26 marzo 2018

Report - La mala gestione dei rifiuti (e il cellulare in classe)

Produciamo così tanta immondizia che non sappiamo dove buttarla, così la portiamo all'estero o la smaltiamo in modo poco legale (e sicuro).

Ma prima, l'anteprima di Alessandra Borella sull'utilizzo degli smartphone in classe.

I ragazzi passano sul web almeno 6 ore, ci sono ragazzi che ci dormono anche assieme: in molte classi si lascia acceso anche in classe.
L'utilizzo in classe è un bene (come deciso dalla ministra Fedeli) o un male (come dice la Francia)? In Germania ogni scuola fa come vuole, come succederà anche in Italia, superando il divieto del ministro Fioroni.

Il cellulare aumenta la visione dei ragazzi, dicono, ma nell'insegnamento di come si utilizza, si naviga a vista.
E con quale velocità? E per fare cosa?
Il cellulare permette l'accesso a tante informazioni, stimola forse aree celebrali come quelle del piacere, ma è anche molto dispersivo.
Ma le nostre scuole non sono già digitali grazie al governo Berlusconi? Che fine hanno fatto le Lim di cui parlava il ministro Gelmini?

LE Lim non hanno avuto un impatto sui livelli di apprendimento, al sud addirittura ha dato impatto negativi, costa ripararla, costa sostituirla.
Ci sono scuole senza wi fi efficiente, dunque le rende inutili.
Per le Lim nelle scuole sono stati spesi 93 ml, peccato che manchi un buon cablaggio nelle classi, cosa che doveva essere completata nel 2018.

Serve aiutare i ragazzi alla scoperta dell'uso dei cellulari, spiega un'insegnate alla giornalista: ma a che età si deve iniziare ad usare tablet e cellulari?
Un uso sistematico, ad una età inferiore a quella della terza elementare può causare dei ritardi di apprendimento – spiega il pedagosgista Novara.
Serve far imparare ai ragazzi a leggere un testo più lungo di un messaggino, serve far staccare i ragazzi dallo smartphone. I ragazzi perdono il sonno e con esso la capacità di apprendere, che si crei uno squilibrio tra le parti del cervello.
Che ci darà dei segnali di pericolo anche quando non esiste vero pericolo: questo spiegherebbe i casi d'ansia in aumento.
Ecco perché Steve Jobs aveva tenuto lontani i figli dal cellulare...

La scuola italiana investirà 500 ml in queste tecnologie, c'è il rischio che questo scateni brutti appetiti: molti dei nostri dati finiscono nel cloud, dove salviamo anche le nostre emozioni.
Che finiscono in mano a chi?

Girano le ecoballe – Claudia di Pasquale.

Venezia, 25 ml di turisti: il costo per la gestione dei rifiuti è così molto caro, quasi 300 euro, anche perché è una città sull'acqua.
La differenziata è molto bassa, al 27%: nel centro l'organico viene gettato assieme all'indifferenziata, perché avrebbe un costo insostenibile spiega il responsabile della Veritas (la società che gestisce i rifiuti).

I rifiuti raccolti sono trasformati in combustibile, il CSS, che finisce poi nella centrale a Carbone dell'Enel: solo il 5% però, ma una quantità sufficiente affinché la centrale prenda i contributi dello Stato.
Il CSS in buona parte finisce all'estero: 433mila tonnellate di rifiuto urbano finisce in giro nel mondo, anche in Vietnam.

L'Europa ci chiede di aumentare l'indifferenziata, il riciclo dei rifiuti, una gestione sostenibile: ma noi i rifiuti li facciamo solo circolare.
La politica ha preferito mettere la testa sotto i rifiuti.
Produciamo 30ml di tonnellate l'anno: dovremmo differenziata al 65%, siamo invece al 55%.
I rifiuti indifferenziati non possono finire in discarica tal quali, andrebbero triturati e poi trattati, per evitare che sviluppino sostanze nocive.

I giornalisti di Report sono andati in giro per il paese per vedere qual è la situazione.
A Genova i rifiuti finiscono nella discarica di Scarpino, nata nel 1968: è una discarica a 600 metri, in una valle lontano da occhi indiscreti.
Quella che una volta era una valle meravigliosa, dove c'era acqua potabile, è diventata oggi una discarica, dentro cui si trovano le sorgenti del torrente Cassinelle.
Qualsiasi pioggia che cadeva nella discarica diventata percolato (che poi finisce in mare) – sono le parole del direttore della discarica Carlo Senesi: non è un buon posto per i rifiuti questa valle, in una zona dove sotto ci sono delle sorgenti.
Il percolato è stato incanalato in in depuratore solo nel 2008, peccato che questo depuratore non fosse idoneo per gestire i metalli pesanti.
Così stiamo continuando ad inquinare il mare..
Pagheremo per metterla in sicurezza, per creare un impianto per trattamenti indifferenziati, per il depuratore .. Come mai le amministrazioni di centrosinistra non si sono occupate di questa discarica?
Però l'amministrazione comunale ha annunciato che il prossimo maggio, Scarpino, dopo che era stata chiusa, sarà riaperta, nonostante non sia ancora attivato un impianto di trattamento per i rifiuti indifferenziati.
Sparpino tre sarà realizzato sopra Scarpino due: ma in questo momento il comitato anti discarica è sul piede di guerra, dopo anni di battaglie.
Quando piove, dove finirà tutta quest'acqua?

