Com'era quella frase dei Fratelli Karamazov? «Chi mente a sé stesso e presta ascolto alle proprie menzogne arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé»:. La citava spesso mio nonno, e diceva che la regola dell'equilibrio morale consiste nell'opposto del comportamento descritto in questa frase. Consiste nel non mentire a noi stessi sul significato e sulle ragioni di quello che facciamo e di quello che non facciamo. Consiste nel non cercare giustificazioni, nel non manipolare il racconto che facciamo di noi a noi stessi e agli altri.
Ogni
volta che mi capita di leggere un libro di Carofiglio
mi chiedo sempre quanto dell'ex giudice (oggi senatore) sia finito
nel suo personaggio Guido Guerrieri. L'avvocato del foro di Bari che
abbiamo visto crescere nel corso degli anni: uscire da una crisi
matrimoniale e poi da una difficile relazione, da indagini che
l'hanno toccato sempre più da vicino.
Perché quella domanda?
Perché in questi romanzi il personaggio Guerrieri si racconta in
prima persona mettendosi a nudo. Raccontando la sua stanchezza, per
una vita (non solo professionale) ormai oltre il
mezzo del cammin dove
“il futuro sembra
sprofondato nel passato”.
Dove la paura per un analisi errata, e il timore di avere una brutta
malattia, lo portano da una parte ad apprezzare la vita, ma anche a
sperimentare la paura della morte. Che forse è stata solo rinviata.
“A quarantotto anni la mia vita è trascorsa per più di metà, salvo improponibili performance da isolano di Okinawa – il luogo, a quanto pare, dove c'è la più alta concentrazione di ultracentenari del mondo. Poteva esser trascorsa per molti più di metà, se quella diagnosi fosse stata esatta. Poteva essere trascorsa quasi tutta”.
È
un momento particolare della vita di Guido Guerrieri, con tante
domande per la testa e poche risposte.
In
questo momento di fragilità, un nuovo cliente si presenta al suo
studio: il giudice della corte d'Appello Larocca, compagno di
studi dell'università, studente brillante con una brillante carriera
in magistratura. In procinto di diventare presidente del Tribunale di
Bari.
Un
collega gli ha raccontato una voce, arrivata dal tribunale di Lecce,
di un'inchiesta che lo coinvolge per corruzione. Un pentito avrebbe
raccontato di scarcerazioni comperate dall'avvocato Salvagno,
grande amico di Larocca.
Una
notizia che getta il magistrato quasi della disperazione: non c'è
nulla che possa mettere in crisi un giudice quanto finire dall'altra
parte della giustizia. Da quella degli indagati. Nonostante il nostro
Guerrieri tenda a non accettare casi di corruzione come questi,
accetta l'incarico. Perché Larocca è una persona al di sopra
di ogni sospetto, competente e con una lunga esperienza. Uno così si
sarebbe mai rovinato la carriera per delle mazzette, per rigettare
delle richieste di carcerazione o di confisca di beni?
Guido
affida le prima indagini, sul pentito che accusa il giudice e
sull'avvocato che avrebbe fatto da tramite, ad un'investigatrice che
lavora nel suo studio: Annapaola Doria. Una ragazza molto
particolare: una che gira in moto con una mazza da baseball nel
borsone da palestra.
«Quando chiudemmo il verbale e l'udienza, lo spiacevole sentore della parola calunnia aleggiava sul procedimento. Tutti sapevamo che in qualche modo sarebbe rimasto lí, e tutti sapevamo che la procura avrebbe dovuto trovare qualcosa di molto solido, se non voleva che quel fascicolo finisse nella discarica delle archiviazioni o dei proscioglimenti».
Ma non è un'inchiesta come le
altre questa, per diversi motivi. Perché riguarda un giudice per il
reato di corruzione. Perché mette Guerrieri di fronte a temi etici e
questioni che riguardano la sua coscienza. Qual'è il vero ruolo di
un avvocato difensore? Dove deve fermarsi nel suo lavoro?
Dici che ci sono le regole deontologiche, la tutela del cliente, gli obblighi dell'avvocato per sottrarti alla responsabilità che ti deriva dall'aver saputo certe cose. Non è che ti nascondi dietro ai presunti doveri professionali solo per evitare seccature, solo per evitare di scegliere? Solo per sottrarti alla fatica di fare delle distinzioni? Com'era quella battuta di quel bel film di Renoir – La regola del gioco? «Ho voglia di sparire in un buco .. di non vedere più niente, di non dover più distinguere ciò che è bene e ciò che è male».
La
regola dell'equilibrio racconta dei nostri tempi, usando come base
quella del legal thriller: di come sia facile attraversare la linea
che separa rettitudine e onestà, di come spesso ci si tenda a
nascondere dietro comodi alibi, per nascondere o attenuare la
vergogna. Di come sia difficile prendere delle decisioni da soli, o
con Mr Sacco (il sacco da boxe con cui Guerrieri parla ogni sera),
senza l'aiuto di amici veri, come l'ispettore Tancredi e Annapaola.
Forse l'inizio di qualcosa di nuovo.
Qui
potete leggere le prime pagine del libro
La
scheda
del libro sul sito di Einaudi
Lo
speciale per il libro, sul sito dell'editore, con il booktrailer e
l'intervista di Attilio Bolzoni
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