22 dicembre 2015

Sull'orlo del precipizio di Antonio Manzini

Incipit
Guardava il monitor del suo computer. Al centro del foglio bianco, in Times New Roman, corpo 14 maiuscolo grassetto, aveva scritto la parola FINE.L’orologio segnava le 23:30.
Sull’orlo del precipizio, il suo ultimo romanzo, era terminato.
Due anni, sei mesi e 13 giorni, tanto era costato in termini di tempo. A questo si dovevano aggiungere l’ansia, la fatica, le notti insonni, i dolori alla cervicale, 862 pacchetti di sigarette, tre influenze, 30 rate di mutuo.
Alle 23:30 di quel 2 ottobre 2015 guardando quella parola semplice di due sillabe, Giorgio Volpe, uno dei più grandi scrittori italiani, si interrogava sul suo stato d’animo.
Come sto? si chiedeva.Felice? A pezzi? Frustrato? Commosso?
Le emozioni si avvicendavano con la frequenza dei battiti cardiaci e tutte gli si adattavano al corpo come abiti cuciti da una mano di alta sartoria. Era il momento di salvare il documento e andare a dormire. Ma non riusciva a prendere sonno. Parole e frasi gli danzavano davanti agli occhi. E i dubbi lo assalivanostringendogli la gola.[Lo potete scaricare anche dall'articolo del FQ, da Sellerio]

L'ultimo romanzo di Antonio Manzini è una sorta di provocazione letteraria, un portare all'eccesso una questione, la fusione delle due case editrici Mondadori e Rizzoli, col rischio di arrivare ad una industrializzazione del prodotto letterario.
I libri come una prodotto qualunque: una saponetta o la nutella della Ferrero.
La storia parte dalla pubblicazione del romanzo “Sull'orlo del precipizio”, appena terminato dallo scrittore Giorgio Volpe:
L’INDOMANI, 3 ottobre 2015, avrebbe consegnato il manoscritto alla sua editor. Per molti un giorno come un altro, ma per i suoi lettori una data da segnarsi sull’agenda. L’aspettavano da due anni, sei mesi e 13 giorni. Tutti in attesa di chiudersi in casa, prendersi le ferie, congedarsi in malattia non retribuitae mettersi a leggere l’ultima fatica di Giorgio Volpe.Pochi erano gli scrittori che potevano ostentare un palmarès come il suo. I premi importanti li aveva vinti tutti. Le vette delle classifiche di vendita erano per lui un luogo familiare. La mala bestia, Cinquecento giorni all’i n fe r no , Facce... erano stati tre dei suoi maggiori successi. Tutte le trasposizioni cinematografiche avevano mietuto il favore della critica e soprattutto l’entusiasmo del pubblico.Il suo ultimo romanzo, Mar dei Sargassi, aveva frantumato sei record di vendita. Ora toccava a Sull’orlo del precipizio.
Ottocento pagine che raccontavano la storia della sua famiglia, del nonno, del padre, nella vecchia casa di campagna.
I fascisti, la liberazione, la Democrazia cristiana, il fallimento della sinistra, il fallimento di una famiglia. Di un paese. Di un continente. Il suo romanzo più difficile e amaro, quello che emotivamente gli era costato di più, che in quei due anni e mezzo di gestazione non gli aveva dato tregua neanche per un’ora”.

In questo libro è la Gozzi, la casa editrice di Volpi, a fondersi con altre case, per prendere il nome di Sigma.
Dopo aver presentato le bozze alla sua storica editor, Fiorella, Giorgio Volpe si trova davanti due nuovi editor della Sigma, Aldo e Sergej. Il primo sembra un venditore di case, il secondo non parla nemmeno bene l'italiano.

