La Puglia è la regione con più ulivi
al mondo, sono circa 5 ml sono quelli secolari, molti di questi sono
definiti “monumentali”, perché con più di mille anni.
Tutto questo rischia di scomparire per
il disseccamento, una malattia che potrebbe essere causata dal
batterio della Xylella, diffuso dalla “cicala sputacchina”. Il
batterio fa morire di sete la pianta: la soluzione consigliata dagli
scienziati è l'abbattimento delle piante malate, con un indennizzo
da 150 euro.
Sul caso Xylella è scoppiata la bomba
dell'inchiesta della procura di Lecce che ha coinvolto scienziati e
commissari del governo, oltre ai vertici regionali: Presa diretta ha raccontato il caso Xylella e la truffa dei fondi europei dell'agricoltura (e a seguire un servizio sulla legge 194, non applicata in Italia).
Il caso Xylella.
Presa diretta ha iniziato a seguire il
caso mesi fa, quando la malattia era già nota: secondo la regione si
dovrebbero abbattere tremila piante, per non lasciare in piedi nulla
di infetto.
Così molti proprietari hanno abbattuto
senza poter raccogliere le ulive. Oggi, molti attivisti contrari agli
abbattimenti hanno messo una croce, altri hanno fatto la veglia per
proteggere le piante: contestano il piano del commissario Siletti,
che prevede solo tagli.
Al momento non esistono
pubblicazioni scientifiche che correlino la Xylella al disseccamento:
in assenza di certezze, di analisi complete sui batteri, si dovrebbe
stare più cauti con gli abbattimenti.
A settembre 2015 il commissario emana
un ordinanza per cui si estende l'abbattimento per ettari attorno ad
una singola pianta malata: al posto degli uliveti rimarrebbe così
solo terra arsa.
A Torchiarolo, Brindisi, gli abitanti
hanno bloccato la strada per protestare contro questa decisione:
abbattere ulivi sani e carichi di frutti per poche piante malate.
A Bari, mesi fa, il giornalista di
Presa diretta ha incontrato Silletti, ora dimissionario:
l'epidemia è cresciuta in modo esponenziale, spiega, si dovrebbe
abbattere di più, tutte quelle malate.
“Si dovrebbe abbattere anche se ti
danno addosso tutti quanti”, ma ammette che la ricerca è da
costruire, la legge non è coadiuvata da una base scientifica.
Al CNR è stato intervistato il dottor
Boscia, nel comitato medico scientifico degli abbattimenti:
qui cercano la prova che la Xylella sia l'unico responsabile della
malattia, ma ancora non è stata trovata, sebbene si ritenga che sia
abbastanza verosimile che altri funghi siano aggravatori.
Gli abbattimenti sono una buona misura?
“No, questa è l'unica carta tecnica”, spiega.
Secondo Boscia l'agricoltura del
Salento è spacciata: o speriamo in un miracolo, oppure dobbiamo
ripensare la cultura nel Salento, spostandoci dall'ulivo alla vite,
lasciando solo gli ulivi monumentali.
A Gallipoli, dove c'è l'epicentro
dell'epidemia scoperta nel 2011, si trovano migliaia di piante morte.
Schito è il resp. del
laboratorio regionale sanitario: all'accusa sul perché non sono
intervenuti prima risponde che non erano stati coinvolti nelle prime
indagini.
L'osservatorio fito sanitario
applica la ricetta europea: che nella versione iniziale prevedeva un
abbattimento nel raggio di 200 metri.
Anche Schito ammette che in assenza di
metodi alternativo, l'unica è abbattere.
L'indagine della procura si basa sul
fatto che non esista correlazione tra Xylella e disseccamento: ci
sono ulivi col batterio dove non c'è disseccamento – racconta al
giornalista il procuratore Motta, che non è voluto entrare nel
merito dell'inchiesta.
L'intervento di eradicazione non
avrebbe senso, come gli altri provvedimenti messi in atto in regione:
non sappiamo nemmeno da quanto tempo il batterio è nel Salento, che
sarebbe presente da tanto tempo.
C'è un problema legato alla
gestione scientifica? Sarebbe servita una maggiore umiltà, per
cercare un confronto, per trovare una soluzione, non solo quella
radicale.
L'Europa ha detto che si deve
continuare ad abbattere: ma potrebbe essere stata messa in errore,
perché le sono stati dati inattendibili.
I soldi sono stati impegnati per
l'abbattimento, per l'emergenza, solo una minima parte sono stati
impegnati per la ricerca e niente per le cure.
Il ricercatore Lops,
sta provando prodotti fito-sanitari con risultati incoraggianti: usa
concimi, induttori di resistenza, stimolanti. Gli ulivi sembrerebbero
riprendersi, ma serve una sperimentazione.
Altra ricerca quella del ricercatore
Scortichini: in laboratorio è riuscito ad eliminare la
Xylella e i sintomi del disseccamento.
L'oliveto dell'avvocato Conte è
stato uno dei primi ad ammalarsi: è convinto che alla base ci
sia l'avvelenamento dei terreni, per l'eccessivo dei diserbanti e per
l'avvelenamento della faida.
I terreni sono poveri di minerali, di
sostanze organiche: tutta colpa dello sfruttamento dei terreni.
Oggi c'è la Xylella, domani potrebbe
esserci un'altra malattia perché le piante sono deboli.
Potature, terreni rimineralizzati,
sostanze organiche nei terreni: nel Salento non serviva tagliare le
piante, ma curarle: anche per questo il piano Siletti è
inapplicabile, perché non si può tagliare tutte le piante, comprese
quelle nei giardini.
