06 dicembre 2015

Coraggio

Si gioca tutto sulle parole: coraggio e paura. Che richiamano altre parole collegate: speranza, terrorismo, valori, identità.
Parole usate come slogan, come spot, come riempitivo di un vuoto sociale, politico, reale.
Il coraggio con cui Renzi ha mandato ieri i suoi politici sul territorio coi 2000 banchetti (#italiacoraggio), a metterci la faccia e a prendersi qualche mala parola dai propri stessi elettori.
Mentre lui se ne starà ben al chiuso alla Leopolda, senza ministri né politici.
È il minimo che poteva concedere all'apparato di partito, quello che non può rottamare perché l'anno prossimo si vota e ci si deve preparare al referendum sulle riforme istituzionali.

Identità e valori: abbiamo scoperto che Natale significa presepe (quanto sarebbe contento De Filippo) e canti. Stupidamente pensavo che invece significasse babbo Natale, panettone, centri commerciali sempre pieni e sempre aperti, pranzi e cene, regali.
Certi personaggi sono passati dal Dio Po e dai druidi ai valori cristiano. Dalle cene eleganti e l'affarismo clientelare, al bambinello nato al freddo e al gelo.
Gente che nemmeno conosce il significato di parole come solidarietà, carità, rendersi prossimo.
Il siparietto di Rozzano, complice una stampa superficiale, ha riempito le pagine dei giornali.

Prima pagine che si alternavano tra la guerra in difesa del presepe presepe e le strategie da salotto contro il terrorismo.
Dobbiamo bombardare, no dobbiamo chiudere le frontiere, macché dobbiamo andare in guerra.
Bombardare vuol dire altre vittime civili.
La guerra poi, contro chi la facciamo? Pare che la Turchia compri il petrolio dall'Isis di nascosto, come forse fa lo stesso la Russia.
L'Arabia, che bombarda lo Yemen dei ribelli sciiti con nostre bombe (e altre vittime civili), finanzia Isis assieme ad altri paesi del golfo. Nostri partner commerciali.
Report raccontava di come delle milizie poi passate coi terroristi sono state addestrate da gruppi paramilitari italiani.
Dobbiamo scegliere tra due dittatori (dalle mani sporche) come Putin ed Erdogan e i fanatici sanguinari come l'Isis. Tutti e due hanno qualche problema con le libertà (di stampa, per esempio).
Finché continueremo con queste ambiguità il problema Isis non avrà soluzione.

C'è infine la paura, per alcuni, il letargo per altri, nel paese, per gli effetti della crisi.
Altre parole trasformate in hashtag per gli spot mediatici: riforme, crisi, lavoro, jobs act.
Sempre Report ha mostrato tutta l'ambiguità delle scelte dei giudici nel mondo del lavoro, sui contratti pregressi, colpa dei troppi ricorsi in Cassazione, della preparazione dei giudici, di come vengono scelti e di come vengono scelti i dirigenti degli uffici.
Siamo rimasti ad un mondo del lavoro diviso in serie A o B, non si capisce se al pubblico verrà applicato o meno l'articolo 18 vecchio stile.
E poi i numeri: per mesi abbiamo confrontato i dati, esultando per i decimali di crescita.

Elaborazione della giornalista @martafana

È cresciuto il lavoro a tempo determinato ed è cresciuta l'occupazione dei lavoratori “anziani”; i posti fissi sono stati solo 2000 e la disoccupazione giovanile è ancora un problema.
Chi ha un lavoro oggi e ha trent'anni, dovrà lavorare più a lungo per una pensione inferiore.


Riusciranno i banchetti e i tweet sui social a dare coraggio a queste persone?

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