Prima di tutto un pò di numeri, presi dal bel servizio di Presa diretta sulle sofisticazioni alimentari:
- tra il 2007 e il 2013 i reati connessi alle sofisticazioni sono aumentati del 170%
- è la carne il prodotto che più soffre del problema: nel 2012 sono state sequestrate 1000 tonnellate di carne
- l'agroalimentare è la seconda industria del paese e costituisce il 16% del PIL
Il colonnello Diomeda dei Nas, intervistato dalla giornalista, ha aggiunto altri dati: “In termini di fatturato della criminalità organizzata - ha detto - si parla di 14 miliardi di euro. Per rimanere solo su quello che facciamo noi, pensi che ogni anno sequestriamo mediamente prodotti per 500 milioni di euro. Noi facciamo circa 30-40mila controlli all’anno e tra questi, il 30- 40% risulta irregolare”.
Dunque, un controllo su 4 riporta irregolarità, dalla mozzarella sbiancata, al pesce avariato che con additivi chimici ritorna pesce fresco: grazie al cafodos “che è una sostanza micidiale che trasforma il pesce praticamente marcio in pesce fresco sostanzialmente e lo fa con una sovrapproduzione di stamina. Il risultato è che se non si hanno problemi di salute, ci si sente male ma la faccenda finisce lì. Se invece lo mangia una persona con problemi di allergie, rischia lo choc anafilattico. Abbiamo riscontrato anche casi di suini che mangiavano rifiuti speciali o tossico nocivi perché sappiamo che il maiale divora tutto ma il problema è che poi noi lo mangiamo. Immagini cosa significa mangiare carne di maiale che si era nutrito di rifiuti speciali, si muore purtroppo”.
Perfino i suini alimentati con rifiuti tossici.
C'è da preoccuparsi, sebbene tutto questo significa anche che in Italia i controlli per fortuna si fanno, più che nel resto d'Europa.
Perché le sofisticazioni sono un danno non solo dal punto di vista commerciale, perché danneggiano i marchi e le industrie sane che soffrono della concorrenza sleale di chi non rispetta le regole.
Sono anche un problema per la salute.
Ieri Presa diretta si è concentrata su tre filoni: l'olio, la carne di suino e il biologico.
L'olio che una volta era italiano.
Se comprato una bottiglia d'olio ad un prezzo inferiore a 3 euro, probabilmente dentro non c'è olio di oliva.
Sotto quel prezzo, bassissimo, non solo è a rischio la qualità del prodotto, ma anche la nostra salute.
Il basso prezzo è imposto dalle grandi catene di distribuzione e dai grandi marchi.
Marchi su cui campeggiano immagini bucoliche, dei casati toscani. Sui quali si scrive olio extra vergine italiani, ma spesso di italiano è solo la scritta.
In Italia d'altronde si produce meno di quanto si consuma: il resto da dove arriva, allora?
Dalla Spagna, in maggior parte, e dalla Grecia.
Dove i produttori riescono a spuntare prezzi fin troppo convenienti. Per loro, non per noi e nemmeno per i contadini.
Presa diretta ha citato il processo contro la Valpesana, a Siena: è accusata di diversi reati tra cui frode in commercio, sofisticazione. Un caso di (presunta) sofisticazione di olio extra vergine falsificato, importato dalla Spagna.
Al processo si sono costituiti come parte civile i consorzi italiani di produttori di olio, che si sono ritenuti danneggiati.
La finanza, nelle sue indagini, aveva scoperto delle ricette dove si metteva nero su bianco come miscelare l'olio, che poi veniva spacciato come extra vergine.
Hanno sequestrato 8000 tonnellate di olio, quasi il 2% di quanto viene prodotto in Italia: i clienti della Valpolesana sapevano? Perché non hanno fatto controlli?
Dietro questi reati sono in ballo enormi cifre, di presunti guadagni illeciti: il procuratore Natalini ha parlato di 500000 euro, almeno.
Raffaella Pusceddu è andata poi sulle tracce dell'olio deodorato, fino in Spagna: è una sofisticazione subdola, perché consiste nel prendere un olio di bassa qualità che, con un procedimento chimico fatto in raffinerie, assume le stesse caratteristiche chimiche dell'olio extravergine.
Un reato difficile da scoprire.
In Spagna, dove Valpolesana comprava l'olio, la giornalista ha cercato di mettersi in contatto con i mediatori (tra contadini e produttori) e i responsabili del colosso spagnolo Deolio, senza successo.
Anche qui i contadini sono costretti a vendere il loro olio ad un prezzo basso, imposto da mediatori e grossi produttori, che si scaricano le responsabilità l'un l'altro.
Qui in spagna è emerso un altro problema: quello dell'olio lampante, ovvero olio non alimentare, che ormai costa quasi come l'olio normale.
Anche questo, con un trucco chimico, si trasforma in olio extravergine che vediamo sui banchi dei supermercati: 20000 tonnellate di olio lampante è stato comprato da aziende alimentari italiane. Come mai, visto che non è olio alimentare?
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