Gilioli parte dal reddito minimo, per raccontare delle difficoltà nella migrazione delle persone che dovranno passare dall'orario lavorativo 8/24 ad altro.
Siamo infatti talmente abituati, da secoli, all'idea che per vivere è necessario lavorare e siamo talmente abituati a occupare col lavoro il 90 per cento del nostro tempo da svegli, da rischiare di ritrovarci spaesati, vuoti (e per un periodo tremendamente infelici) nel fuoriuscire da questa antica coazione.Stefano Feltri sul FQ del 6-01-2016, parte dal caso Bluckster e mette la pulce all'orecchio a quanti brindano per fluttuazioni di decimali nell'occupazione
Il "lavoro per vivere" è un po' la nostra sindrome di Stoccolma e guarirne implicherà una difficile fase transitoria - altro che bonanza. E su questo passaggio dovremmo iniziare a fare qualche riflessione perché non è affatto detto che nella società del lavoro rarefatto saremo serenamente svagati dalla socialità, dal divertimento e dalle passeggiate in campagna.
Tutto ciò, naturalmente, dando per scontata una precondizione: cioè che il capitalismo sappia capire che una certa redistribuzione dei profitti per legge (una volta scomparsa o fortemente ridotta quella per via salariale e contrattuale) è l'unica strada che ha per sopravvivere e prosperare. Quindi riponga l'arrogante baldanza con cui negli ultimi trent'anni ha bandito ogni governance.
Ma su questo ho abbastanza fiducia: da quando esiste, il capitalismo ha sempre preso a calci lo Stato quando gli dava fastidio salvo poi richiamarlo urgentemente quando ne aveva bisogno. E presto ne avrà di nuovo bisogno, anche se non sarà uno Stato in senso classico (quello nazionale-hegeliano) ma qualche sovrastruttura istituzionale e transnazionale d'altro tipo.
Se invece il capitalismo non la capirà, quest'esigenza di autoriforma e di redistribuzione, peggio per lui: ma (temo) peggio soprattutto per noi tutti. Perché il conflitto sociale esasperato, in una società postideologica, postreligiosa, desindacalizzata e senza più corpi intermedi, rischia di somigliare a un caotico e distopico tutti-contro-tutti.
Tutto finisce: la lezione di Blockbuster di Stefano FeltriVI RICORDATEquando il sabato sera andavate a noleggiare un dvd da Blockbuster? Non è passato poi molto tempo.All’apice della sua non lunga storia, nel 2005, la catena aveva 9.000 negozi e 80 mila dipendenti soltanto negli Stati Uniti. Oggi il servizio di video on demand Netflix vale 50 miliardi di dollari e ha soltanto 2.139 lavoratori a tempo pieno, gli unici spazi che affitta sono server di Amazon. Facebook nel 2014 ha incassato 12,5 miliardi di dollari ma ha soltanto 9.000 dipendenti. Nel 1962 l’azienda americana che aveva più dipendenti era la General Motors, impiegava 564 mila persone. Nel 2012 era la catena di supermercati Walmart, che ne aveva soltanto 2.200. “I datori di lavoro su larga scala negli Stati Uniti sono soprattutto nel commercio, dove i salari sono bassi, il turnover elevato e la mobilità verso l’a l to minima”, scrive il sociologo Jerry Davis nel paper della Brookings Institution Capital markets and job creation in 21st century.Nel 1937 il premio Nobel Ronald Coase si chiedeva perché esistono le imprese. Risposta: “C’è un costo nell’utilizzo del sistema dei p re zz i ”. È più conveniente assumere qualcuno, dargli un salario decente, benefici e incentivi a migliorare (l’invenzione della carriera) invece che affidarsi soltanto a un sistema di transazioni continue che richiede di sforzarsi sempre di saperequal è il giusto prezzo per un prodotto o un servizio. Dagli anni Ottanta le grandi imprese hanno capito che se si spostava abbastanza verso Est la contrattazione,sfruttando i bassi salari indiani o cinesi, esternalizzare poteva essere comunque conveniente. La gig economy, quella di Uber e delle piattaforme di lavoro achiamata, permette di sapere con grande facilità il prezzo sempre aggiornato anche di quei servizi che non si possono svolgere da Bangalore. E il numero di aziende che hanno necessità di assumere i propri lavoratori si riduce drasticamente. Meglio tenere presente questo quadro se anche nel 2016 continuerà l’ossessio n e tutta italiana per le variazione dello zero virgola dei tassi di disoccupazione.E tutti questi cambiamenti accadono in un mondo con sempre più disuguaglianze, sempre più conflittuale, sempre più diviso.
Buon 2016!
Nessun commento:
Posta un commento