Le celebrazioni per il rapimento dell'onorevole Aldo Moro e la
strage della sua scorta in via Fani, del 16 marzo 1978, rischiano di
diventare il momento in cui tutta la tragedia viene sepolta dalle
solenni ovvietà (cito Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo). Il non
abbassare la guardia contro il terrorismo, il sacrificio di Moro (e
della scorta), l'orrore del terrorismo rosso.
Nel corso degli anni, l'agguato in via Fani (e più in generale il
rapimento del presidente DC) è diventato un altro dei misteri
d'Italia. Pezzi della nostra storia in cui verità e menzogne si sono
così mescolati assieme al punto da rende impossibile fare chiarezza
e mettere in luce la verità storica (per quella giudiziaria è
troppo tardi, forse).
La geometrica potenza delle BR, che in poche decine di secondi
hanno liquidato cinque persone tra agenti di polizia e carabinieri,
col colpo di grazia per evitare che qualcuno di questi potesse
sopravvivere.
Le Br raccontano di aver fatto tutto da sole.
49 colpi su di un totale di 93 proiettili ritrovati dalle forze
dell'ordine, sono stati sparati da una sola arma, che non era né
quella di Moretti né quella di Morucci avendo entrambi dichiarato
che le loro armi si erano inceppate.
Il covo in via Montalcini, molto lontano dal luogo del
ritrovamento del cadavere in via Caetani.
L'altro covo, in via Caetani, “fatto” scoprire grazie
ad una perdita d'acqua e subito bruciato dalle forze dell'ordine.
Il modo in cui lo stato hanno risposto al rapimento: i comitati
dentro il Viminale i cui verbali si sono persi. I posti di blocco in
tutta Italia che non hanno impedito ai postini delle Br (e alla
Renault4) di muoversi per Roma.
La presenza di uomini della P2 sul luogo dell'agguato, nei
comitati di crisi, ai vertici dei servizi, della polizia, dei
carabinieri e dell'esercito.
Le parole dell'esperto venuto dall'america, Steve Pieczenick che,
anni dopo, dichiarò di essere stato mandato a Roma per spingere lo
stato italiano nella direzione “giusta”.
Ovvero la linea della fermezza.
L'esatto contrario di quanto, solo pochi anni dopo, lo stesso
stato democratico fece per salvare l'assessore regionale Ciro
Cirillo.
“Con il trascorrere degli anni e l'acquisizione di nuove prove – afferma Imposimato – e soprattutto dopo il lavoro di redazione di questo libro mi appare chiara una cosa: il sequestro Moro, partito come azione brigatista alla quale non è estranea l'appoggio della Raf e l'interessamento, per motivi opposti, di Cia e Kgb, è stato gestito direttamente dal Comitato di crisi costituito presso il Viminale. Il delitto Moro non ha avuto una sola causa. Ma ha rappresentato il punto di convergenza di interessi disparati. In questa operazione perfettamente riuscita, sono intervenuti la massoneria internazionale, agenti della Cia [Ferracuti, criminologo che tracciò il profilo del Moro non più Moro dentro il covo delle Br], del Kgb [l'agente Sokolov presentatosi a Moro come studente borsista], la mafia [Pippo Calò che si interessò con i suoi contatti con la Banda della Magliana per scoprire il covo] ed esponenti del governo [Cossiga ministro dell'interno ed Andreotti pres. Del Consiglio], gli stessi inseriti nel comitato di crisi. Tutti questi dopo il 16 marzo, hanno vanificato le opportunità emerse per salvare la vita di Moro, spingendo di fatto le Br ad ucciderlo”
La citazione è presa dal libro “Doveva morire” Sandro Provvisionato: sono le parole dell'ex giudice
Imposimato, testimone dei fatti, avendo istruito il processo sul
rapimento.
Anche quest'anno si perderà forse
l'occasione per parlare in modo più completo di cosa è successo
quella mattina di 36 anni fa. Del percorso che aveva portato a quella
mattina, le convergenze parallele tra i due grandi partiti di massa
italiani.
Un'operazione osteggiata da America e
Russia per motivi diversi.
Un'operazione osteggiata dalle Br, il
cui rapimento di Aldo Moro segnò l'inizio del loro declino.
Un'operazione che avrebbe forse portato
l'Italia fuori dalla situazione di blocco politico (solo la DC poteva
governare, essendo l'Italia dentro l'area di influenza atlantica). Un
ricambio politico.
O forse no.
Non lo sapremo.
Dopo il 1978 l'Italia entrò negli anni
80, i ruggenti anni ottanta, quelli del pentapartito, del debito e
della loggia P2.
Oggi possiamo continuare con le
celebrazioni al monumento silenziosi. Non dimentichiamoci che dietro,
oltre all'inganno e alle solenni ovvietà, ci sono le persone:
il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, i brigadieri Domenico
Ricci e Francesco Zizzi, gli agenti di polizia Giulio Rivera e
Raffaele Iozzino.
A futura memoria, consiglio le letture
- Doveva morire di Sandro Provvisionato
- Il golpe di via Fani, di Giuseppe de Lutiis
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