II colonnello Arcieri e l'inverno della
Guerra fredda
Incipit
Bruno Arcieri si alzò dal letto e aprì la finestra, con un po' di fatica. Rabbrividì per l'aria fredda di gennaio, ,a era una magnifica mattinata, azzurra e limpida. Sui tetti spuntavano i primi raggi del sole e in lontananza brillava uno spicchio arancio della Cupola di San Pietro.
Sentì passare il tram. Roma si svegliava piano, sotto di lui.Richiuse le imposte e uscì dalla camera. In salotto, l'aria era piena di polvere sospesa. Restavano da portar via solo un divano e due poltrone di velluto verde. Potevano far comodo ai ragazzi della Comune, ma certo spedirle a Firenze sarebbe costato un sacco di soldi.
Entrò nella stanza che era stato il suo studio. Ormai restavano solo gli scaffali vuoti, tutto il resto era da tempo nella casa che divideva con Marie. Scosse il capo. In quell'appartamento aveva vissuto il suo poco tempo con Elena. Vederlo ridotto così, senza più nulla, coi ricordi appesi al vuoto, gli dava un gran malinconia.
Prese dalla tasca l'orologio che gli aveva regalato Marie e i ragazzi per Natale e che ancora non si decideva ad allacciare al polso. stava facendo tardi, il maggiore Bertini lo aspettava per le nove.
L'ultimo romanzo di Leonardo Gori “Non
è tempo di morire”, terminava con Bruno Arcieri, l'ex
colonnello dei servizi, in viaggio per Roma, per consegnare a chi di
dovere la borsa con documenti scottanti sui veri responsabili della
bomba alla Banca dell'Agricoltura, del dicembre 1969.
Le voci delle vittime non lo volevano
abbandonare, gli chiedevano di fare qualcosa per loro, per giustizia,
per un paese libero dai ricatti, libero dalla feccia fascista contro
cui l'ufficiale Arcieri aveva combattuto durante la guerra di
Liberazione.
Ma non è l'unico incubo che accompagna
arcieri: c'è il sogno dell'uomo in fuga, c'è il ricordo di una
donna amata, tanti anni prima, con cui aveva vissuto una breve
parentesi di felicità prima della guerra, Elena Contini. Un ricordo
da cui Arcieri non riesce a liberarsi, come non riesce a liberarsi
dal ruolo di uomo dei servizi, nemmeno in questo momento dove la sua
vita ha avuto finalmente un momento di pace.
Assieme a Marie, la donna conosciuta a
Parigi, assieme ai ragazzi della comune di Firenze (incontrati nel
corso del racconto Il
ritorno del capitan Arcieri).
Arcieri camminava tranquillo, nonostante fosse in ritardo, con le mani in tasca e il cappello ben calzato in testa. Attraversò piazza Navona godendosi la luce del tiepido sole invernale che bagnava i palazzi. Ogni scorcio, ogni pietra era un ricordo, bello o brutto. Ma doveva stare attento a non farsi irretire dalle nostalgie. La sua vita ormai era a Firenze. Niente più Servizi segreti, niente misteri. Era un tranquillo vecchietto in pensione. Quella sortita romana doveva essere un'eccezione, l'ultimo debito da pagare. Poi avrebbe chiuso per sempre la porta ai fantasmi del passato.
Il maggiore Bertini, infatti, gli offre
un incarico cui non riesce (e forse non vuole) sottrarsi: incontrare
l'agente americano, in contatto coi nostri servizi deviati, che sta
mercanteggiando con la parte “buona” dei servizi italiani, la sua
merce, le informazioni in cui è venuto in possesso.
L'ultima missione, pensa
Arcieri. L'ultima missione per poi chiudere coi fantasmi del passato:
«La borsa che lei mi ha portato, colonnello, è poco più di un biglietto da visita. Appartiene ad un uomo vicino a certi ambienti americani, che hanno rapporti coi Servizi deviati di casa nostra, sono riusciti a stabilire un contatto con lui.» Bertini gli disse il nome, bisbigliando appena.
Scosse il capo, non l'aveva mai sentito. «L'ha interrogato?»
