Puntata dedicata quasi esclusivamente
all'Eni: la presunta maxi tangente per una concessione nei mari della
Nigeria e le dismissioni di sue aziende a privati, chi ci sta
guadagnando?
Infine, un servizio sul risparmio
energetico, quanto mai in tema visti i risultati del forum
sul clima di Parigi.
Iniziamo dalla tangente (presunta) in
Nigeria:
“Eni, si sta indagando su quella che si sospetta essere una delle più grandi tangenti pagate al mondo per un blocco petrolifero in Nigeria. Uno dei mediatori: Bisignani”
Quella che racconterà stasera nel suo
servizio Luca Chianca è una storia di corruzione di
un'azienda pubblica che, dai tempi di Enrico Mattei, è un asset
strategico della nostra politica internazionale.
Al centro, un giacimento petrolifero in
Nigeria (il blocco 245)
per cui dirigenti italiani avrebbero
pagato tangenti per fare sondaggi marini a degli intermediari col
governo africano.
Storia (raccontata in questo articolo
su L'Espresso)
che parte dalla Nigeria, per arrivare fino a Londra presso l'Alta
Corte di Giustizia, nel 2012, dove era in corso un processo civile
tra due società petrolifere.
La prima, la Malabu Oil dell'ex
ministro Dan Etete e la Energy Venture Partners del mediatore Emeka
Obi.
Dalle intercettazioni spunta fuori il
nome di Luigi Bisignani, il faccendiare legato a Scaroni e
Descalzi: ha avuto un ruolo di facilitatore, si difende
rispondendo alle domande del giornalista.
Avrebbe solo usato i suoi contatti con l'Eni di ieri e di oggi.
Avrebbe solo usato i suoi contatti con l'Eni di ieri e di oggi.
Dal processo di Londra è partita
un'inchiesta della procura di Milano, a cui Eni risponde negando sia
qualunque episodio di corruzione che qualsiasi mediazione per
l'acquisto della licenza: la cifra pagata dalla società del Tesoro
è di 1 miliardo di euro (su
un conto della jp Morgan a Londra), ma solo una
parte sarebbe finita alla Nigeria: parte di questi soldi, 800 ml,
sarebbero poi arrivati nel paese africano e divisi da società poco
trasparenti. Luca Chianca racconterà cosa ha trovato lì.
L'anteprima su Reportime:
La scheda del servizio: La
trattativa di Luca Chianca
Report ha cercato di ricostruire il percorso di quella che si sospetta essere una delle più grosse tangenti mai pagate al mondo. Parliamo di circa un miliardo di dollari che l’Eni avrebbe sborsato per l'acquisto della licenza per sondare i fondali marini del blocco petrolifero denominato Opl245 in Nigeria. Il sospetto che sia stata pagata una tangente emerge per puro caso durante un processo civile presso l'Alta Corte di giustizia inglese dove nel 2012 si celebra una disputa tra due società, la Malabu oil, dell'ex ministro del petrolio della Nigeria Dan Etete, e una società delle British Virgin Islands, la Energy Venture Partners, del mediatore nigeriano, Emeka Obi. E’ il mediatore Obi che chiede all’ex ministro Etete il riconoscimento ufficiale del suo ruolo nella compravendita della Opl245.
A scoprire tutte le tre organizzazioni, le inglesi Global Witness e Corner House e l'italiana Re:common che denunciano tutto alla Procura di Milano che nel 2013 apre un'inchiesta sull'acquisto dell'Opl245. Tra le carte del processo inglese spunta anche il nome di Luigi Bisignani che, intercettato in quel periodo dalla procura di Napoli per la P4, parla con i massimi vertici dell'Eni dando indicazioni per concludere l'affare. Bisignani, intervistato da Report, ammette di aver avuto un ruolo di “attivatore” dell’affare, e ammette anche di aver avuto contatti con i massimi vertici dell’ Eni, vecchi e nuovi.
E’ stata l'Eni, guidata da Paolo Scaroni, che nel 2011 ha comprato per oltre un miliardo di dollari la licenza per il blocco petrolifero nigeriano. Eni da parte sua afferma di aver svolto la trattativa e concluso l’accordo senza i mediatori. Ma Report nel corso della sua inchiesta ha raccolto testimonianze che suscitano interrogativi su questa versione. Inoltre buona parte dei soldi pagati da Eni, ben 800 milioni, non sarebbero andati al governo, ma nelle tasce di società private nigeriane riconducibili al misterioso, Aliyu Abubakar, definito nel suo paese l’uomo ombra. Anche se l’ambasciata nigeriana ha inspiegabilmente negato il visto ai giornalisti, Report è riuscito a documentare a Lagos le sedi delle società a cui Eni ha versato gran parte degli 800 milioni: e vedremo che cosa ha trovato.
La storia delle dismissioni delle
partecipate dell'Eni: la Snam, la rete, la chimica. A chi stanno
vendendo, e come?
La scheda del servizio: Eni
dismette di Emanuele Bellano
Eni ha annunciato dismissioni per 11 miliardi di euro. Il piano prevede la vendita delle partecipazioni in Snam e nella società petrolifera portoghese Galp. Venderanno poi parte di Saipem, che con 10 miliardi di fatturato all’anno è il gigante italiano attivo nella ricerca ed estrazione di petrolio. Intanto, a maggio dello scorso anno, hanno venduto le partecipazioni nella raffineria ceca Ceska Rafinerska e la rete di distributori di benzina in Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania. Chi è il compratore? E il prezzo di vendita è stato conveniente per Eni? I manager di Eni hanno annunciato anche la vendita di Versalis, la società che possiede i suoi poli chimici, da Porto Marghera in Veneto a Priolo in Sicilia. Strutture vecchie che si trovano su aree altamente inquinate e mai bonificate. Insieme ad altri poli industriali italiani fanno parte dei 39 Sin, i siti inquinati di interesse nazionale individuati dal ministero dell’Ambiente. Di tutti e 39 finora nemmeno uno è stato ripulito del tutto e destinato a nuovo uso. Eppure è stata creata una società ad hoc, Sogesid, interamente pubblica, che opera come braccio operativo del ministero dell’Ambiente e il cui scopo è coordinare le bonifiche dei Sin. Alla fine non solo non hanno bonificato, ma i vertici di Sogesid e del ministero sono anche finiti sotto indagine per truffa allo stato e associazione a delinquere.
L'ultimo servizio riguarda l’eredità
delle bonifiche impossibili: Ma
quanto mi costi di Roberto Pozzan
La richiesta di energia elettrica aumenta sempre di più nel mondo. Ogni paese si trova ad affrontare un quesito: costerà di più generare corrente con centrali a gas o con centrali solari fotovoltaiche? Report ha cercato di fare un raffronto tra le due tecnologie, analizzando tutti i costi sia dal punto economico che quello di ricaduta ambientale, dalla sabbia alla cella, dal giacimento alla centrale, fino allo smaltimento e trattamento per il riutilizzo.
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