“In un mondo dove cane mangia
cane,vince il più cane”.
Puntata casalinga, dove si parlerà di
un settore industriale che, anche in tempi di crisi, è ancora in
crescita: quello dei cibi per animali domestici, un settore in cui
gli italiani hanno speso in un anno quasi due miliardi di euro.
Il baratto a Milano (e anche in altri
comuni): i morosi incolpevoli, sotto i 1500 euro di Isee, potranno
estinguere il debito lavorando per il comune.
Infine un comune che incentiva l'uso
della bici, come a Parigi.
14 ml di italiani hanno un animale
domestico: comprano cibo per i loro animali, magari guardando le
pubblicità: sono animali coccolati, che vengono perfino mandati a
fare cure di bellezza.
E che alla fine della loro vita vengono
sepolti in cimiteri per animali, come uno di famiglia.
Si spende molto per far vivere a lungo
i nostri amici a 4 zampe: integratori, farmaci detraibili
parzialmente (ad uso veterinario). Peccato che le leggi impongano ai
veterinari la prescrizione del farmaco non generico: non è l'unico
aspetto dove la politica si è mossa a favore delle aziende del
farmaco.
Negli ultimi 10 anni la spesa per cani
e gatti è aumentata del 70%: i fondi di investimento puntano sulle
aziende che vendono cibo per animali, dove si ricicla il cibo che si
butta via.
Parliamo di 128 ml di euro solo per gli
snack fuori pasto.
Ci sono crocchette per tutte le razze e
per tutti i gusti, coi probiotici e anche senza glutine.
Che carne o pesce contengono questi
cibi? Spesso (leggendo le etichette) c'è più acqua e grasso che il
resto, ma allora come mai questi prezzi alti?
Secondo la legge, basta che ci sia
almeno il 4% di pollo o salmone, di qualsiasi provenienza, per poter
etichettare “carne al pollo”: non sappiamo da dove viene il pollo
e quale parte del pollo sia.
E poi ci sono gli additivi: servono
perché il prodotto industriale altera il cibo e allora servono gli
additivi come la Taurina, che si perde con le alte cotture.
Pochi veterinari prescrivono la dieta
casalinga, che va bene, sebbene vada integrata con additivi, come il
calcio. Cibi freschi, come quelli che mangiano i loro stessi padroni:
l'esperienza dimostra che si può far crescere un animale anche
senza cibo industriale.
Ma la maggior parte dei veterinari
consigliano cibi industriali, usando prodotti i cui depliant si
trovano perfino nelle sale d'aspetto.
Qui il marketing lavora bene,
come nel settore della cosmesi o nel mondo della farmaceutica: la
giornalista ha seguito un congresso sul tema della nutrizione dei
cani nei primi mesi di vita, sponsorizzata dalle maggiori aziende di
cibo per cani.
Aziende che non hanno permesso a
Sabrina Giannini di visitare i centri dove si sperimentano questi
prodotti: Royal Canin ha un centro di test ad Amien dove fanno i test
alimentari sui cani, dove hanno accesso i veterinari, ma non i
giornalisti, serve un appuntamento, che non viene concesso.
Nel Kansas c'è il cento studi della
Hill's: nemmeno la Hill's ha concesso le riprese, assicurando che
cani e gatti sono trattati benissimo.
Fino a prova contraria, come
testimoniano le immagini dei test in un laboratorio del Missouri:
cani operati, intubati per ingerire il cibo, tenuti in gabbia.
Le immagini hanno scosso l'opinione
pubblica americana, per cui oggi sui cibi compare l'etichetta “cruel
free”.
Poi ci sono cibi testati clinicamente
ma che costano troppo e non verrebbero mai comprati, se non fossero
suggeriti dai veterinari.
Gli studi sugli effetti di questi
prodotti sono pagati dalle aziende stesse, e spesso non sono proprio
recenti.
Scivac, l'azienda che organizza
questi incontri di formazione per i veterinari, prende soldi
dalle società che producono cibo.
In Francia addirittura i veterinari
possono vendere diete e prodotti industriali: c'è un conflitto di
interesse?
Così, in caso di problemi con le
crocchette, i padroni devono cambiare veterinari su veterinari,
crocchette su crocchette. Finché non passano a diete casalinghe o
magari a crudo.
La giornalista ha sentito anche un
allevatore del Canton Ticino: dopo aver perso diversi cuccioli
iniziò ad indagare sulle crocchette, in cui era presente una
micotossina.
I problemi sono nati con l'ingresso dei
cereali nel cibo: ci sono effetti a breve termine, come la morte dei
cuccioli appena nati, ma ce ne sono altri che emergono dopo anni.
Una ricercatrice francese spiegava come
le aziende (per la composizione dei loro prodotti) si basano su
raccomandazioni tarate su altri animali, come bovini e suini. Animali
di taglia ben diversa da cani e gatti.
Ci sono raccomandazioni per gli uomini,
ma non per animali domestici: nei loro cibi si trovano cibi di
scarto.
