Nel raccontare la storia della caccia
tra Enrico Mancini e l'assassino seriale in "E' così che si uccide", Mirko Zilahy ci porta in
giro per Roma: non solo la Roma del Colosseo e del colonnato del
Bernini, col suo travertino «preso» dal Colosseo.
C'è anche un'altra Roma: lo spiega a
fine libro, l'autore
“Ho sempre subito il fascino del profondo contrasto che, in una città strabordante d’arte, storia e cultura come Roma, si coglie quando ci si trova improvvisamente di fronte a uno dei suoi mille mostri d’acciaio”.
Il Gazometro:
“l’ingombrante corpo ferroso del grande Gazometro che è il simbolo di questa ibridazione, di questo contatto tra la storia antica e quella moderna. Un Colosseo metallico”.
L'ex Mattatoio:
“Fanno parte dello stesso concetto urbanistico l’ex mattatoio di Testaccio, gli edifici in mattoni all’inglese dei Mulini Biondi e le ciminiere sbilenche della Mira Lanza. Un’area ormai dismessa”.
Il setting per la storia dei delitti,
dove si muove il commissario Mancini, è in questi luoghi/non luoghi,
ricostruiti grazie a “mesi di ricerche nelle biblioteche e ai
mille sopralluoghi (dovrei chiamarli pellegrinaggi)”.
Un non luogo che mette assieme
“l’antico e il moderno, il marmo e l’acciaio, l’arte”.
La centrale nucleare di Borgo Sabotino |
Luoghi d'arte ma anche luoghi di morte:
“quelle che sono delle vere e proprie «tombe meccaniche»: i forni delle officine del gas che inghiottivano le vite di fuochisti e operai, o gli accumulatori di energia velenosa come le centrali elettronucleari di Trino Vercellese, Caorso, Garigliano e di Latina”.
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