Oggi, siccome la discarica è chiusa, i rifiuti di Genova finiscono in Piemonte e in Toscana: a Castel Ceriolo (AL) arrivano decine di camion al giorno da Genova.
Qui sono contenti che arrivino i rifiuti da fuori regione, siccome l'impianto è sovra dimensionato: nonostante questo, il bilancio dell'ARAL (la società che gestisce l'impianto) è in rosso.

ARAL si prende i rifiuti di Genova, Roma e Napoli: i carabinieri del NOE avevano scoperto però che i rifiuti di Genova e Roma non era ben smaltiti, anzi erano intombati in una vecchia discarica.
Così i rifiuti da Napoli, sono arrivati ad Alessandria in un impianto sovradimensionato, ma poi sono finiti in Toscana.. E il comune di Alessandria è finito in bancarotta.

Nessuna sostenibilità economica e nessuna sostenibilità ambientale.

I rifiuti da Napoli sono passati per la SAPNA: la società che li raccoglie in tutta la provincia.
SAPNA li manda poi in altre regioni, per essere trattati, siccome non ci sono impianti a sufficienza in regione: almeno il 4% dei rifiuti napoletani finisce all'estero, via treno o via cargo.

Un imprenditore dei rifiuti che ha gestito i rifiuti napoletani si chiama Bonacina: l'inchiesta del NOE ha stabilito che anziché trattarli, i rifiuti, ne cambiava il codice e faceva finta di smaltirlo.
Abbattendo i costi per la gestione: alcuni dei rifiuti sono stati inceneriti a Brescia, in un impianto dell'A2A.

Hanno bruciato rifiuti che non potevano trattare, nessuno ha potuto o voluto controllare: da questo impianto si produce energia per la città, peccato che anche questo sia stato sovradimensionato, ovvero per poter stare in piedi deve accettare i rifiuti anche da fuori regione (anche se ufficialmente li accetta da impianti in Lombardia che però li possono ricevere da tutto il paese).

Le emissioni sono controllate, sebbene a questo monitoraggio sfuggano le nano particelle.

Insomma, come gli emigranti, i rifiuti vanno dal sud al nord, gestiti dalle grandi multiutility che sull'immondizia fanno profitto che in parte finisce anche ai comuni soci, ma anche in mano al mercato.
E il mercato ha tutto l'interesse che si continui a bruciare, perché poi si staccano i dividendi.
E i comuni possono fare cassa.

Rimane sul groppone una eredità salata: paghiamo una multa salata per la cattiva gestione dei rifiuti, come i 120mila euro al giorno, per la discarica di Acerra.

Le ecoballe di Napoli sono balzate alle cronache dal 2008: li avrebbe dovute bruciare l'inceneritore di Acerra, ora sono dissequestrate e la regione ha fatto delle gare per smaltirle.
Come detto sopra, le società che hanno vinto gli appalti sono al nord e tra queste c'è anche la società di Bonacina.

Il figlio del governatore De Luca è stato coinvolto nell'inchiesta di Fanpage, dove un ex camorrista si proponeva per smaltire queste ecoballe, con tanto di stecca.
Per smaltire tutte le ecoballe serviranno 15 anni: dovremo pagare una multa di 20ml di euro, più 120mila euro al giorno.

A Napoli siamo al 30% di differenziata: non si sono impianti, per l'umido ad esempio – spiega l'assessore Del Giudice.
Questo significa altre spese e il rischio di incappare in altri reati, se non si vigila a sufficienza.

La Sicilia si tiene i rifiuti in casa: l'80% di questi è seppellito nelle discariche, ma a settembre si rischia il collasso, perché siamo in emergenza rifiuti da 20 anni in questa regione.
Cuffaro ha creato gli ATO (società pubbliche legate ai comuni per la gestione) che si sono trasformati in poltronifici che hanno cumulato debiti senza risolvere il problema.
Un esercito di 2000 netturbini eppure la monnezza abbonda nelle strade di periferia e centro: ma la città di oggi è più pulita, si difende il sindaco.
Siamo una città mediorientale d'Europa – racconta incredibilmente Orlando: qui siamo al 15% di differenziata, una cifra ridicola.
Un danno ambientale e anche erariale su cui ora sta indagando anche la Corte dei Conti.

Fallita la società pubblica palermitana, i rifiuti organici arrivano a Marsala o alla Sicilfert.
A Bellolampo c'è un nuovo impianto di compostaggio, inaugurato di recente, che non viene usato, per una ordinanza del presidente della regione.

Questo impianto viene usato solo per i rifiuti non differenziati: oggi l'impianto è sovracaricato col risultato che esiste una deroga nell'inceneritore per l'inquinamento delle particelle.

