07 marzo 2013

Il minimo sindacale

Gli otto punti di Bersani sono proprio il minimo sindacale, per cercare un accordo che diventa ogni giorno sempre più difficile.
Per dire: bene la proposta di anticorruzione, specie se toglie di mezzo le ambiguità e i "favori" (nella legge anticorruzione dei tecnici) che hanno mandato in prescrizione le tangenti ai DS per il sistema Sesto.
Bene anche parlare di conflitto di interesse, ma la proposta di Bersani è veramente light (lo spiega Travaglio nel suo editoriale su Il fatto).
Non impedisce ad un ministro in carica di ricevere finanziamenti da parte di imprese private che dovrebbero essere controllare da quel ministero.
E le norme sul lavoro? Le norme per disboscare la giungla dei contratti precari?
Le spese militari, i caccia F35?
Quelli si che sarebbero costi da tagliare e soldi certi da usare in sanità e ricerca.

C'è la norma contro il riciclaggio e l'autoriciclaggio: ma contro l'evasione? Contro i tesoretti all'estero? Le società fittizie create nei paradisi fiscali?

E poi, comunque stiamo parlando di norme che toccano poco la macchina dello stato, la burocrazia ministeriale.
Si può leggere oggi sul corriere, ad esempio, l'inchiesta di ReportTime sui magistrati e avvocati fuori ruolo: "Uno degli ultimi atti del governo Monti: un decreto legislativo su una serie di incarichi che i magistrati e gli avvocati dello stato possono ricoprire in posizione di fuori ruolo dalla loro amministrazione di appartenenza"

Per non parlare delle banche, della questione derivati, delle società pubbliche e degli stipendi dei supermanager (che un referendum in Svizzera ha ben tosato).
Insomma, dobbiamo scegliere: o salvare il paese, o salvare il palazzo. Ma per salvare il paese serve gente nuova, con un mentalità nuova.
E non ho ancora capito cosa voglano fare in proposito i grillini.

Mission impossible di Marco Travaglio
Ieri Bersani era chiamato al massimo sforzo per rendere almeno possibile la mission impossible di un governo Pd-M5S. E in un certo senso il suo massimo l’ha dato con gli 8 punti del “nuovo” programma. Purtroppo il suo massimo è molto meno del minimo che potrebbe consentire ai neoeletti del M5S di giustificare davanti ai loro elettori l’eventuale appoggio a un governo. E quel minimo potrebbe garantirlo solo un’alta personalità della società civile, non compromessa con i partiti e gl’inciuci dell’ultimo ventennio: come ha proposto Santoro. Anche perché dire “mai al governo con B” mentre si governa con B. da 16 mesi, fa sorridere (“mai più al governo con B.” sarebbe più credibile). Intendiamoci: fra gli 8 punti ci sono anche cose buone. Che però – a parte la legge elettorale alla francese – sono pure le più vaghe o diluite in tempi lunghi (e nei tempi lunghi saremo tutti morti): rinegoziare in Europa i vincoli di bilancio, peraltro sottoscritti da Monti con l’appoggio del Pd; salario minimo per chi non ha lavoro, che peraltro il Pd definiva insostenibile quando lo proponeva Grillo; norme costituzionali per abrogare le province e dimezzare i parlamentari; legge sulla responsabilità giuridica dei partiti; tagli e taglietti qua e là su compensi e poltrone negli enti locali; nuove norme su corruzione, falso in bilancio, reati fiscali, autoriciclaggio, voto di scambio e addirittura riforma della prescrizione (appena accorciata dalla legge Severino, su proposta del Pd, con salvataggio di Penati e delle coop rosse); e altri bei propositi.

Non una parola sui cavalli di battaglia del M5S che l’han portato al successo in tutt’Italia e addirittura al trionfo in Val Susa, a Siena, a Taranto e così via: via i fondi pubblici a partiti e giornali; via le leggi 30 e Fornero; via dal Parlamento tutti i condannati, anche sotto i 2 anni; no alle grandi opere inutili, dal Tav Torino-Lione al Terzo Valico, e agli F-35; via i sussidi a banche e imprese private (Mps, Fs, Autostrade ecc.); basta con i Riva che violano la legge all’Ilva; inversione di rotta sui rifiuti, per ridurre progressivamente i materiali inceneriti; antitrust per tv e pubblicità; ritiro delle truppe dall’Afghanistan; tetto alle pensioni d’oro. Totalmente ignorata anche la campagna online di MicroMega, che ha raccolto 130 mila firme in cinque giorni, per dichiarare subito ineleggibile B. ai sensi della legge 361/1957 sui concessionari dello Stato.

Anzi il modello da seguire per i conflitti d’interessi è la legge-brodino approvata in commissione “alla Camera nella XV legislatura” (2006-2008). Una barzelletta. Il testo, scritto da Franceschini, Bassanini e Violante (“Si tratta di perfezionare la legge Frattini”) e nobilitato dalle firme di Elia e Onida, riguarda solo i conflitti dei membri del governo, non dei parlamentari; e soprattutto non prevede alcuna ineleggibilità, ma solo il passaggio delle azioni delle imprese del titolare del conflitto a un blind trust, un fondo cieco. Ma così si può risolvere il conflitto d’interessi “attivo”: quello di chi, al governo, potrebbe legiferare a vantaggio delle proprie aziende. Non certo quello “passivo”: di chi, al governo, viene favorito dalle proprie aziende – tipo tv e giornali – nel mantenere o nell’acquisire consenso presso l’opinione pubblica. Insomma, se B. rimane un semplice parlamentare, anche se diventa capogruppo del Pdl o presidente del Senato, non gli succede niente; casomai tornasse al governo, le sue azioni di Mediaset, Mondadori ecc. finirebbero nel fondo cieco, ma i suoi giornalisti continuerebbero a vederci benissimo (e comunque, a quel punto, potrebbe abrogare la legge). Sarà un caso, ma il primo a escogitare il blind trust (Montanelli lo chiamava “blind truff”) per risolvere il conflitto d’interessi di B. era stato, nel 1994, lo stesso B. Insomma, i 5Stelle un governo Bersani non possono appoggiarlo. Ma Berlusconi sì.

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