15 dicembre 2014

Report – i biofurbi

I cosmetici e gli alimenti bio oggi sono prodotti in diffusione, ma anche in questo settore ci sono tanti i furbetti, i furbetti del bio che usano le parole giuste per attirare i consumatori.
Naturale, biologico, … e costoso. Ma la differenza di costo è giustificata per tutti i prodotti sullo scaffale?

Canale Cavour, piana vercellese: le risaie si stanno convertendo al biologico, ma in molti fanno i conti e dicono che è una farsa. Lo dicono i risicoltori, che servirebbe fare i controlli dopo la semina: andate a controllarli, nel momento in cui diserbano!

I produttori che usano i diserbanti accusano quelli del biologico di giocare sporco: sul sito del Sinab, la produzione di biologico ha una media di 67,84 q.li per ettaro. Il riso non biologico ha una media di 65 q.li.
Produco di meno se uso i diserbanti? È chiaro che c'è qualcosa che non va.
I prezzi crollano per colpa del dazio zero, deciso dall'Europa, sul riso importato dalla Birmania : noi italiani siamo i primi produttori di riso in Europa e siamo danneggiati da questa politica.
L'importazione selvaggia sta danneggiando i nostri risicoltori, che hanno bisogno del contributo europeo.
E allora in molti si sono però buttati sul bio, che paga di più, anche se ha leggi più stringenti: il riso bio costa tre volte di più. Ma anche tra i borsisti del riso, qualcuno dice che non esiste riso bio: la produzione del biologico scenderebbe tantissimo. Come è possibile che la resa sia la stessa del convenzionale?
Riso bio è possibile, ma senza le rese che sono registrate in Italia: forse hanno un padreterno che li aiuta, dice un vecchio agricoltore.
E i certificati degli enti? Li rilasciano le ditte che fanno bio, ma i controlli?
Piero Riccardi è andato al laboratorio della borsa del riso: qui si fanno le analisi sul riso, anche quelli dei residui dei fitofarmaci.
Che non si trovano né su quello bio, né su quello non bio. Dov'è allora la differenza? Gli esami dovrebbero essere fatti quando si diserba, perché nel biologico è vietato diserbare.
Azienda Stocchi: si è convertita al biologico, dopo una malattia in famiglia.
Ora produce solo riso senza diserbanti: fanno la rotazione dei campi, facendo riposare i terreni. La resa è chiaramente minore, perché non si sfrutta al massimo il terreno.
I costi per la produzione del riso si abbattono, senza l'uso di prodotti chimici e riducendo la produzione nei campi. Ma la produzione è inferiore: chiaramente l'obiettivo è la qualità del prodotto che importa.
In tasca al contadino rimane di più, anche con minore produzione.
Il punto è che la produzione media del bio è quasi uguale a quella del riso convenzionale: forse a dubitare sul bio si ha ragione. Anche perché il responsabile della agricoltura sostenibile, in regione, non conosce i numeri della resa del bio.

Come funzionano i controlli.
Da 1700 sono passati a 3000, gli ettari dedicati alla coltura bio nel 2014: molti produttori fanno però un mix bio e convenzionale.
Il marchio bio lo danno gli enti di controllo, che a loro volta dovrebbero essere controllati dalle regioni, che delegano alle province.
Teoricamente: in pratica il controllo è fatto attraverso questionari fatti compilare agli agricoltori.
Perché hanno tagliato fondi alle province e le regioni non danno soldi per i controlli: in mezzo a questi bisticci forse i furbetti del bio ci campano.
I risicoltori non accettano interviste, fanno parlare confagricoltura: nella confederazione non hanno mai parlato di riso biologico, strano.
Sono i giovano di confagricoltura che denunciano il finto bio, che parlano di concorrenza sleale e vogliono presentare la loro denuncia all'Europa.
Chi fa solamente bio, sono solamente tre in regione. Per loro aumentano i controlli da parte dell'ente certificatore e siccome sono pochi, sono sempre sorteggiati per le analisi a campione.
E quelli che fanno produzione mista?
La provincia di Novara non ha le forze per controllarle tutte: si controlla solo sulla carta dicono a Vercelli e Novara.
Bioagricert è l'organismo di controllo in Piemonte e Lombardia: solo il 3% è stata rilevata difettosità, ovvero è stato trovato un diserbante.
L'area del vercellese e del novarese è anche quella più inquinata dagli erbicidi, dicono all'Arpa.
Ma il picco degli inquinanti si ha solo quando si usa il prodotto chimico, che ha un tempo di degrado basso e in una decina di giorni le misurazioni riportano valori già bassi.
La parola è deroga: deroga sulle regole di produzione del bio, fatte dalla regione Piemonte, che permetteva fino a ieri la produzione di riso bio tutti gli anni sullo stesso campo.
Ma ora la ha vietato, mentre in Europa si sta discutendo di vietare anche la produzione mista.
Meglio tardi che mai.

Il mercato cosmetico.
Esiste anche il biologico dentro la cosmesi, senza sostanze chimiche: è un settore in crescita, molti consumatori hanno iniziato a comprare bio attratti dalle parole stampigliate sulle confezioni.
Tutte con la parola bio sulla confezione.
Nel 2014 il fatturato di questo settore è stimato in 400ml di euro, 8% in più rispetto al mercato.
Ma non esistono regole precise, a livello europeo e mondiale: in che modo allora si può scrivere bio sulla confezione?

Un erborista ha mostrato al giornalista di report come si coltivano i campi, senza pesticidi: dalle piante coltivate, si producono poi i prodotti cosmetici.
Anche qui c'è un ente certificante.

Ma ci sono i finti bio: prodotti che sono chiamati “naturali”, anche se c'è scritto biologico sulla confezione.
Biologico significa che gli ingredienti sono prodotti in una determinata maniera, da una agricoltura biologica: bisogna leggere la lista che compone il prodotto.

Peccato che gli scaffali sono pieni di prodotti che di bio hanno solo il nome: quanti si leggono la lista dei componenti, si scopre che dentro ci sono sostanze che arrivano dal petrolio, come la paraffina.
Anche l'uso della scritta “non testato sugli animali” è fuorviante, perché è vietato dal 2004.
Come la scritta nickel tested, vietato da anni.
Stesso discorso per i prodotti per cosmesi con la scritta per celiaci: la celiachia non ha nulla a che fare con l'uso di prodotti cosmetici.
Ma chi difende il consumatore da queste false informazioni?
Le aziende dovrebbero farsi controllare da un ente esterno: ce ne sono 7 e non hanno un unico standard: la verità è che sulla cosmesi non c'è un controllo esterno e non esiste un sistema di tutela per i consumatori.
Intervistato dal giornalista il sottosegretario Abrignani ha risposto che è un argomento che sarà oggetto di riflessione alla Camera.
Ma la legge presentata non va avanti, perché ci sono cose più importanti .. dice il presidente della commissione ambiente Realacci.
Il risultato è che fino ad oggi c'è una concorrenza sleale che frega i produttori onesti.
Qui potete rivedere la puntata (sul riso e sui prodotti cosmetici) e scaricare il pdf con la trascrizione dei servizi (su riso e cosmesi).

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