L’immagine di copertina è di Angela Varani. |
Incipit
Un po’ di malinconia mi stava venendo, amici miei, ve lo devo confessare. Ma stavo provando ad ammorbidirla con due dita di Jack Daniel’s liscio, sorseggiate con calma, le gambe allungate sulla scrivania, lo sguardo al soffitto.Nell’intonaco annerito dal fumo di sigaretta si intrecciavano svincoli di ipnotiche e tortuose fessure scavate dal tempo.
Ero solo, tolta una cimice che sgambettava sul vetro della finestra con addosso soltanto qualche goccia di Chanel N°5. Stavo lì senza far niente, aspettavo e basta. Ho sempre adorato star lì, senza far niente, aspettando e basta, ma quella volta la malinconia mi stava rovinando il mio passatempo preferito.
È stato al secondo sorsetto che dietro la porta smerigliata dell’ufficio ho visto il profilo di una donna, il naso perfetto e la chioma vaporosa ingigantita come un’ombra cinese.Per un attimo – ma soltanto per un attimo – mi sono vergognato che il vetro avesse nel mezzo una crepa inelegante.L’ombra se n’è rimasta immobile per qualche secondo, come un fotogramma di un film.
Intuivo una mano sul pomello e immaginavo due occhi splendidi leggere la scritta “Mario Borri – Investigazioni”. Ho preso un terzo sorsetto e ho tirato giù i piedi dalla scrivania. In presenza di una bella signora so essere fine, e chi afferma il contrario è un bugiardone spudorato.[Il primo capitolo lo potete scaricare qui]
Cosa succede se un
detective privato milanese, viene assunto per seguire un caso
(l'ultimo prima di andare in pensione) in provincia, sul Lago?
Questo succede al
milanesissimo Mario Borri, investigatore che sembra uscito da una
pellicola anni '40 in bianco e nero: 1 metro e sessanta d'altezza e
col vizio naturale di fare battute con le clienti, specie quelle
avvenenti.
Nonostante abbia
deciso di ritirarsi, decide di accettare il caso offerto da una
splendida signora fulva, tanto bella quanto distaccata. Forse i
piccioni del parco possono aspettare.
Di mezzo, nel caso,
c'è una questione di eredità di una vecchia zia (della cliente) che
nel testamento ha messo precise indicazioni affinché le sue due
nipoti possano ereditare.
Una delle sue
nipoti è la cliente di Mario Borri, e questo ve l'avevo già detto.
Che dovrà tenersi lontano dalla bottiglia. L'altra è la sorellina
che Borri deve sorvegliare.
Perché le
disposizioni sono state chiare:
“È per mia zia”, ha detto.
Ho alzato lo sguardo verso il reticolo di crepe del soffitto e ho sbuffato in alto una nuvola di fumo. Ho caricato la mia voce di tutta la sufficienza di cui sono stato capace e ho detto: “Va bene che il vetro della porta ha una crepa in mezzo, ma la scritta si legge bene: In-ve-sti-ga-zio-ni, non Casa di riposo. Forse voleva andare alla Baggina e ha sbagliato strada”.
“Un’altra battuta delle sue e me ne vado”, ma non si è mossa di un millimetro.
“Se mi vuole assumere è meglio che si abitui. Le battute mi vengono naturali e di solito le donne ridono, non sorridono come la Gioconda. Cos’ha la zietta che non va?”
“È morta”.
“Capisco. Capita. Vuole che pedini il feretro?”
“No, voglio che tenga d’occhio mia sorella”, e mi ha allungato un foglietto bianco. “Qui c’è nome, cognome e indirizzo”.Ho dato un’occhiata distratta, era l’indirizzo di un paese di provincia, sentito soltanto nominare. Ho lasciato planare il foglietto sul ripiano della scrivania e mi sono fatto sotto: “Se non beve cosa ci faceva agli alcolisti anonimi?”
“E lei?