«Non so nemmeno dove sia. Ho trattato solo col suo intermediario, un tipo particolarmente abile...» Bertini sorrideva, con aria un po' beffarda.
Si, pensò arcieri, c'era di sicuro qualcosa che il maggiore non si decideva a dirgli.«Quest'uomo vuole rivelarci informazioni molto importanti», riprese Bertini.
«Ma è disposto a parlare solo con lei.»
«E perché?»
«Non lo so. Mi aspetto che lo scopra lei.»
Ma il destino, o forse qualcuno che ha
voluto sostituirsi ad esso, ha in mente altro: Arcieri si trova fin
da subito invischiato in un piano di cui fa fatica a capire chi lo
sta manovrando.
Prima l'incontro con una ragazza, una
hippy in fuga dal suo ragazzo possessivo, a cui Arcieri dà aiuto.
Poi una macchina che insegue la sua
Alfa Romeo Giulia e che ad un certo punto gli sbarra la strada:
un'altra volta con la morte in faccia .. invece si tratta di Daniele,
l'ex repubblichino usato anche dai servizi per qualche lavoro non
ufficiale, che credeva morto.
Assieme a Daniele e a Jennifer,
la figlia dei fiori che si muove con la sua chitarra, Arcieri
raggiunge una vecchia villa abbandonata nella campagna senese. E
anche qui, altre sorprese, altri fantasmi dal suo passato:
Davanti a lui sorgeva una villa isolata, sotto il cielo scuro fitto di nuvole. Gli parve antica e bella, per quel poco che poteva vedere, ma sembrava in condizioni assai precarie. Mancavano le grondaie e una parte degli spioventi del tetto. Un paio di finestre al piano terra erano murate, dalle altre baluginavano delle fiammelle.
«E' qui, che dobbiamo sbrigare i nostri affari?»
Daniele si limitò ad annuire. Mentre salivano gli scalini, la porta principale della villa si socchiuse e comparve sulla soglia una figura femminile, in ombra, alta e flessuosa.Arcieri la riconobbe subito. «Nanette ...»
Nanette, la bella spia che
Arcieri aveva usato, ai tempi del SIM, per carpire informazioni al
nemico. Nanette, che l'aveva accolto e salvato quando era in fuga,
braccato dai suoi nemici.
Assieme a Daniele (il tuttofare dei
servizi cui non riesce del tutto a fidarsi) e Max, uno strano
personaggio, metà cuoco, metà spia, che porta avanti una specie di
albergo, nella villa diroccata, dove ospita delle studentesse
finlandesi in Italia per imparare la lingua.
L'intermezzo del racconto è come una
pausa, si svolge in un'atmosfera quasi da favola, se non fosse per la
neve, il freddo, l'assenza di acqua e luce.
Solo, lontano mille miglia dal mondo in
piena campagna e in mezzo al bianco della neve, in compagnia di
Nanette e di Daniele, ad ascoltare le canzoni di Jennifer.
Purtroppo ci sono anche gli incontri
con l'agente Zero, l'uomo dei servizi americani che porta al
colonnello Arcieri tutti i suoi documenti, affinché li possa
valutare, per conto di Bertini. Ovvero, per conto dell'ala “buona”
dei servizi.
Quelli che non hanno complottato,
assieme ad una parte dei servizi americani, per tenere alta la
tensione nel paese, per impedire che il maggior partito di
opposizione potesse entrare nella stanza dei bottini, pilotando la
politica interna del nostro paese.
Intuisce, Arcieri, dello scontro
tra servizi e di quanto queste carte siano importanti per fare
pulizia nel mondo in cui pure lui ha lavorato, sporcandosi le mani,
ma sempre in nome della libertà, di un paese veramente libero.
L'uomo fece un segno di insofferenza. «Deviati.. Che termine assurdo. Chi sono i deviati, e chi sono i giusti? Usare queste categorie non è da lei, colonnello, che ha lavorato con loro per tanti anni e ha fama di essere un uomo intelligente. ..»
Ma non è solo questo che colpisce il
colonnello: dietro l'agente Zero c'è un altro dei fantasmi del suo
passato: Elena Contini, la bella Elena, andata via dall'Italia, anche
lei agente di un servizio straniero.
Cosa c'entra in questo gioco Elena? E
cosa vuole da lui?