Certo, seguendo una dieta casalinga si
riduce il rischio di contaminazione, ma i primi sponsor per i cibi
industriali (più costosi) sono gli allevatori o i veterinari nei
canili, che consigliano marche ben precise: il cibo fidelizzato è un
bell'investimento.
I produttori hanno influenzato anche i
legislatori in Unione Europea: niente indicazione su conservanti o
antiossidanti: servono per impedire che gli olii contenuti nei cibi
irrancidiscono: anche noi umani mangiamo cibi con conservanti, ma il
problema è che gli animali domestici mangiano questo prodotti tutti
i giorni.
Tra gli antiossidanti, troviamo BHA e
BHT che sono potenzialmente cancerogeni e anche questi sono permessi
dalla UE
Se tu, padrone, hai un problema di
allergie, puoi solo chiamare un call center indicato sulla
confezione: negli Stati Uniti, invece, i proprietari di cani possono
segnalare il problema al sito del ministero. E allora le segnalazioni
possono diventare un caso penale da class action.
Milena GabanelliAllora, tirando le fila: vista la genericità delle etichette, i pochi vincoli della normativa, che si può anche violare perché dopo 6 anni stanno ancora discutendo sulle sanzioni, abbiamo chiesto ad almeno uno di questi produttori, di vedere le materie prime, vale a dire che cosa c’è dietro a tutte queste mille diciture.Le risposte sono state abbastanza variegate. Allora. C’è chi ha scritto “dobbiamo proteggere il segreto delle ricette” - a noi sarebbe bastato vedere il prima delle crocchette - un altro ha risposto “proprio adesso sto rifacendo le cisterne”; un terzo “mi è bruciato lo stabilimento”; il quarto “produco in Thailandia”. Allora. Noi saremmo stati disposti ad andare ovunque, ma non c’è stato niente da fare. Nemmeno per il presidente dell’associazione di categoria, che pure lui è un produttore. Per quel che riguarda i conservanti invece va detto che pure noi li mangiamo e hanno un loro perché; la differenza è che loro a cui vogliamo tanto bene li mangiano tutti i giorni finché campano e se dentro ci sono anche quelli non chimici non è dato sapere. Vadetto però che quando riesci a trasformare lo scarto di macellazione, in un paté raffinatissimo a 5 stelle, che tanta gente compra, perché guai a dargli avanzi, al punto da diventare, nella generale crisi dei consumi, una delle poche voci in crescita …chapeau! Fate bene a tener segrete le vostre ricette.
Il baratto di Giulio Valesini (il
link
del servizio e il pdf):
si pratica grazie ad una legge di stabilità del 2014, nel
grossetano. Risparmia il comune e risparmiano anche i cittadini. E
aumenta il senso civico delle persone.
FRANCESCA BALZANI - ASSESSORE BILANCIO COMUNE DI MILANOLa condizione di una persona che non riesce a pagare un debito, per ragioni che non dipendono dalla sua volontà - o peggio dalla sua mala volontà - spesso poi è una condizione di disagio, di sofferenza… perché è inutile negarci che poi gli automatismi delle procedure esecutive, i pignoramenti, le cartelle, creano veramente…GIULIO VALESINIE quello stavo pensando, quello del disagio, certo, però è un problema pratico, il fermo amministrativo della macchina...FRANCESCA BALZANI - ASSESSORE BILANCIO COMUNE DI MILANO…assolutamente. Sono procedure che naturalmente, se il cittadino è in una condizione di difficoltà, poi che risultato portano?
MILENA GABANELLI – IN STUDIOChe risultato portano? Se uno i soldi non ce li ha puoi mandargli tutte le cartelle che vuoi. Speriamo che questo baratto – tra l’altro previsto dalla legge - dilaghi, e poi è anche possibile estenderlo, declinarlo, in varie forme.
Bike to work di Giulio Valesini (il
link
per la puntata e il pdf): piccoli comuni come Massarosa in provincia
di Lucca cercano di imitare quello che sta facendo il comune di
Parigi, per incentivare l'uso della bici per andare al lavoro.
Il comune investe 30000 euro l'anno,
per dare 25 centesimi al km ai 50 lavoratori che si sono presentati
al bando: i soldi arrivano dalle multe degli automobilisti.
MILENA GABANELLI – IN STUDIOSe la sperimentazione funzionerà si allargherà poi oltre i 50 cittadini. Come funziona: parte il bando… i primi che si iscrivono… e poi mantengono i 600 euro l’anno, insomma non è che non sono niente, uno si fa anche una bella bici nuova. E questi soldi sono spesi bene perché è una visione lungimirante, le ricadute dell’inquinamento hanno costi ben superiori!
A Milano, se non
piove entro mercoledì il comune dovrà intraprendere l'azione dei
blocchi.
A Roma basta un
blocco di una linea del metrò o di una linea dei bus per mandare in
tilt il traffico.
Eppure le soluzioni
per l'ambiente e per il traffico (e la nostra salute) ci sono.
Certo, non
accontentato le lobby del petrolio e dei produttori di auto.
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