E non in deroga ci sono i compattatori che sversano i rifiuti in discarica senza alcun trattamento. Orlando disporrà accertamenti, mentre il responsabile di Bellolampo si trincera dietro la difficoltà di interpretare una ripresa da lontano.

Non è un caso isolato: l'ARPA l'anno scorso ha sequestrato parte della discarica infatti.

Come sono trattati i rifiuti a Bellolampo?
C'è un solo tritovagliatore per tutti i rifiuti della provincia: non è un trattamento a norma, l'indice respirometrico che dovrebbe essere a 1000 è invece a 5000.
L'amministratore di Ecoambiente, la società che gestisce il trattamento con un impianto mobile (senza gara) contesta il dato di ARPA: ma ora cosa succederà ora che Bellolampo arriva alla saturazione?

I rifiuti andranno negli impianti della Sicula Trasporti, società privata: sembra di rivedere le immagini di Malagrotta, a Roma.
Siamo di fronte ad una bomba ecologica in piena regola: la bonifica la dovrà fare il comune, mentre a sversare era una società privata della famiglia Leonardi.

Anche questa azienda lavora in deroga, per gli indici respirometrici, perché ci sono troppi rifiuti.
A Catania lavora la OIKOS, in due impianti: uno vecchio, non ancora ricoperto. Un altro, del 2009, su un'area a rischio frane.

L'intervista con l'avvocato Todero, sui signori della OIKOS, è surreale, semplicemente.
Si parlava di autorizzazioni per estendere la discarica di OIKOS, di un funzionario regionale che sarebbe stato corrotto, di intercettazioni che, in assenza di sentenza, sono solo ipotesi …

Come sono state date le autorizzazioni in Sicilia, alle discariche?
Un ex assessore della giunta Crocetta, Marino, punta il dito sulla Confindustria siciliana, quella dei Montante e dei Catanzaro (che lavorano coi rifiuti nell'agrigentino).

Ci sono società come la Tirrenoambiente, oggi in liquidazione, che sono state usate come bancomat, per bruciare soldi pubblici, per una struttura che oggi necessiterebbe di milioni di investimento per essere messa in sicurezza.

Soldi spesi male, strutture non utilizzate, mezzi abbandonati, campane per la raccolta differenziata liquefatte.
Sono stati spesi tra i 15 e i 16 miliardi di euro, tra fondi pubblici ed europei, senza risolvere il problema e senza che la differenziata sia aumentata in modo significativo.

Il neo presidente Musumeci chiede poteri straordinari per risolvere l'emergenza rifiuti che dura da anni: Gentiloni l'ha concessa, vedremo ora cosa farà il governatore.

Poteri per fare cosa? Per portare i rifiuti all'estero, ammette Musumeci, il tutto a carico del cittadino.

Complimenti.
LA corte di giustizia europea ci ha condannato a pagare 42 ml ogni sei mesi, per le discariche che abbiamo distribuiti sul territorio, il governo ha nominato un commissario per la gestione.

Ma per ogni discarica chiusa ne apre un'altra, perché servirebbero soluzioni alternative.
Non come fatto a Roma, dove per anni si lasciato gestire a Cerroni, senza gara, l'intera gestione dell'immondizia, in monopolio.
Malagrotta doveva essere chiusa nel 2007: è stata poi chiusa con Marino anni dopo.

E oggi, come si smaltiscono le 4000 tonnellate? Ama non è in grado di gestirla, come non è in grado di gestire i rifiuti organici, che viaggiano al nord.

Come a Napoli, anche i rifiuti romani fanno i turisti: vanno a Vienna e a Colonia.
40mila tonnellate finiscono in Abruzzo, in un impianto di Frosinone, in Toscana.
Altri impianti, altre discariche, altre deroghe..

Solo un terzo dei rifiuti urbani sono gestiti dall'AMA, in impianti situati vicino alle abitazioni, non molto felici della puzza che esce.
Sono impianti la cui visita è stata negata alla giornalista: sono anche impianti in cui i rifiuti, secondo i risultati dell'ARPA, non sono a norma.

L'impianto di Colleferro è un inceneritore della regione, chiuso nel 2016: ha così tanti problemi di manutenzione che oggi, la popolazione lo sta presidiando, temendo una sua riapertura.
Un impianto con 350 ml di debiti, che ha inquinato l'ambiente, vicino a delle case.

Mancano gli impianti, in comune e in regione e, come a Napoli, i rifiuti romani, arricchiscono le società del nord, come la HERA, che poi li da alla società di Bonacina.

E la politica? Il governo ha messo a piano altri sette inceneritori e il ministro Clini ha innalzato a Natale la soglia limite respirometrico.
La soluzione degli inceneritori non è sostenibile, poiché è in antitesi con l'economia circolare, con la differenziata, col riciclo.
In Italia ci sono modelli virtuosi, che potrebbero essere da esempio a tutto il paese: nel trevigiano siamo all'85%, i rifiuti sono ben trattati, la tariffa è in media col paese.
La sfida di Contarina SPA è di arrivare al 97%, estratte tutto il possibile dai materiali, perfino dai pannolini.

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