Torna con me
Rivedeva Elena davanti a sé, udiva il suono della sua voce. La lettera rievocava un giorno di maggio del 1938, quando una ragazza dell'alta società fiorentina andava a passo svelto verso i Lungarni affollati di gente, con gli occhi gonfi di lacrime, stringendo tra le mani una borsetta che pesava più del piombo. Altissimi stendardi con le croci uncinate coprivano le facciate dei palazzi fiorentini.
Così, oltre alle carte sulla strategia
della tensione, la mente di Arcieri si riempi di tutti i ricordi
degli anni passati con Elena, di quel maggio 1938 in cui la
Storia con la S maiuscola (e anche la sua storia) poteva prendere una
direzione diversa (si legga in proposito il romanzo “Nero di
maggio”, sempre di Leonardo Gori).
Nel romanzo trova spazio anche il
commissario Bordelli, il protagonista dei romanzi di Marco Vichi, la
cui storia si era già intrecciata con quella di Arcieri: è un
incontro importante, perché Arcieri ha bisogno dell'amico, per avere
un consiglio, su quello che dovrà fare:
.. con Bordelli, poteva parlare liberamente. Nei giorni in cui avevano abitato insieme, in quella casa, avevano capito, pur essendo tanto diversi, di condividere alcune cose fondamentali, fra cui il valore della fiducia reciproca.Gli raccontò in breve la storia in cui si era trovato praticamente incastrato. Soprattutto, credette di essere riuscito a fargli capire lo stato d'animo in cui si trovava. Non era poco. Alla fine si sentì come se fosse riemerso dall'acqua, dopo aver trattenuto a lungo il fiato. Lo guardò negli occhi.
«Lei che farebbe al posto mio?..»Bordelli si alzò, prese le pinze e tirò due colpi al ciocco di legno, sollevando una quantità di scintille.
«Mi capita spesso di pensare che il nostro lavoro sul momento ci appaia importante, ma che a conti fatti sia del tutto inutile. Un po' come curare il foruncolo di un appestato. Ma se rinuncio anche a questo, che faccio?»
Ancora una volta Arcieri si ritroverà
di fronte ad un bivio, a dover fare delle scelte dolorose che lo
riguardano molto da vicino: scelte difficili, per le troppe primavere
(quasi settanta) che gravano sulle sue spalle. Scelte su come
comportarsi con Zero, su come gestire queste carte. Perché questa è
una guerra di spie, e dovrà anche stare attento alle persone che ha
attorno.
Infine, l'ultima scelta, quella più
personale, di Arcieri, la sua ultima scelta.
Come in altri romanzi di Gori (e come
nei romanzi dell'amico Marco Vichi) c'è spazio per i ricordi del
passato, per le tante storie custodite nella nostra memoria e che si
raccontano solo agli amici, di fronte ad un fuoco che scalda:
Una volta, nel settembre del 1943, aveva fatto una cosa incredibile, dettata solo dall'istinto. Era prigioniero dei nazisti e se ne stava davanti un muro assolato, con la sigaretta in bocca, in attesa di essere portato via o magari fucilato sul posto.Gli si era avvicinato un giovane ufficiale delle SS, liscio e azzimato, con in mano una Luger, la terribile automatica tedesca. Gliela puntava sul viso e lo derideva: italiano, traditore, straccione ..Arcieri aveva perso il controllo e aveva fatto partire d'improvviso un calcio, colpendo con violenza il polso del giovane ufficiale. La pistola era schizzata via, finendo per terra, sull'erba riarsa. il nazista aveva cercato di raccoglierla, ma lui gli aveva piantato lo stivale chiodato sulla mano.Ricordava ancora gli occhi di quel ragazzo, in ginocchio ai suoi piedi, che lo guardava con odio e terrore allo stesso tempo. Aveva raccolto la Luger ed era riuscito a sganciarsi e a fuggire.
Altri romanzi di Leonardo Gori della
serie con Arcieri
- Nero di maggio
- Il passaggio
- L'angelo del fango
- Musica nera
- Il ritorno del capitan Arcieri
- Non è tempo di morire
La scheda del libro sul sito
dell'editore TEA
Il blog
dell'autore
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