La strada era stretta, come tutte le strade del vecchio quartiere delle Sables-d'Olonne, con il selciato sconnesso e marciapiedi dai quali bisognava scendere ogni volta che s'incrociava un passante. Sull'angolo, una magnifica porta a due battenti, di un verde intenso, sontuoso, che rispecchiava la luce, con i batacchi d'ottone tirati a lucido come se ne vedono solo presso i notai di provincia o nei conventi.Davanti alla porta erano parcheggiate due lunghe automobili luccicanti che confermavano l'impressione di pulizia e agiatezza. Maigret sapeva che appartenevano entrambe a dei chirurgi.«Avrei potuto diventare chirurgo anch'io» pensò.
L'incipit del romanzo ci porta
di fronte al portone di una clinica, nella località balneare di
Sables-d'Olonne, scopriremo poi che Maigret e signora sono lì
in vacanza e, ancora dopo, che la signora è ricoverata per un
attacco d'appendicite.
Le vacanze di Maigret, quelle
tanto sospirate durante l'anno, prendono subito una piega diversa da
quella immaginata: ogni giorno, alle tre del pomeriggio, il
commissario va a far visita alla sua signora e ogni volta gli tocca
immergersi in questo ambiente ovattato, strano, con un vago odore
dolciastro nell'aria. Con l'atteggiamento distaccato delle suore che,
anche per una questione di riguardo, si rivolgono a lui come “il
signor 6 ..”.
In una di queste visite, qualcuno,
quasi sicuramente una delle suore che si prendono cura dei malati,
gli infila un biglietto in tasca:
“In quale momento della giornata avevano potuto infilargli quel foglietto in tasca, nella tasca sinistra della giacca?Era un foglietto qualunque, di carta lucida a quadretti, probabilmente una pagina strappata da un blocchetto. Le parole erano scritte a matita, e la scrittura, regolare, gli sembrava femminile.«Per pietà, chieda di vedere la malata del 15».Niente firma, solo quelle due parole. Dunque: la cartolina della moglie se l'era infilata nella tasca sinistra.Era già lì il figlietto? Probabilissimo, perché non aveva spinto la mano fino in fondo.Ma dopo, quando aveva imbucato la cartolina nella cassetta delle lettere al mercato?Due paroline, soprattutto, lo irritavano: «per pietà».Perché «per pietà»? Se qualcuno voleva parlargli, poteva dirlo, semplicemente. Non era mica il papa, lui.Chiunque era libero di rivolgergli la parola.«Per pietà.. ». Era nello stile di quell'atmosfera dolciastra nella quale si immergeva ogni pomeriggio, in armonia con i sorrisi delle pie sorelle, come cancellati con la gomma e con le occhiatine di suor Marie des Anges”.
Chi è la malata numero 15? Perché
quelle parole? Il biglietto scuote la vita di Maigret e la
ripetitività dei gesti che lo stavano stancando: il ripercorrere
gli stessi luoghi durante la giornata, prendersi quel bicchierino di
bianco o di Calvados dopo pranzo. Come un cavallo di un circo,
costretto a girare perennemente in circolo.
La malata numero 15 è la sorella
minore della bella moglie del medico che ha uno studio in paese, il
dottor Bellamy. Lili, questo il suo nome, è rimasta ferita in un
incidente d'auto, mentre viaggiava col cognato. Non si è più
ripresa dal coma, se non per brevi momenti: la sua morte gli viene
comunicata proprio dalla moglie, a letto.
Inizia così una sua indagine, privata,
di Maigret, su quello che, almeno all'inizio, non è nemmeno un caso.
Un'indagine che lo porta ad osservare
le persone del paese, alla brasserie Remblai. In particolare è
colpito dalla forte personalità del medico, lo osserva e a sua volta
viene osservato. Per la prima volta, parlando col dottor Bellamy, si
trova in soggezione, per la sensazione di essere lui la persona sotto
interrogatorio.
Finalmente qualcosa che lo riporta al
suo mondo, quello delle inchieste, delle piste da seguire, delle
persone da osservare per capirne il mondo che portano dentro.
Così viene descritto l'ingresso nel commissariato del paese, una ex casa privata:
Così viene descritto l'ingresso nel commissariato del paese, una ex casa privata:
"C'era l' odore, che Maigret fiutava con piacere, quasi con sollievo, un buon odore greve, cosi' denso che lo si poteva tagliare con il coltello: emanava dal cuoio delle bandoliere, dalla stoffa pesante delle uniformi, dalle scartoffie, delle pipe fredde e dai poveri cristi che avevano lustrato con il loro sedere le due panche di legno della sala d' attesa".
Il Maigret di
questa inchiesta, non autorizzata perché fuori dalla sua
giurisdizione, è un Maigret ancor più silenzioso, cauto: osserva,
ascolta, annota nella sua mente le parole, gli incontri, gli sguardi.
Ostili o timidi
delle suore, poco abituate ad avere a che fare con gli estranei nel
loro mondo ovattato.
Sguardi timorosi
come quelli del collega, il commissario Mansuy:
“Il commissario Mansuy non si sforzava più di capire. Continuava ad osservare Maigret, quasi lo sospettasse di possedere un potere demoniaco”.
Oppure sguardi
distaccati, come quello del dottore o del giudice istruttore suo
amico, la tranquilla borghesia della provincia francese, dove tutti
si conoscono, sono cresciuti assieme e si frequentano la domenica.
Un altro delitto
seguirà al primo: una ragazzina, in una famiglia meno abbiente del
paese, viene trovata strangolata nel suo letto.
A collegare i due
delitti sarà ancora una volta l'intuito di Maigret: il lettore lo
seguirà mentre interroga le persone del paese, porta a porta, e
portando alla luce una storia, che parla di passione da una parte, e
di folle gelosia dall'altra:
“Non la sentiva lontana. La fiutava, cercava mentalmente di mettere i vari personaggi ciascuno al proprio posto, di immaginarli per esempio intorno al desco familiare, ma c'era sempre qualche dettaglio che non tornava, che suonava falso”.
Si arriverà così
al colpevole e alla confessione finale: ancora una volta Simenon,
attraverso le inchieste di Maigret, fa attraversare al lettore quella
patina di onorabilità delle famiglie della borghesia, che viene
descritta semplicemente, in poche righe, senza voler dare dei
giudizi, che vengono lasciati a chi legge.
«Se poco fa ho abbandonato la lotta, non è stato perché mi vedevo in pericolo o sentivo che lei era molto vicino alla verità, ma perché ho capito che ci sarebbero state altre vittime, che ce ne sarebbero volute troppe».«Me compreso».«Forse».«Non è stata la pietà a fermarla».«No. Non ho più pietà».Era un'immagine incoerente, ma l'uomo che il commissario guardava vivere pareva svuotato da ogni sostanza, scorticato interiormente.Camminava su e giù per la stanza, beveva, parlava come un uomo normale, ma dentro di lui non c'era più niente solo un'intelligenza che continuava a funzionare per inerzia. Come la testa di un decapitato che, a sentire alcuni, continuava a muovere le labbra per diversi minuti dopo l'esecuzione.
La scheda del libro
sul sito di Adelphi.
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