12 dicembre 2015, 46 esimo anniversario
della bomba alla banca dell'Agricoltura a Milano. La strage di
Piazza Fontana.
Sono passati così tanti anni dalla
strage, dai processi, dalle assoluzioni in sede giudiziaria, che si
avverte sempre più un distacco tra il paese, le istituzioni, la
società e la tragedia.
Il dolore dei familiari delle vittime,
la tensione morale di quanti ancora si ostinano a battersi per una
verità giudiziaria, l'ostinazione di quanti lottano per tenere viva
la memoria, sono sempre più sentimenti di una minoranza. Oggi le
notizie dei tg erano altre: tra queste, quelle riguardanti il
terrorismo di matrice fondamentalista, che sta alimentando le nostre
peggiori paure, il sentirsi vulnerabili a casa propria, nei locali,
nelle piazze, nelle strade.
Non cercherò di tracciare un parallelo
tra questo terrorismo (di fondamentalisti islamici), che spesso viene
cavalcato dalla politica in modo meschino, e quello che abbiamo
sperimentato sulla nostra pelle.
Eppure nemmeno possiamo dimenticarci di
cosa è stato, nemmeno cinquanta anni fa.
Quando gruppi di estrema destra,
coperti e aiutati a vario modo da parti dello stato, hanno compiuto
attentati sui treni, nelle piazze, davanti la Questura, nelle banche.
Causando morti e feriti.
Pur non essendoci su molti di questi
episodi una verità giudiziaria, esiste una verità storica che
delinea uno scenario ben preciso: c'è stato un periodo della
nostra storia in cui pezzi dello stato usarono l'arma del terrore
per condizionare o, meglio, stabilizzare in senso conservativo,
l'asse della politica del nostro paese.
Destabilizzare, con le bombe, con gli
attentati, per creare confusione e spaventare le persone. Spingerle a
chiedere una svolta autoritaria o, più probabilmente, per soffocare
qualsiasi tentativo di cambiamento nello scenario democratico.
Tutte queste persone hanno nomi e
cognomi: parliamo di Ordine Nuovo e dei suoi camerati Zorzi, Freda,
Maggi, Ventura. Di zio Otto, Carlo Digilio, ordinovista e pure agente
dei servizi.
Parliamo dei servizi segreti che li
coprirono, che li aiutarono a scappare, che nascosero le prove alla
magistratura. Il sid di Miceli e Maletti, degli agenti Giannettini.
Parliamo anche del mondo politico,
quello dei non ricordo, non so (Andreotti su Giannettini),
quello che ha protetto il SID e che della “teoria della
tensione”, più ne ha giovato.
Dei misteri (ma sarebbe più corretto
parlare di segreti) di Piazza Fontana in tanti sapevano: come il più
volte ministro Taviani sapeva, nella deposizione di fronte
alla Commissione Stragi disse “quel giorno non doveva morire
nessuno”.
Sapeva forse Saragat, il presidente della
Repubblica: si incontrò con Nixon nel febbraio 1969 dove
quest'ultimo presentò le sue preoccupazioni per l'avanzata delle
sinistre. Gui, altro ministro DC, riferì in commissione
monocamerale sulle stragi nel 1987, dell'incontro del 23 dicembre
1969 tra Moro e Saragat.
Quando Moro (all'epoca
ministro degli esteri) rinunciò a denunciare le notizie sui
tentativi di golpe di cui era in possesso (per i suoi contatti con
l'arma), se Saragat avesse rinunciato alla svolta autoritaria,
appoggiata da parte dei servizi, dell'ambasciata americana, della
destra eversiva ..
È la teoria dei cerchi concentrici,
spiegata dal collaboratore di Aldo Moro, Corrado Guerzoni.
“Per cerchi concentrici ognuno sa che cosa deve fare.Non è che l’onorevole X dice ai servizi segreti di recarsi in Piazza Fontana e mettere una bomba. Non accade così.Al livello più alto della stanza dei bottoni si afferma: il Paese va alla deriva, i comunisti finiranno per andare presto al potere.Poi la parola passa a quelli del cerchio successivo e inferiore dove si dice: sono tutti preoccupati, cosa possiamo fare?Si va avanti così fino all’ultimo livello, dove c’è qualcuno che dice “ va bene, ho capito ”.Poi succede quello che deve succedere.Una strage in una banca, in una stazione, in una piazza, sopra un treno.Oppure, come nel nostro caso, un omicidio di due ragazzini [si riferisce all'omicidio di Fausto e Iaio a Milano nel 1978].Così nessuno ha mai la responsabilità diretta.E se vai a dire all’onorevole X che lui è il mandante della strage di Piazza Fontana, ti risponderà di no. In realtà, è avvenuto questo processo per cerchi concentrici.
Cosa c'entra Piazza
Fontana con la strage al Bataclan, a Parigi, con le bombe dell'Isis
nei paesi orientali?
L'obiettivo, dei due terrorismi, è sempre quello di creare paura, di spingere i governi ad una risposta autoritaria, alla guerra, alle schedature dei sospetti. Una torsione anti democratica delle istituzioni.
Pochi giorni dopo la bomba del 12 dicembre 1969, mentre
quelle stesse istituzioni si preoccupavano già di coprire, creare le false piste (gli
anarchici), depistare, i cittadini milanesi reagirono in modo civile, dignitoso,
composto. Si presentarono in migliaia, silenziosi,
attoniti, ai funerali delle vittime della strage. Nessuno li aveva
chiamati, eppure erano lì.
Chiedevano
giustizia, chiedevano sicurezza e non leggi marziali o peggio:
chiedevano allo stato di fare lo Stato, di non avere zone grigie.
Gladio, la loggia P2 (e P3 e P4), banda della Magliana, la trattativa
stato mafia, l'arcipelago dell'estremismo nero, l'Anello … Storie
di ieri, penserà qualcuno. Ma ne siamo sicuri?
Anche questi sono i
valori di una democrazia (ferita da queste stragi), quelli che
dobbiamo difendere. La giustizia e la memoria della nostra storia,
che dobbiamo proteggere dalla tentazione di voler dimenticare,
come in molti vorrebbero.
Letture su Piazza
Fontana:
Una
stessa incoronata di buio di Benedetta Tobagi
Piazza
Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma ,
Maria elena Scandaliato
Piazza
Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Confine
di Stato, di Simone Sarasso.
La
repubblica delle stragi impunite di Ferdinando Imposimato
Doppio
livello di Stefania Limiti
Il
segreto di piazza Fontana di Stefano Cucchiarelli
Il
sangue e la celtica di Nicola Rao
Sappiamo
chi siete e non dimentichiamo – Piazza Fontana 1969 - 2013
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