«Adesso la Sigma ripubblica tutti i successi del grande scrittore russo».
«I successi?» disse sbalordito Giorgio. «E che è, una compilation?».
«Sì. Vojna i mir esce settimana prossima. Ma senza inizio in francese... senza Waterloo, più corto. Solo 300 pagine». Sergej sorrise contento e fiero.
«Vojna i mir... Guerra e pace?».
«Solo pace. Guerra la tagliamo tutta». «Non si può angosciare il lettore. Guerra, odio, morte, malattie, romanzi distopici e senza futuro, basta! ..

Un intero mondo crolla addosso al povero Giorgio: basta con le metafore, basta con la guerra, basta col fascismo.

«Taliare tuti i capitoli su fascismo. Fino a scoppio guerra» aggiunse Sergej.
«Tagliare? Ma siete matti?».
«Cosa frega a giovani di fascismo? Cosa passata».
«Cosa passata? Il fascismo? In questo paese, Sergej, il fascismo è stato un periodo storico che ancora paghiamo e che...».
«Che frega a me? Allora Stalin?».


Basta anche con Manzoni: i due editor rampanti hanno messo mano anche al libro di Manzoni per renderlo, diciamo così, più attuale

«Da oggi diventa: “Quel pezzo di lago in provincia di Como (città di 85 mila abitanti, situata in Lombardia dove nacquero Plinio il vecchio, Plinio il giovane e Alessandro Volta, l’inventore della pila), che davvero non si incula nessuno,[..]Ecco, lo sente? La prosa diventa moderna, pochi fronzoli, informazioni utili

Il libro non è più un percorso accidentato, con una storia articolata, col suo carico di metafore, iperboli, di lemmi, sineddoche: deve diventare un prodotto commerciale vendibile ad un pubblico il più ampio possibile.
La gente vuole leggere di sesso? E allora diamoglielo
«Lei, Volpe, qui scrive bella scena di sesso...».
Sergej riaprì la moleskine con le istruzioni della Sigma.
«Due coiti, far vedere le tette e il sesso bagnato di donna, soprassedere su quello di maschio. Pompini solo se necessario».
Poi guardò Giorgio negli occhi. «Lei piaciono pompini?».

Tot chilogrammi di sesso, tot chilogrammi di violenza, tot chilogrammi di passione e lacrime. Un libro, come una merendina, come un panettone, come un format televisivo di quelli che vediamo in tv ogni giorno.
A Giorgio Volpe, per un discorso di dignità, non rimane che parlare direttamente col presidente della casa editrice, a Milano, nella storica sede: ma qui l'attende una nuova sorpresa.
Di fronte non trova più il vecchio capo dei capi, che pure era entusiasta della bozza.
Di fronte una donna manager che gli spiega in modo chiaro e tondo quello che è la Sigma
Sinceramente, Volpe, a noi della sua etica, della sua poetica, della sua narrativa, del suo stile, dei suoi aggettivi e dei suoi avverbi non interessa.”

Ogni autore avrà un suo codice prodotto:
..Volpe, lei sarà un codice prodotto. E qualsiasi libro scriverà, di qualsiasi genere, forma e contenuto, lei otterrà sempre quei livelli di vendita. [..]Per esempio la Ferrero. C’è un codice prodotto, per la Nutella, diciamo, ed è sempre lo stesso. E ogni anno prevedono quante se ne venderanno”.

Il racconto prende una piega sempre più sconvolgente per lo scrittore, che si ritrova dentro uno scenario, immaginario chiaramente, alla Orwell.
Viene in mente, leggendo le ultime pagine, il processo di condizionamento di Winston Smith, secondo cui 2+2=5.
Ma forse, più che a 1984, dovremmo citare Fahrenheit 451, altro romanzo distopico, dove si immagina un mondo in cui i libri vengono bruciati.
Qui, più semplicemente i libro si tramutano in “codice prodotto”, la narrativa in “comunicazione in lingua indigena”, un romanzo di formazione è mutato in un feuilleton di cappa e spada. E lo scrittore in un produttore di materiale da vendere, con ben precise scadenze.

Perché in fondo “La vita non era poi tanto male”.

La scheda del libro sul sito di Sellerio.

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon.

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