“Le domande dovrei farle io. Ma per dimostrarle che sono un gentiluomo le voglio rispondere: tenevo d’occhio un giovanotto. Ci dava un po’ troppo dentro con l’Amaro Lucano. Ero stato incaricato dalla famiglia, dovevo assicurarmi che a quelle riunioni ci andasse davvero e non frequentasse i bar. Ero diventato il suo angelo custode”.
L'incarico è all'apparenza semplice: Mario Borri investigatore deve tenere d'occhio la sorellina, che è un tipo un po' leggero con gli uomini, per incastrarla (un anno di astinenza, questa la clausola della zietta).
Ma dietro tutta
questa apparenza, c'è il fatto che le indagini non si svolgeranno
più nei quartieri ben noti di Milano, ma in un un paese, Mirate al
lago, che si dimostrerà fin da subito ben poco accogliente con
l'investigatore venuto dalla città.
Col suo vestito
bianco di lino e la sua Renault color cacca.
Prima un incontro
poco amichevole col le suore del “Rifugio del pellegrino”.
Poi con un albergo
dove non fanno da mangiare e un bar dove da mangiare ci sono solo
piselli in scatola.
Va bene che non
siamo a Milano, ma qui si esagera!
Ma la storia si
complica fin da subito: il primo appostamento alla sorellina, in una
notte di stelle che termina poi con un bell'acquazzone, si trasforma
in un quasi tentato omicidio, nei confronti della ragazza, da parte
del “manzetto” che la stava accompagnando e da cui lo stesso
Borri deve scappare.
Perdendoci pure la
macchina fotografica e le scarpe. Manco fosse Cenerentola e non un
investigatore professionista.
Il paese è piccolo
e ha mille occhi, e nessuno vuole collaborare con questo
investigatore per giunta forestiero. I vigili sembra che abbiamo una
passione per la sua auto. Mille occhi lo tengono d'occhio, come
quelli che lo dalle tendine del rifugio delle suorine.
C'è qualcosa che
sfugge in questa storia, a Mario Borri investigatore: porca paletta,
mica può tornarsene a casa senza aver risolto il caso!
“Ero avvilito, amici miei. Avvilito e stanco. E avevo una strana sensazione (sempre fidarsi delle sensazioni): tutto ciò che vedevo in quel paese era una specie di fondale, il fondale di un teatro di posa. Dietro quel fondale – non sapevo neppure io quanto nascosta, quanto segreta – c'era la realtà. E io dovevo guardarla in faccia, quella realtà, se volevo venire a capo del caso. [..] Bisognava andare più a fondo. In mano avevo solo minuscoli fotogrammi, ma la trama del film mi era ancora oscura”.
Ci arriverà a
mettere in luce la trama del caso, Mario Borri, assieme ai suoi
ragazzi: un guardiano di cinghiali, un barista con la passione delle
armi e due anziani avventori del bar, di cui uno senza cappello.
Ma sarà un finale
di carriera un pelino amaro, nonostante la soddisfazione di aver
risolto il caso.
Uno scrittore deve
provare a cimentarsi in qualcosa di nuovo: questa massima deve aver
ispirato Massimo Cassani che, abbandonato momentaneamente il
personaggio di Sandro Micuzzi e la sua Milano (e via Padova), tira
fuori dal cilindro questo nuovo personaggio, Mario Borri.
1 metro e sessanta
di astuzia, umorismo e anche tanta passione per le sottane e il Jack
Daniel's.
Uno che ha deciso
di ritarsi dal lavoro, per ritirarsi in riviera e scrivere un bel
libro (perché, si sa, gli scrittori rimorchiano sempre le belle
donne).
Quello che viene
fuori è un giallo che ammicca al romanzo hard boiled americano, ma
anche al romanzo italiano, per la sua ambientazione in provincia, con
robusti innesti di ironia, come quando racconta delle disgrazie che
capitano al nostro Borri al suo primo impatto con la provincia e la
sua natura, che gli fanno venir voglia di cemento. Un mix che
funziona proprio perché Massimo Cassani li conosce bene questi due
ingredienti.
Buona lettura!
Il
blog dell'autore, Massimo
Cassani e la scheda del libro sul sito di Laurana
editore
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