Inoltre curare le piante costa meno
che tagliarle: perché lo Stato non spende i soldi per curare le
piante, allora? 50-60 euro a pianto potrebbero essere sufficienti
all'anno, a pianta, dice un coltivatore. Alla fine, la burocrazia ha
ammazzato più ulivi della Xylella.
L'attacco alla scienza.
Il direttore del CNR Accotto è
il responsabile dei ricercatori ora indagati: si dispiace di vedere
che le persone che per anni si sono dedicati alla malattia dell'ulivo
ora si trovino indagate.
C'è stato, da parte della procura un
attacco alla scienza? - ha chiesto il giornalista. Un attacco no, ma
l'inchiesta è un po' troppo, “forse la procura ha seguito
troppo le opinioni di persone della zona, legate ad associazioni”.
In realtà anche la procura ha usato la
scienza, come i ricercatori del CNR della regione: perché dovrebbe
essere meno autorevole rispetto a quelli che dicono che si deve
abbattere?
Il batterio della Xylella si deve
contenere, per non rischiare la fine di tutta l'ulivocultura: si
abbatte in attesa di capire qualcosa di più del batterio e che si
trovi un rimedio.
La malattia che ha attaccato l'ulivo
però non va confuso con la Xylella fastidiosa: nelle piante morte è
stato trovato il batterio ma non sappiamo se questo sia la principale
causa della sua fine.
Le decisione sono del livello politico
– dice il ricercatore – la scelta di abbattere è del politico.
Peppe Laganà ha letto le carte della
procura: si indagano gli scienziati non in quanto tali, ma per il
loro ruolo di consulenti. Il cuore dell'inchiesta è capire se è
vera emergenza e se la Xylella è la vera causa della malattia.
In gioco c'è tutta la produzione
dell'ulivo nel Mediterraneo.
Le truffe nei fondi europei
Nel secondo servizio, Antonella
Pusceddu ha raccontato come parte dei soldi europei per l'agricoltura
siano finiti nelle mani della mafia.
Il servizio è partito dal documentario
“Fondi
rubati all'agricoltura” che racconta la guerra degli
agricoltori per tenersi la terra, perché è con la terra si
prendono i fondi europei.
La terra gli viene loro tolta con le
intimidazioni e dietro ci sono le organizzazioni criminali: i
proprietari delle terre si sentono minacciati, osservati da persone
che girano attorno alle loro proprietà: lo scopo è cacciarli dalle
loro terre perché più terra hai, più fondi prendi, anche se non lo
lavori. Così, nell'interno della Sicilia trovi ettari di terreni non
coltivati, recintati e lasciati a pascolo.
Il presidente del parco degli Ebrodi,
Antoci, deve girare sotto scorta: la sua colpa è aver tolto i
terreni ai mafiosi, tra Messina ed Enna. Terreni che, per anni,
fruttavano ai boss anche 500mila euro in fondi europei.
Ora tutti quelli che vogliono i terreni
del parco devono avere la certificazione antimafia: si deve essere
certi che le persone che vogliono quei terreni non hanno niente a che
fare con la mafia.
È brutto scoprire che, per anni,
l'UE ha finanziato la mafia, senza che nessuno se ne accorgesse,
a Roma e a Bruxelles. E la mafia non rischiava niente, in questo
business.
Sarebbe bastato controllare, anche a
campione, sui destinatari dei fondi: c'è stata la compiacenza a
livello locale e nazionale, all'AGEA, al ministero di Roma.
I truffatori prendevano fondi anche per
terreni che non erano loro, come quelli dell'aeroporto di Trapani:
tutte le richieste partivano dai centri di assistenza agricola, gli
operatori individuavano le particelle che non avevano fatto domanda
di fondi e la usavano in modo fittizio, all'insaputa dei proprietari.
I fondi sono arrivati a Salvatore
Seminara, presunto boss, che ha intascato fondi per centinaia di
migliaia di euro: nessun controllo è stato fatto dai centri di
assistenza (CAA), che, spiegava l'impiegato, non ha gli strumenti per
fare le verifiche. “Per noi è un soggetto qualsiasi” .
L'AGEA avrà fatto i controlli allora?
Anche il fratello di Totò Riina ha
preso dei fondi europei.
AGEControl è la società
pubblica che dovrebbe fare i controlli sui fondi: ma al centro
rispondono che per i tagli, i controlli non si possono più fare.
Ci sono al massimo due persone – dice
il responsabile a Palermo.
In Sicilia arrivano 5 miliardi, dei 50
miliardi che spettano all'Italia per l'agricoltura: l'ARSEA, la
società regionale di controllo che doveva partire è oggi chiusa,
rimane solo il direttore, parcheggiato in un ufficio della regione.
Così in Sicilia si scopre (ma è
questa la parola giusta) che boss mafiosi si sono presi fondi
europei, mentre agricoltori onesti ancora devono prendere i soldi per
gli indennizzi per dei danni.
Casi analoghi si sono verificati in
Puglia e Calabria.
La giornalista di Presa diretta è
salita fino a Roma, all'AGEA: di
questa società Presa diretta se ne era occupata nell'inchiesta
sulle quote latte, quando aveva scoperto che nel database erano
registrate più mucche di quelle reali.
Agea andrebbe chiusa e inglobata nel
ministero, si diceva, ma l'ex commissario straordinario Iannelli
è durato solo 7 mesi …
All'Agea non hanno accettato
l'intervista, hanno mandato a Presa diretta solo un dossier: un po'
poco per una società pubblica, pagata dai contribuenti.
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