Errani ha lanciato ieri il suo grido d'allarme:

l governatore: "se tu mi fai un taglio lineare chi è più virtuoso è quello che subisce il colpo più pesante. I conti della sanità dell'Emilia Romagna rischiano sotto i colpi dei tagli del governo Monti! In Italia sulla sanità non è affatto vero che si spende molto, si spende troppo poco, bisogna rifinanziare il sistema sanitario nazionale, proprio l'opposto di quello che ha fatto il governo. Bisogna governare il sistema sanitario, chi sbaglia nel governo della sanità deve risponderne, ma il diritto alla sanità e al sistema universalistico in questo Paese non si può e non si deve toccare."



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